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Castellammare - Osservatorio anticamorra: nei quartieri dei clan il voto si concentra su pochi nomi

Il rapporto promosso da Sandro Ruotolo analizza la geografia del consenso, le liste civiche e le interferenze mafiose: il caso stabiese come laboratorio nazionale.

tempo di lettura: 4 min
di Alessio Esposito
23/05/2025 20:04:00

A Castellammare di Stabia il voto non è solo una questione politica. È anche una mappa sociale, un termometro dei legami familiari, territoriali. E forse anche criminali. Il primo rapporto dell’Osservatorio Anticamorra sul Voto, voluto dall'europarlamentare e consigliere comunale del Pd Sandro Ruotolo, getta nuova luce su una realtà complessa, dove il consenso si intreccia con la geografia del potere e, in alcune zone, con l’ombra lunga dei clan.

Nel mirino dello studio, in particolare, le dinamiche emerse dalle elezioni comunali del 2024. La città, sciolta per infiltrazioni camorristiche nel 2022, è diventata un banco di prova per comprendere come si muovano oggi i poteri criminali nel contesto elettorale. Lo scenario è dominato da due storici clan: i D’Alessandro, insediati nelle aree popolari del centro, e i Cesarano, attivi nella zona nord, tra Ponte Persica e il confine con Pompei.

Il rapporto evidenzia come questi gruppi non si limitino più a supportare esternamente le cordate politiche, ma si pongano come attori autonomi. «Da gregari dei partiti, a player diretti del gioco politico», scrivono gli autori.

Un dato chiave è rappresentato dall'indice di Gini, che misura la concentrazione territoriale delle preferenze: più è alto, più i voti si concentrano su pochi candidati. Nelle sezioni di Ponte Persica e Scanzano, roccaforti rispettivamente dei Cesarano e dei D’Alessandro, il voto risulta fortemente gerarchizzato. Non cambia molto il numero totale delle preferenze, ma cambia chi le riceve: pochi nomi dominano la scena.

A Ponte Persica, l’indice di Gini è 0,593, contro una media cittadina di 0,207. Segno che lì il voto è “orientato” su poche figure, secondo una dinamica che fa pensare a un controllo diretto del territorio. Più bassa, ma comunque significativa, la concentrazione nelle sezioni dominate dai D’Alessandro, dove l’indice si attesta a 0,363.

Un altro elemento analizzato è il crescente peso delle liste civiche, oggi prevalenti anche rispetto ai partiti tradizionali. Alcune di queste mostrano caratteristiche tipiche delle “liste personali-territoriali”, dove un singolo candidato forte monopolizza le preferenze, spesso all’interno di una zona precisa.

Non a caso, proprio tra queste liste si registrano alti livelli di concentrazione territoriale del voto e una forte centralità di pochi nomi, come dimostrano i dati sulle preferenze e sulla loro distribuzione. Una dinamica che, secondo il rapporto, può facilitare l’infiltrazione o l’influenza di poteri esterni, in particolare laddove esiste un controllo sociale radicato, come nei quartieri storicamente dominati dai clan.

Il voto a Castellammare è sempre più personale e territoriale. L’indice di preferenza, cioè il rapporto tra voti validi e preferenze espresse, è tra i più alti in Campania (0,67 nel 2024), segno che il rapporto diretto tra elettori ed eletti - spesso basato su reti familiari o di vicinato - è decisivo. Un dato che da solo non implica illegalità, ma che diventa cruciale se combinato con elementi di concentrazione sospetta in aree controllate da clan.

L’Osservatorio guidato da Ruotolo nasce per monitorare e prevenire le distorsioni del voto nei territori a rischio infiltrazione mafiosa. Castellammare rappresenta un “caso-scuola”, un laboratorio a cielo aperto dove si riflettono tendenze nazionali: la crisi dei partiti, la crescita delle civiche, il voto di scambio, il potere del controllo del territorio.

Il rapporto non si limita a denunciare, ma fornisce strumenti analitici per decifrare il voto: indice di preferenza, indice di Gini, mappa delle liste e dei candidati, analisi delle aree sensibili. È un modello replicabile altrove, a partire da altri Comuni della Campania sotto osservazione.

Castellammare mostra come la democrazia locale possa essere fragile, ma anche come sia possibile difenderla con strumenti nuovi, analisi lucide e attenzione pubblica. Il controllo mafioso del voto non si manifesta sempre con violenza o minacce: si insinua nelle relazioni personali, si alimenta nella debolezza dei partiti, si nutre dell’astensionismo e della sfiducia.

Intervenire oggi, come fa l’Osservatorio, significa prevenire l’illegalità prima che si trasformi in sistema. E garantire che il voto, soprattutto in territori difficili, resti ciò che deve essere: libero, consapevole e rappresentativo.

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