Napoli Calcio
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Viaggio nel Napoli Club Parma Partenopea: 12 anni di passione a tinte azzurre

Il presidente Francesco Allotti «Il Club è come un'ambasciata di riferimento per assistere alle partite. C'è rispetto con la città di Parma e non sono mai esistiti attriti»

tempo di lettura: 15 min
di Giovanni Minieri
13/05/2023 12:14:27

È tutta n’ata storia. Dopo una stagione storica e ben 33 anni di attesa, il Napoli è tornato sul tetto d’Italia abbattendosi come un rullo compressore su qualsiasi avversario incontrato lungo il cammino. Nonostante il Mondiale nell’inedito format invernale, il nuovo campionato che doveva iniziare a gennaio, ed il classico calo spallettiano nella seconda parte della stagione (e chi più ne ha più ne metta) Giovanni Di Lorenzo e compagni hanno mantenuto un ritmo insostenibile laureandosi campioni con diverse giornate di anticipo.

In barba alla scaramanzia, i primi addobbi han cominciato a far capolino nelle strade e sui balconi già prima dell’aritmetica certezza in quel di Udine. All’ombra del Vesuvio si festeggia da mesi, ma tantissimi sono i napoletani in ogni angolo d’Italia, d’Europa e del Mondo che vivono per la maglia azzurra e soffrono per quei colori capaci di trasmettere forti emozioni.

Dalla sera del 4 maggio 2023 è un delirio azzurro. Ma come si preparano, vivono e diffondono la passione per il Napoli tutte quelle persone che colorano l’universo a tinte azzurre?

Partiamo dall’Italia e più precisamente dall’Emilia dove c’è una città che ti accoglie con quell’atmosfera sciccosa da piccola capitale. D’altra parte Capitale Italiana della Cultura lo è stata per davvero nel 2020, puntando su quel turbinio di musica, arte e cibo che la rendono un must da non lasciarsi sfuggire. Si tratta ovviamente di Parma, dove grazie alla passione di un “malato” del Napoli come Francesco Allotti, è nato il Club Napoli Parma Partenopea di cui lo stesso Francesco è Presidente, coadiuvato dai consiglieri Giuseppe De Nunzio, Giuseppe Gabola, Vincenzo Paparo, Giovanni Improta e Ivano Garofalo. Tantissimi sono i napoletani “di stanza” a Parma per studio o lavoro, e di conseguenza c’è un rapporto di reciproco rispetto con la città che li accoglie. Non a caso il logo scelto per il Club Napoli Parma Partenopea sta lì a ribadire il forte legame tra le due città: in alto appaiono in forma stilizzata i luoghi-simbolo di Parma, ovvero il Duomo e il Battistero. Quindi fa capolino la N del Napoli su cui è adagiata la Dea Partenope. Lo scopo è proprio quello di raccogliere nel simbolo del club l’identità napoletana e la bella città emiliana che ospita tante anime azzurre.

Il Club Napoli Parma Partenopea è sempre in prima linea per organizzare trasferte al seguito del Napoli o serate davanti alla tv presso il Club 500, ma non solo. Molto attivo nel sociale con importanti donazioni, e sui social networks dove ogni lunedì realizza dirette Instagram con giornaliste campane, proprio per ribadire il messaggio che il mondo del calcio è fatto da tante donne tifose, professioniste, e soprattutto competenti su ciò che concerne lo sport più seguito al mondo.

Di questo e tanto altro parliamo con Francesco Allotti, presidente e anima del Club Napoli Parma Partenopea.  


Come e quando nasce il Club Napoli Parma Partenopea?

“Parma Partenopea nasce nel marzo del 2011. C'erano due gruppi su Facebook a cui ero iscritto: contattai gli amministratori, e davanti ad una pizza gustata in un locale napoletano decidemmo di dar vita a un vero e proprio Club. Nacque così Parma Partenopea. La nostra prima trasferta è stata a fine maggio 2011: 2-2 a Torino sponda bianconera con reti di Maggio e Lucarelli. Fu una bella partita, anche perché si trattava dell’ultima giornata di campionato e noi eravamo già aritmeticamente in Champions, mentre i bianconeri già fuori da ogni competizione europea. Man mano i nostri numeri son progressivamente cresciuti, anche grazie al fatto che qui a Parma c’è un grande bacino d’utenza. Io amo definire i Club Napoli del Nord come delle ambasciate, perché tutti i napoletani che si spostano per lavoro cercano il Club di riferimento per poter assistere alle gare dei propri beniamini. Negli ultimi 12 anni tantissime persone sono salite al Nord, si son messe in contatto con noi, e col tempo sono nate delle autentiche amicizie. La cosa più bella, è che durante i 90 minuti in cui gli azzurri scendono in campo, sembra davvero di essere a Napoli”.

Quanti soci conta il club, e quali sono le iniziative a cui siete particolarmente legati?

“Siamo circa un centinaio. C’è chi guarda le partite in sede, chi si organizza per le trasferte, ma soprattutto siamo una grande famiglia dove si sta tutti insieme con donne e bambini. Oltre al calcio, siamo molto attivi anche nel volontariato. Negli anni abbiamo donato giochi per la playstation al reparto di oncologia pediatrica, ed una carrozzina speciale al reparto di neonatologia pediatrica. Come Club teniamo molto ai valori dell’integrazione, e vogliamo dare i messaggio che il popolo napoletano non è come viene purtroppo spesso dipinto. Siamo tifosi che vivono qui sul territorio, e cerchiamo di dare il nostro contributo nel sociale nell’ambito delle nostre possibilità. Per noi è importante creare aggregazione, star bene insieme, e consolidare le tradizioni come un brindisi per Pasqua o Natale con amici che condividono la tua stessa identità. Ritengo sia davvero bello potersi sentire a casa, pur stando a circa 700 kilometri da casa”.

 
Come si vive la napoletanità lontano da casa?

“La napoletanità è fortemente legata al calcio. Il calcio costituisce il più autentico collante unendo tutti: uomini, donne e bambini. Siamo orgogliosi che Parma Partenopea vanti un ambiente pulito ed una mentalità a misura di famiglia. Anche per questo il nostro club può contare su tante donne tifose, intenditrici di calcio, che vanno in trasferta con i propri figli portando addosso i vessilli azzurri. Mi preme aggiungere che la sicurezza dei nostri soci è tifosi è un nostro punto cardine: e non a caso quando ci spostiamo per le trasferte contattiamo la questura, fornendo il numero di targa e chiedendo il servizio scorta dal casello autostradale allo stadio. Allo stesso modo, insieme a noi si può tifare liberamente anche davanti alla tv, poiché i gestori del Club 500 (il circolo a cui ci appoggiamo) sono Campani e tifosi del Napoli. L’atmosfera è talmente bella e amicale, che quando inizia la nuova settimana di lavoro, già si aspetta con trepidazione la partita successiva per tornare da Parma Partenopea”.

Siete un club molto dinamico, viaggiando praticamente ovunque al seguito della squadra, e avete grandi numeri anche quando vi riunite davanti alla tv. Qual è il vostro segreto?

“Il nostro segreto è la semplicità, ed ogni giorno mettiamo cuore e passione in quello che facciamo. Parma Partenopea è un’associazione no-profit: lavoriamo tutti, per cui non c’è nessuno scopo di lucro. Amiamo definirci “malati” del Napoli, e probabilmente questa malattia è diventata ancora più “contagiosa” nel momento in cui ci si è spostati dalla nostra terra per lavoro. Seguire gli azzurri è diventata pian piano un’occasione per stare insieme, e sentirsi a casa propria pur vivendo a tantissimi kilometri da Napoli. In 12 anni abbiamo proseguito il nostro lavoro con umiltà: ci fa piacere vedere le persone che ritornano con entusiasmo, facendoci propaganda e portando altri amici napoletani in sede”.
 
Parliamo del Napoli: ti aspettavi una squadra così competitiva, capace di riscrivere la storia dominando il campionato?

“Onestamente no, anche se io e molti altri non abbiamo mai fatto parte dei cosiddetti “A16”. Siamo degli habitué a Dimaro, visto che l’estate scorsa per noi è stato il dodicesimo ritiro in Trentino, e notare quella sorta di contestazione verso la società mi faceva male. Agli amici e nelle interviste invocavo calma: eravamo senz’altro un po’ delusi per le tante partenze eccellenti e dall’arrivo di calciatori sconosciuti come Kvaratskhelia e Kim, ma allo stesso tempo non sentivo di poter criticare già a luglio il mercato di Giuntoli e De Laurentiis. D’altra parte, avendo compiuto 40 anni, e visto di conseguenza tanti Napoli del passato impelagati in acque molto torbide, il cammino degli ultimi anni induceva comunque ad un certo ottimismo. Da tifosi il nostro compito è quello di sostenere la maglia: ero abbonato in Serie C perché ero ancora a Napoli, e son salito con la promozione in Serie A che ho festeggiato proprio qui a Parma. Amo dire che “vivo di Napoli”: forse nel corso degli anni scorsi si poteva investire di più, o magari vincere qualche trofeo in più, ma ciò che conta resta sempre la maglia e la rete che si gonfia ad ogni nostro gol. Voglio raccontare un aneddoto che più di tutto racconta la mia sconfinata passione. Al matrimonio, io e mia moglie siamo entrati con i vestiti da sposi all’interno di quello che era ancora il vecchio Stadio San Paolo. Grazie al custode riuscimmo a entrare con la macchina degli sposi dal lato Distinti, per poi fare una piccola passeggiata lungo la pista di atletica. Tutto questo fu immortalato nel video del matrimonio, e per me resta qualcosa di indimenticabile perché il Napoli mi ha accompagnato anche in un momento così importante della mia vita.    

Qual è il calciatore che ti ha particolarmente impressionato, e quale la partita di questa stagione a cui sei più legato?

“Direi Kvicha Kvaratskhelia. Quando entra in campo è sempre concentrato: mai una parola o un atteggiamento fuori posto, né verso i compagni e né verso gli avversari. Ma soprattutto è un campione vero. Ha stoffa, ed è giovane per cui potremo godercelo ancora per qualche anno. La partita dell’anno è per me senz’altro Juve-Napoli, anche perché ero presente nel settore ospiti dell’impianto torinese. Vivere in prima persona l’episodio del gol giustamente annullato a Di Maria, e poi esultare per il gol-vittoria di Raspadori in pieno recupero è stata l’apoteosi. Correvamo lungo il ballatoio come se non ci fosse un domani, stentando a credere in quel che stavamo facendo sul rettangolo verde. Poi l’abbraccio con i 20 ragazzi del club: è stato un continuo susseguirsi di emozioni indescrivibili. Vincere sul campo della Juventus ha sempre un sapore speciale, ma questa volta è stato un segnale di forza e consapevolezza. Nel 2018 il gol di Koulibaly non era stato sufficiente per portare a casa lo Scudetto, mentre in quel momento uscivamo dall’Allianz Stadium consci che nessuno poteva più toglierci quanto stavamo raccogliendo da mesi sul campo. Il Napoli ha stracciato il campionato, anche se i media nazionali non hanno mai dato il giusto risalto ad un’impresa storica. Forse addirittura infastiditi dal dover arrendersi davanti al sensazionale cammino degli uomini di Spalletti.”

Quanto è stato importante ricucire lo strappo tra società e tifosi per vincere insieme?

“È stato fondamentale il rappacificamento con la tifoseria organizzata. Nel mio stadio gli ospiti non li ho mai sentiti: nel match di campionato contro il Milan si avvertiva chiaro il supporto dei tifosi rossoneri, e la cosa mi faceva arrabbiare tremendamente. Perdere sul campo ci può stare, ma perdere sugli spalti non lo accetto. Era importante trovare un punto di incontro, e gli ultras sono usciti da quello che poteva definirsi un cono d’ombra, hanno rilasciato interviste gettando le basi per il ritorno sugli spalti del Maradona. Le immagini dei Fedayn in tribuna autorità nel match di Champions contro il Milan han fatto la storia, e da lì c’è stato un progressivo crescendo sulle gradinate. Lo Stadio San Paolo, oggi Maradona, è stato da sempre il dodicesimo uomo in campo, ed è giusto che la tifoseria organizzata sia presente perché rappresenta un punto di forza al fianco della squadra. Avevamo un’ansia terribile qui a Parma, visto che secondo certa stampa tante cose avrebbero cambiato le sorti del campionato: dal Mondiale, al nuovo campionato che sarebbe iniziato a gennaio, fino al calo di Spalletti che avrebbe avvantaggiato le dirette concorrenti. Invece lo staff ha svolto un’ottima preparazione, la squadra non si è mai fermata regalandoci questa gioia immensa. Sono felicissimo perché per me si tratta del Primo Scudetto sentito intensamente, visto che ho soltanto qualche ricordo sbiadito di quello del 1990. Questo l’ho invece vissuto da adulto, con qualche capello bianco e due figli che erano con me quel giovedì in cui si è scritta la storia. Ci siamo abbracciati, ed anche loro erano felicissimi seguendo le orme del padre e provando una gioia immensa.


La coreografia della Curva B ha fatto capire quando fosse difficile vincere a Napoli. Che significato ha, dopo 33 anni, avere la meglio sui poteri forti del Nord?

Devo ammettere che inizialmente non avevo letto gli striscioni, e perciò non mi spiegavo perché il tricolore fosse stato esposto al contrario. Dopo aver colto il significato di quel gesto, devo dire che gli ultras hanno lanciato un bel messaggio. È stata una guerra serrata, e dopo averla vinta è stato esposto il tricolore in quel modo, esattamente come si faceva in passato esponendo in Curva gli striscioni capovolti delle squadre rivali. D’altra parte la nostra tifoseria organizzata non è mai banale: le parole vanno pesate, e tra “campioni d’Italia” e “campioni in Italia” c’è più di una semplice preposizione diversa. Siamo napoletani campioni in Italia, ed è un bel messaggio da dare in pasto ai media nazionali in questo momento. Vivendo al nord, posso dire che purtroppo si avverte ancora quel sentimento di velato razzismo verso i napoletani. Ti guardano sempre in maniera sospettosa, anche se poi sei il primo ad andare al lavoro e l’ultimo ad uscire. Spesso mi è stato detto che non sembro napoletano. Questo per certi versi può risultare anche offensivo. Napoli non è solo quello che appare, spesso in malafede, nei telegiornali o sui quotidiani. Io sono napoletano, e ci sono milioni di persone, nonché tanti iscritti a Parma Partenopea che sono esattamente come me. Purtroppo certa stampa non perde occasione di denigrare e criminalizzare il popolo napoletano, anche estrapolando alcuni eventi dal proprio contesto. Ripenso ad esempio alla vicenda del ragazzo morto a Napoli, che a tutti costi doveva essere associato ai grandi festeggiamenti per lo Scudetto. Onestamente questo non è giornalismo, e speculare sulla morte per qualche click in più è qualcosa di veramente orribile. All’interno di questo contesto vincere è stato ancora più bello: attraverso una stagione regolare dominata, senza aiuti e senza situazioni al limite”.

Han creato rabbia e preoccupazione i comunicati apparsi in molte città d'Italia che vietavano ai Napoletani di festeggiare. Che atmosfera si è vissuta a Parma in questo senso, e qual è il vostro rapporto con la città?

“C’è un rapporto di rispetto con la città di Parma, visto che siamo qui per lavoro, ed ovviamente siamo ospiti in casa loro. Non ci sono mai stati attriti, anzi in un Parma-Napoli di 5/6 anni fa realizzammo uno striscione che recitava come la morte non avesse colori: citando Ciro Esposito e Matteo Bagnaresi, uno dei leader della curva emiliana deceduto a seguito di scontri con i supporters juventini. Il gesto fu talmente apprezzato che ricevemmo applausi e la menzione sul loro sito. Parma è una città accogliente e tranquilla: si fonda sul lavoro, e vive il calcio in maniera completamente diversa rispetto a noi. Non abbiamo mai denigrato la città né la tifoseria, e comunicati contro i napoletani qui non sono stati emessi. Chapeau alla città di Parma che ci ha visto festeggiare in tantissimi, scendere in piazza, ma sempre con il massimo rispetto lanciando cori inneggianti soltanto al nostro Napoli. Mi auguro che i rapporti continuino ad essere buoni, anche perché onestamente non vedo i presupposti per cui non dovremmo andare d’accordo”.

 
A Napoli si festeggia ormai da mesi. Dopo l'assaggio post-Fiorentina c'è fibrillazione per la grande festa in programma il 4 giugno. Sarete presenti e cosa ti aspetti?

 “Qualcuno scenderà sicuramente anche a Napoli, ma non tutti perché si fa fatica a conciliare lavoro, famiglia e trasferte. Come Club, festeggeremo in sede venerdì 26 maggio, organizzando una maxi festa prima delle vacanze estive, in modo da poter coinvolgere il maggior numero di soci possibile. Non potendo essere fisicamente a Napoli, faremo in modo da ricreare tutte le condizioni affinché ci si senta quantomeno mentalmente nel capoluogo partenopeo. Abbiamo già una bozza di programma con tante sorprese per i nostri soci, perché pur avendo già festeggiato dopo Udine, siamo pronti a ripeterci all’insegna di balli, canti e del buon cibo. I nostri soci lo meritano perché ci han sempre dato fiducia, e vogliamo che si godano questo storico Scudetto anche a 700 km da casa”.

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