La nostra redazione ha contattato in esclusiva Francesco, detto Ciccio, Bifera. Ancora oggi, molti tifosi lo definiscono uno dei migliori portieri che ha indossato la maglia gialloblu, complice anche la storica rete contro l’Avellino.
Come stai?
«Abbastanza bene. A differenza dell’Italia, in Germania ci sono state pochissime restrizioni. Di conseguenza, si è continuato a vivere quasi come se nulla fosse.»
In queste ore è stata ufficializzata la data di ripresa dei campionati. Sei d'accordo con la decisione presa dal Consiglio? Quanto può essere difficile riprendere la preparazione dopo un lungo stop?
«No, non sono assolutamente d’accordo con la ripresa. Le soluzioni che si potevano adottare era due: o annullare tutto come in Francia o trovare una soluzione per assegnare i titoli. Insomma, credo che avrebbero potuto “muoversi” diversamente. Dopo più di due mesi fermi, sarà durissima riprendere la preparazione. Non riesco a immedesimarmi nei calciatori che stanno vivendo questa situazione. Ti ripeto, non sarà assolutamente semplice. Come ben sai, in Germania il campionato è ricominciato. Stanno giocando a porte chiuse e, volendo o non volendo, incide sui risultati, che sono stati assurdi. Come dicevo, avrebbero dovuto fare come in Francia: sospendere tutto e iniziare ex novo»
Facciamo un salto nel passato. Se dovessi presentare Francesco Bifera ai più giovani, come lo presenteresti?
«Come lo presenterei? Lo presenterei come uno che è stato innamorato del proprio lavoro negli anni in cui lo ha fatto. Ha trascorso due anni stupendi a Castellammare ma, anche nelle altre città in cui ha giocato, si è trovato molto bene.»
Che ricordi hai di Castellammare di Stabia? Che rapporto avevi con i tifosi? E’ insolito che venga dedicato un coro al portiere...
«Come ho detto, ho trascorso due anni stupendi a Castellammare. Con la città ho un rapporto particolare. E, lo dimostra il fatto che, dopo circa 23 anni, si ricordano ancora di me. Il coro dedicato a me? Credo che sia per il fatto che ero un tipo abbastanza estroso. E, anche perchè ho vissuto la città e vivevo a contatto con la gente. Insomma, credo di aver fatto un po’ parte della città.»
Tra questi c'è la tua rete all'Avellino. Che emozione è stata? Che significato ha la rete del portiere?
«A distanza di anni, mi ricordo ancora molto bene quel gol. E, credo che sarà così anche per Provedel. Di solito, quando il portiere si spinge in avanti è un gesto disperato. Mi ricordo ancora che non sapevo manco come esultare. E’ una sensazione che non ti so spiegare. La partita con l’Avellino era una partita particolare: era un derby ed era anche uno scontro play off che cercavamo disperatamente di pareggiare anche se eravamo in 9.»
Provedel come Bifera. In questa stagione l'estremo difensore ha segnato la rete del 2-2 con l'Ascoli...
«Come me, ha avuto la fortuna di fare un gol importante e sicuramente verrà ricordato anche lui per questo dalla tifoseria. Il mio consiglio è quello di restare tranquillo e fare sempre meglio il suo mestiere, ossia evitare i gol.»
Segui ancora la Serie B? Se si, cosa ne pensi del campionato delle vespe e del lavoro di Caserta?
«Sì, la seguo ancora abbastanza. Il campionato della Juve Stabia è iniziato malissimo. Poi, giornata dopo giornata, sono cresciuti e sono riusciti a fare abbastanza bene per riuscire a raggiungere l'obiettivo prefissato, ossia la salvezza. Oltre a essere bravo, Mister Caserta è un motivatore. In questo periodo ci sono stati diversi problemucci a livello societario. Spero vivamente che non influiscano sulla ripresa. Come ho detto, sarà molto dura ricominciare e lo sarà per tutti. Sarà un altro mini campionato. Il compito dei preparatori non sarà facile...»
Torniamo a parlare del passato. Un'altra maglia importante che hai indossato è quella del Catania. Che stagione è stata?
«E’ stata una stagione particolare e rimarrà nella storia del Catania. Perchè? Era un momento difficile. Era venuto a mancare il Presidente Massimino. E, negli anni precedenti, il club continuava a fallire. I tifosi erano sempre molto presenti. Nonostante la categoria, erano sempre 20/25 mila spettatori. Catania è una grande città. E, tutti hanno il calcio nel sangue.»
Hai qualche rimpianto?
«Si, ho qualche rimpianto. In primis, mi sono affidato troppo ai procuratori. La cosa importante era la stagione, non il procuratore a cui ti affidavi. E, poi, sono stato un po’ forte, testardo e presuntuoso.»
Archiviamo il passato. Di cosa ti occupi ora?
«Da circa una decina d’anni, sono nel settore della ristorazione. E, cerco di godermi la vita girando un po’. Da qualche anno, mio cugino e io abbiamo aperto un ristorante a Monaco .Per il momento non ho altri obiettivi.»
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