La verità sulla morte di Carmine Paolino è arrivata vent’anni dopo. Dopo un lungo processo, i giudici della Corte d’Assise di Napoli hanno condannato all’ergastolo Antonio Occidente, mentre Luciano Verdoliva è stato assolto per insufficienza di prove. La sentenza arriva al termine di un processo segnato da un colpo di scena: il collaboratore di giustizia Ciro Sovereto ha ritrattato in aula parte delle sue dichiarazioni, facendo cadere il castello accusatorio nei confronti di Verdoliva.
La richiesta di assoluzione era stata avanzata già dalla Direzione Distrettuale Antimafia, rappresentata dal sostituto procuratore Giuseppe Cimmarotta, proprio in virtù della nuova versione fornita dal pentito. Verdoliva, quindi, è stato scarcerato dopo mesi di detenzione nel carcere di Melfi. Diversa la sorte di Occidente, per il quale i giudici hanno confermato la sua piena responsabilità nel delitto.
Il delitto di Carmine Paolino si inserisce nel sanguinoso contesto della faida di camorra che, nei primi anni Duemila, insanguinò Castellammare di Stabia. Da un lato c’era il clan storico dei D’Alessandro, dall’altro il gruppo emergente degli Omobono-Scarpa, determinato a conquistare il controllo della città. Una guerra senza esclusione di colpi, che aveva avuto il suo apice con due omicidi eccellenti: quello di Giuseppe Verdoliva, detto “Peppe l’Autista”, fedelissimo del clan D’Alessandro, e quello di Antonio Martone, fratello della vedova del boss Michele D’Alessandro.
Dopo la morte di Martone, il clan di Scanzano scatenò la propria vendetta con una lunga scia di omicidi. Tra le vittime designate c’era anche Carmine Paolino, accusato di aver favorito gli Omobono-Scarpa. Pur non avendo mai preso parte direttamente agli omicidi, il suo nome era finito sulla lista nera dopo che il motorino usato per l’agguato a Martone risultò essere il suo. Un elemento forse marginale sul piano giudiziario, ma sufficiente per firmare la sua condanna a morte agli occhi della camorra.
Intanto fa discutere un video apparso sui social che mostra festeggiamenti con fuochi d'artificio in villa comunale, associata al ritorno al casa dell'imputato assolto. Un tema su cui si è soffermato anche Tonino Scala, segretario regionale di Sinistra Italiana.
"Ci sono immagini che raccontano molto più delle parole. La scena di una villa comunale trasformata in un palcoscenico di brindisi e fuochi d’artificio per il ritorno a casa di un presunto ras assolt, lascia un senso di smarrimento e di sconfitta. Non tanto per la sentenza, che come sempre va rispettata, ma per ciò che questa celebrazione rappresenta: l’ostentazione di un sistema che si fa beffe della legalità, che si ricompatta e festeggia come se la giustizia fosse solo un ostacolo da aggirare. - afferma Tonino Scala - Non si tratta di un semplice episodio di cronaca nera, ma di un messaggio chiaro, di una sfida lanciata alla collettività. In una città che lotta ogni giorno per liberarsi dal giogo della criminalità organizzata, cosa significa vedere venti persone brindare e accogliere un uomo con gli onori riservati ai vincitori? Che segnale arriva ai cittadini onesti, a chi crede nello Stato e nel lavoro silenzioso di magistrati, forze dell’ordine, educatori, associazioni? Che la giustizia è solo una parentesi e che alla fine, in un modo o nell’altro, il sistema si ricompone e torna a comandare? C’è un altro aspetto inquietante: l’uso dello spazio pubblico per una celebrazione che sa di impunità. La villa comunale non è un luogo privato, è il cuore della città, appartiene a tutti. - prosegue Scala - Chi ha permesso che diventasse il teatro di una festa che nulla ha a che vedere con la legalità? Chi ha chiuso gli occhi di fronte a bottiglie di champagne stappate e fuochi d’artificio? Possibile che nessuno si sia chiesto cosa significasse quello spettacolo per le persone perbene di Castellammare? A questo punto sorge una domanda: cosa può fare un cittadino perbene? Cosa può fare la stragrande maggioranza di persone che ogni giorno lavora, studia, cresce figli e sogna una città diversa? Indignarsi. Ma non solo. Continuare ad essere cittadini, non voltarsi dall’altra parte, lavorare per costruire, anche nel piccolo, un’altra città, un altro mondo. Perché se c’è una cosa che deve rimanere chiara è che noi siamo di più. La Castellammare onesta, quella che resiste, che non si rassegna e che non festeggia chi ha reso questa terra più povera e più impaurita, esiste ed è la maggioranza. Se oggi a festeggiare sono loro, a perdere saremmo noi solo se restassimo fermi. Ma una società che rifiuta la rassegnazione, che si indigna e che agisce, è una società che non si arrende. E questo, semplicemente, non possiamo permettercelo".
«Nel finale è subentrata la stanchezza per le tante partite ravvicinate, ora affronteremo la battaglia del ritorno con umiltà ed elmetto». Pierobon. «Segnare in una partita così importante è stato incredibile, ora testa alla prossima gara con la consapevolezza che non abbiamo paura di nessuno»