La scelta è fatta da giorni: intesa siglata tra Pd e Cinque Stelle, Roberto Fico candidato alla presidenza e Piero De Luca alla guida del Pd campano. Questa ritrovata armonia non resta a Napoli: arriva fino a Castellammare, dove le crepe della maggioranza possono richiudersi. Per Vicinanza, che in queste settimane ha dovuto navigare tra diffidenze interne e distinguo tattici, è ossigeno politico: "campo largo" come cornice comune, sostegno dichiarato di tutta la maggioranza e - fatto non secondario - di una parte dell’opposizione intenzionata a scommettere sulla coalizione progressista.
La tregua, però, non elimina la competizione: la sposta. La vera contesa si delinea infatti sul terreno più delicato, quello delle candidature al consiglio regionale. Qui pesano appartenenze e preferenze che i consiglieri comunali proveranno a capitalizzare. Nel Pd la dicotomia è chiara: da un lato i casilliani, che potrebbero spingere su Giorgio Zinno, ex sindaco di San Giorgio a Cremano; dall’altro l’area manfrediana, orientata su Massimiliano Manfredi, già consigliere regionale in carica. Due letture complementari del partito, due stili di costruzione del consenso: amministrativismo e pragmatismo territoriale contro il profilo istituzionale e il rapporto diretto con la città metropolitana.
Sul tavolo, intanto, resta un’ipotesi che non va esclusa: un candidato locale “stabiese” per dare voce "diretta" alla città nella geografia del consiglio regionale. Una carta che alcuni pezzi della maggioranza considerano spendibile.
Il Movimento 5 Stelle arriverà al voto con la forza della candidatura Fico e con una filiera che a Castellammare può contare su attivismo diffuso. Sul versante della sinistra, Base Popolare Democratici e Progressisti, che ha scelto con chiarezza l’asse progressista e un riferimento nazionale in Gianni Cuperlo, si propone come cerniera: intercettare voto d’opinione e sensibilità sociali che il Pd fatica a trattenere, offrendo copertura ideale al profilo largamente inclusivo del campo.
Per gli equilibri cittadini il punto è un altro: questa ricomposizione aiuta la governance. Se il "campo largo" diventa approdo comune, a Palazzo Farnese (e dintorni) si abbassa la temperatura: meno veti incrociati, più margini per l’agenda ordinaria - bilancio, servizi, partite urbanistiche - e per i dossier strategici che richiedono una maggioranza coesa. La dialettica sulle regionali può così diventare volano di stabilità o detonatore di nuove ambizioni.
Il calendario, adesso, scandisce le mosse: definizione delle liste, patti di territorio, accordi per i candidati da sostenere. Se l’intesa De Luca–campo largo ha chiuso una fase, Castellammare sta aprendo la sua: quella in cui armonia di vertice e alchimia locale sono chiamate a trovare un equilibrio. Il test sarà la campagna elettorale, poi a seguire l'esito del voto: solo allora sarà chiaro se la tregua di oggi sarà stata davvero il preludio di una maggioranza più solida domani.
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