Napoli Calcio
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Viaggio nel Napoli Club Padova Passione e Cultura nell'anno del Decennale

Il presidente e fondatore Simone Angrisani «Il Club vuole parlare ai padovani di una Napoli sobria, promuovendo la memoria storica che ha molti punti di contatto»

tempo di lettura: 11 min
di Giovanni Minieri
09/07/2024 11:30:44

C’è sempre un po’ di Napoli in ogni angolo del Belpaese, e nonostante la distanza, l’amore per la propria terra non si affievolisce mai. Anzi. Diventa sprone per diffondere la cultura millenaria partenopea, integrandola in un tessuto sociale nuovo, attraverso minuziose ricerche per trovare punti di contatto in grado di far riflettere tutte le generazioni. In modo particolare le più giovani. Nel cuore dei Colli Euganei, compie 10 anni il Club Napoli Padova Passione e Cultura. Nel nome c’è tutto l’amore di Simone Angrisani, Presidente e Fondatore di un’organizzazione che non vuole limitarsi a lasciare una traccia sportiva negli impianti italiani ed internazionali, ma punta a coinvolgere la città di adozione nel solco di tante iniziative culturali per rinverdire la memoria di artisti napoletani (a volte colpevolmente dimenticati) legati a doppio filo con una città di sapienza e conoscenza come Padova.


Com’è nata l’idea di creare un Napoli Club a Padova?

“Diciamo che la maggior parte dei promotori del nostro Club sono ex professionisti come bancari, commercialisti o notai, per cui abbiamo voluto dare un taglio diverso per ciò che concerne le attività. Non ci limitiamo a mostrare i vessilli allo stadio, ma puntiamo a promuovere storia e cultura sotto molteplici sfaccettature. Padova è città di cultura, scienza e natura. E se il Comune euganeo, attraverso l’Assessorato alla Cultura, ha permesso al nostro Club Napoli Padova di realizzare una mostra sulla storia del club partenopeo nel cortile antico del municipio, vuole dire che abbiamo raggiunto un alto livello di credibilità nel tessuto sociale della città. Il nostro Club è diventato nel tempo un punto di riferimento per tutte le persone di origine napoletana e campana in generale, per cui siamo soliti formare una piccola comunità di circa 100 persone che si riuniscono in occasione delle gare degli azzurri. Un appuntamento diventato ormai consuetudine, è quello annuale con cui il Club si presenta alla città, grazie alla forte sinergia con l’Assessorato alla Cultura cittadino. È un evento a cui teniamo molto. D’altra parte il nostro Club Napoli Padova ha nella denominazione due parole dal peso specifico importante: passione e cultura. Abbiamo fatto questa scelta perché puntiamo fermamente a veicolare l’amore per la squadra e l’amore per tutto ciò che ha rappresentato Napoli dai tempi dell’Imperatore Traiano fino ad oggi. Sotto tutti i punti di vista: storico, culturale, ambientale, umanistico e letterario. Quest’anno ricorre il nostro Decennale, e ripercorrendo in un veloce flashback tutto il nostro passato, abbiamo portato avanti iniziative davvero forti e interessanti. Abbiamo ad esempio raccontato i legami storici che hanno unito Napoli e Padova, andando indietro fino a rintracciare elementi tanto intriganti da coinvolgere in maniera appassionata gli stessi padovani. Mi sono trasferito qui a Padova nel 1975, per cui è come vivere una doppia identità. Da un lato quella della casa madre napoletana che prende inevitabilmente il sopravvento, dall’altro quella della città che ormai da tantissimo tempo ci accoglie come figlo acquisito. Ed è per questo che essendo ormai parte integrante della vita quotidiana di Padova, la scommessa del Club è parlare di Napoli ai padovani. Ma soprattutto abbattere quella narrazione fatta di stereotipi negativi, che qui al Nord propongono un’immagine della città campana molto diversa e lontana da quella reale. Io prediligo la rappresentazione di una Napoli sobria, equilibrata, con un patrimonio storico incommensurabile.
La nascita del nostro Club è stata per certi versi casuale. Ad Abano Terme si disputa un torneo giovanile internazionale riservato agli Under 14, e nel corso di un’edizione che vedeva la partecipazione del Napoli, mi incuriosii per la presenza di un gruppetto di ragazzi che portava con sé uno striscione “Club Napoli Padova”. Li avvicinai, ci incontrammo anche in un bar per scambiare quattro chiacchiere ed illustrare i nostri progetti, ma avevamo idee troppo distanti per avviare un percorso comune. Un'altra battaglia che portiamo avanti con convinzione è relativa all’approccio al tifo, che secondo noi deve essere molto più misurato. Perché spettacoli come quello dei tifosi romanisti che piazzano uno striscione indecoroso all’esterno dello Stadio Maradona, così come lo stesso agguato vile di Daniele De Santis al povero Ciro Esposito che costò la vita al supporter napoletano, è purtroppo il frutto di un ambiente inquinato in cui si instilla fin da giovanissimi l’odio per il tifoso avversario considerato come un nemico da abbattere. A noi invece piace la tradizione rugbistica, dove chi vince prende scherzosamente in giro il tifoso avversario: lo consola, e poi subito a prendersi una birra insieme perché lo sport deve unire e non dividere. Nel calcio tutto questo sembra al momento utopistico, ma se dovessimo un giorno raggiungere un risultato simile, sarebbe un grandissimo segno di civiltà. Per estirpare la violenza non servono gli appelli, che lasciano sempre il tempo che trovano. Bisogna avere un approccio pedagogico, facendo capire che essere tifosi è espressione di amore, e non vuol dire andare in guerra con spranghe e mazze da baseball. L’amore per la propria squadra del cuore, è esattamente come quello che si prova per una donna, seppur con declinazioni diverse. Ho visto fare per il Napoli cose folli, che spesso neanche per le nostre donne riusciamo a fare. E se il tifo è una forma d’amore, perché coniugarla con violenza e sopraffazione? Supportare la propria squadra deve portare con sé valori sani e costruttivi”.

Com’è cambiato il calcio in termini di valori negli ultimi anni?

“Il calcio è cambiato. Parliamo di atleti che guadagnano milioni di euro all’anno, e troppo spesso sono attaccati soltanto al vile dinaro, piuttosto che alla piazza e alla città. È per questo che non ho mai chiesto una foto a nessun calciatore del Napoli, perché a mio parere la simbologia è legata solo ed esclusivamente alla maglia. Tranne pochissimi elementi, come ad esempio Hamsik e Mertens, la maggior parte ha valori diversi da quelli a cui siamo abituati. Guardiamo Lorenzo Insigne, che è andato via un anno prima del Terzo Scudetto conquistato dal Napoli. Ora, per un ragazzo di Frattamaggiore, potranno mai tutti i soldi dei canadesi ripagare la delusione di non aver portato a casa qualcosa di storico nella sua terra e con la maglia della squadra di cui è tifoso fin da piccolo. Secondo me no”.  

 
Quali sono le attività principali che avete svolto all’interno del club?

“Abbiamo un ottimo rapporto con lo scrittore napoletano Maurizio De Giovanni, che è venuto a trovarci in ben 7 occasioni, tra cui quella della festa per il Terzo Scudetto. Nel corso delle celebrazioni, così come da nome del nostro club, invitammo proprio De Giovanni in rappresentanza della cultura, mentre per quanto riguarda la passione avemmo il piacere di ospitare Albertino Bigon. Il mister del Secondo Scudetto targato Maradona è padovano, ed abita sui Colli Euganei: territorio meraviglioso, e fresco di candidatura per inserirsi come Patrimonio UNESCO. Organizzammo così la festa con questi due superospiti, portando a Padova la posteggia: tradizione musicale molto in voga nei mercati napoletani, dove i commercianti nel tentativo di vendere la propria merce, intrattenevano i potenziali acquirenti con la musica. Posteggia deriva infatti da “puosto”, ovvero la postazione in cui l’esecutore materiale della musica si sistemava per offrire i propri beni. È stato un modo per fare un viaggio nel tempo, e riportare alla luce una tradizione partenopea risalente ai tempi del poeta Salvatore Di Giacomo. Maurizio De Giovanni raccontò la storia di Vincenzo Russo, l’autore della canzone “Maria Marì”, a cui Napoli non ha mai dedicato né libri né monumenti. L’eco della notizia fu talmente vasto, che dopo neanche un mese, la città di Somma Vesuviana dedicò a Vincenzo Russo una panchina a forma di libro, con i versi della sua lirica più famosa.
Un’altra attività di cui siamo orgogliosi, è quella fatta 2 anni fa in occasione dell’anniversario della morte di Diego Armando Maradona. Nello stesso periodo usciva nella sale “La Mano de Dios” di Paolo Sorrentino, e con l’aiuto di Maurizio De Giovanni, noleggiammo una sala cinematografica di Padova e proiettammo la pellicola in anteprima, davanti ad una platea di 250 persone. A fine serata presentammo una torta su cui era riprodotta la locandina del film, che provvedemmo ad inviare allo stesso regista. Inutile nascondere che Paolo Sorrentino rimase impressionato e ci ringraziò con un messaggio molto accorato. Quello è stato, a mio parere, il punto più alto nel corso dei primi 10 anni di attività”.

Quali sono invece le prossime iniziative in programma?

“Napoli ha avuto tra i suoi figli migliori uno dei più grandi matematici della storia: Renato Caccioppoli. Per noi è importante rinverdire la memoria storica, affinchè le nuove generazioni possano conoscere le personalità più rappresentative del territorio in cui sono nati e cresciuti. Mario Martone realizzò un bellissimo film che fu presentato anche al Festival di Cannes, chiamato “Morte di un matematico napoletano”, che raccontava la storia di Caccioppoli. Parliamo di un uomo che a 24 anni era già docente di analisi matematica all’Università di Padova, oltre ad essere nipote del fondatore del movimento anarchico Bakunin. Una volta scoperto questo aneddoto, sono andato subito sulle tracce della sua presenza nella città euganea, risalendo al suo domicilio situato in un hotel in pieno centro, ora trasformato in residence. Ho perciò proposto all’Amministrazione Comunale di realizzare una targa e posizionarla vicino alla struttura ricettiva, per ricordare un luogo così caro al matematico partenopeo. Per la primavera 2025 faremo tutta una serie di eventi per chiudere il cerchio sulla figura di Caccioppoli: dalla proiezione del film, passando per la targa in ricordo della sua casa, per poi proseguire con la presentazione di un libro firmato Lorenza Foschini: ex giornalista del Tg2 e lontana parente del matematico partenopeo.
Collateralmente abbiamo anche un’associazione culturale con cui promuoviamo eventi, uniti sempre da passione e cultura come filo conduttore. Quest’anno, ad esempio, ricorre il centenario dell’assassinio di Giacomo Matteotti, deputato socialista ucciso dal regime fascista. Ed abbiamo deciso di ricordarlo attraverso una visita guidata nella sua casa natale di Fratta Polesine. Un’altra iniziativa a cui teniamo molto come club, è uno spettacolo teatrale/musicale/cinematografico che va in scena con cadenza annuale, per ricordare le vittime delle stragi di mafia. Per novembre prossimo, invece, abbiamo intenzione di rendere omaggio al grande cantautore Franco Battiato, presentando un libro alla presenza di due musicisti di Amalfi (voce solista e pianoforte) che hanno riarrangiato musica e testi del maestro siciliano”.

 
Quali sono i posti che consigli di visitare ai tifosi azzurri di passaggio a Padova?

“Padova è una città che ha tantissimo da offrire ai suoi visitatori. In primis la Cappella degli Scrovegni, dove è possibile ammirare un ciclo di affreschi di Giotto risalenti al XIV secolo. È qualcosa di veramente favoloso, paragonabile al nostro Cristo Velato per la mole di visitatori provenienti da tutto il mondo che non vogliono perdersi uno spettacolo come pochissimi nel suo genere. Da vedere anche Palazzo della Ragione, Prato della Valle e la Chiesa di Sant’Antonio. Infine ci sono i Colli Euganei, vero polmone verde della città, che rappresentano un’eccellenza in campo enogastronomico”.

Quella di quest’anno sarà la stagione della ricostruzione. Credi che Antonio Conte sia il profilo giusto per guidarla?

“Partirei da quello che è stato un anno sabbatico di follia e delirio, perché la stessa identica squadra non può passare da essere Campione d’Italia a mostrare poi un livello di mediocrità assoluto. Per la stagione che sta per iniziare, abbiamo molta fiducia in Antonio Conte. Il personaggio può non risultare simpaticissimo dal punto di vista umano, ma sotto il profilo tecnico è molto affidabile perché ama fare il proprio lavoro con maniacale perfezionismo. In più, ritengo sia la persona giusta per gestire un ambiente che di tanto in tanto lancia segnali di scollamento, grazie alla sua capacità di mettere in riga coloro i quali dovessero creare problemi di spogliatoio. Per quanto riguarda il mercato, mi auguro che gli acquisti risultino idonei a far ripartire la macchina dopo i guasti dello scorso campionato. Tra Kvaratskhelia e Osimhen sacrificherei il nigeriano, perché il 77 è oro colato, e può rappresentare il faro sul quale costruire il nuovo gruppo”.

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