Quando si parla di calcio portoghese, non si può non pensare allo Sporting Lisbona, una delle culle più fertili di talenti in Europa e club capace di unire tradizione, identità e modernità. Questa sera i biancoverdi faranno visita al Napoli al “Maradona”, nella seconda giornata di Champions League: una sfida dal fascino particolare, non solo per il prestigio della competizione ma anche per l’incrocio di due filosofie di gioco che promettono spettacolo. Da una parte gli azzurri di Antonio Conte, alla ricerca di conferme e punti per il proprio cammino europeo, dall’altra lo Sporting di Rui Borges, che ha riportato il club ai vertici del calcio portoghese, con un’identità chiara e un calcio propositivo.
Per entrare nel cuore della sfida e comprendere meglio la realtà dello Sporting Lisbona, abbiamo incontrato Giovanni Marrucci, voce di DAZN e profondo conoscitore del calcio lusitano. Marrucci da anni segue da vicino la Primeira Liga e ne racconta le sfumature, i talenti emergenti e le dinamiche tattiche che rendono il campionato portoghese un laboratorio calcistico sempre interessante.
Con lui andremo a scoprire cosa rende speciale questa squadra, quali sono i giocatori più temibili, in che modo Rui Borges ha saputo plasmare un gruppo competitivo e quali insidie dovrà affrontare il Napoli. Un viaggio dentro la realtà biancoverde, raccontato attraverso le parole di un esperto, per arrivare preparati a una partita che promette emozioni e che potrebbe dire già qualcosa sugli equilibri del girone.
Qual è la filosofia di gioco di Rui Borges, subentrato a dicembre 2024 a Joao Pereira, a sua volta richiamato per la partenza di Ruben Amorim. Alla fine della scorsa stagione, il nuovo tecnico si è guadagnato la conferma conquistando il double campionato/coppa che mancava nella capitale portoghese (sponda biancoverde) da 23 anni.
“L’arrivo di Rui Borges sulla panchina dello Sporting, lo scorso dicembre, ha rappresentato una svolta dopo un periodo turbolento. Con l’addio di Rúben Amorim, la società aveva inizialmente affidato la squadra a João Pereira, promosso dalla formazione B. Un mese però è bastato per rendersi conto che la scelta non stava funzionando: mancanza di sintonia con il gruppo e risultati deludenti hanno convinto la dirigenza a cambiare rotta.
La prima mossa di Borges è stata netta: passaggio alla difesa a quattro. Una scelta che in parte Pereira aveva già iniziato a sperimentare, dopo anni di linea a tre sotto Amorim, ma che il nuovo tecnico ha trasformato in sistema stabile, adottando il 4-2-3-1 come modulo di riferimento.
L’estate ha messo subito alla prova lo Sporting. L’assenza di Viktor Gyökeres, uomo-gol della passata stagione e fulcro dell’attacco, ha costretto Borges a ricostruire il reparto offensivo. La risposta non si è fatta attendere: sul piano del gioco e dei risultati, i biancoverdi hanno dimostrato di avere un’identità chiara, forse più definita rispetto a quella delle altre due grandi del calcio portoghese. Se il Porto con Farioli ha impresso da subito un marchio riconoscibile, lo Sporting ha mostrato la stessa capacità di continuità, nonostante la perdita del suo bomber.
A prendersi la scena sono stati soprattutto Pedro Gonçalves e Trincão, cresciuti in termini di incisività realizzativa. In avanti, al posto di Gyökeres, Borges ha puntato su Suárez: attaccante dal profilo diverso, meno affamato di gol ma molto più “associativo”, bravo cioè a legare il gioco con i tre alle sue spalle. Una qualità che ha cambiato il modo di attaccare dello Sporting, rendendolo più corale e meno dipendente da un singolo finalizzatore.
Certo, manca ancora quella spietata capacità sotto porta che aveva reso Gyökeres unico in Europa. Ma i segnali sono incoraggianti: nell’ultima partita, è stato proprio Suárez a decidere la sfida con un gol pesante. Borges lo sa: se riuscirà ad aggiungere maggiore concretezza alla fase realizzativa, il nuovo attaccante potrà comunque garantire numeri importanti e confermare la crescita di una squadra che sembra aver ritrovato stabilità e ambizione”.
Puoi descriverci le caratteristiche dello Starting XI che il tecnico portoghese sembra orientato a scegliere per la gara del Maradona contro il Napoli?
“Lo Sporting di Rui Borges si presenta come una formazione capace di unire solidità e spinta offensiva, costruita su un’idea di gioco ben definita. In campionato, dove domina spesso nella metà campo avversaria, i biancoverdi si affidano a terzini molto propositivi: a destra il greco Georgios Vagiannidis, che gioca stabilmente altissimo, quasi in linea con gli attaccanti; a sinistra l’uruguaiano Maxi Araujo, un terzino che potrebbe tranquillamente ricoprire il ruolo di ala grazie alle sue qualità offensive, ma che sa anche difendere con attenzione.
La coppia centrale sarà formata da Gonçalo Inácio e dal rientrante Ousmane Diomandé. Inácio rappresenta il difensore tecnico, capace di impostare da dietro e innescare gli attaccanti con lanci precisi, caratteristica che in passato aveva valorizzato Gyökeres. Diomandé, invece, porta fisicità e marcatura: un centrale potente e imponente, paragonato da molti a Koulibaly per presenza e intensità, anche se a volte soggetto a cali di concentrazione.
A centrocampo spicca il danese Morten Hjulmand, ex Lecce, cresciuto enormemente sotto il profilo della leadership fino a diventare capitano. È il metronomo della squadra, pur non nascendo regista creativo né come centrocampista offensivo. Accanto a lui Borges sta ancora cercando la formula giusta: il georgiano Kochorashvili, arrivato dal Levante, fatica ad adattarsi ai ritmi della squadra, mentre il giapponese Morita, più incline all’inserimento, non ha ancora garantito quella continuità che servirebbe. È proprio in mediana che, sulla carta, il Napoli appare superiore ai portoghesi, con maggiore qualità e incisività.
Davanti, lo Sporting si affida a un tridente alle spalle della punta, formato da Trincão, Pedro Gonçalves e Geovany Quenda. Il gioco offensivo passa molto dagli esterni: Gonçalves continua a essere l’uomo più decisivo sotto porta, mentre Trincão alterna la posizione centrale a frequenti movimenti sull’esterno destro, dove può sfruttare il suo mancino di altissimo livello rientrando per calciare. Questo movimento apre gli spazi alle sovrapposizioni dei terzini, rendendo la squadra estremamente pericolosa sulle corsie laterali.
In avanti, Suárez è chiamato a raccogliere l’eredità pesantissima di Gyökeres. Diverso per caratteristiche, meno devastante in profondità ma più associativo, l’attaccante lavora molto con i compagni e lega bene il gioco, pur mancando della stessa fame di gol del suo predecessore. Le qualità ci sono e, se riuscirà a migliorare nella finalizzazione, potrà avvicinarsi ai numeri dello svedese, garantendo continuità a un reparto che era stato criticato per la presunta “dipendenza” da un solo uomo.
Nonostante la cessione del suo bomber, i principi di gioco restano solidi: in campionato i biancoverdi hanno mostrato grande continuità, mentre in Champions, pur esordendo contro un tutt’altro che ostico Kairat Almaty, hanno comunque ribadito la loro identità. Borges ha saputo confermare che dietro Gyökeres c’era una struttura forte, oggi più corale e meno prevedibile, pronta a misurarsi con le grandi sfide della stagione”.
L’uomo più atteso è sicuramente Geovany Quenda. Guineano classe 2007, che dalla prossima stagione sarà un nuovo calciatore del Chelsea per una cifra di oltre 50 milioni. Quali sono le sue principali doti tecniche?
“Tra i giovani più interessanti del panorama portoghese spicca Geovany Quenda, esterno offensivo dello Sporting, già destinato al Chelsea. Classe, velocità e personalità lo rendono uno dei profili più attesi della stagione, soprattutto nei grandi palcoscenici.
A differenza di altri coetanei ancora incostanti – come Rodrigo Mora del Porto, spesso brillante ma capace di sparire nei big match – Quenda ha già dimostrato di saper incidere nelle partite più delicate. Memorabile, ad esempio, la giocata contro il Porto lo scorso febbraio, quando creò dal nulla l’azione del 2-0 con una progressione devastante sulla fascia. Non solo tecnica, dunque, ma anche coraggio e capacità di esprimere il proprio talento sotto pressione.
Dribblomane per natura, cresciuto con il mito di Cristiano Ronaldo (non a caso porta sulle spalle la maglia numero 7), Quenda rappresenta il prototipo del talento portoghese moderno: rapido, creativo, capace di accendersi con giocate imprevedibili. La sua carriera giovanile è stata costellata da exploit anche nelle competizioni internazionali, dove ha sempre fatto la differenza rispetto ai pari età.
Quest’anno la concorrenza interna non gli manca: il ballottaggio con Catamo, in calo ormai da due stagioni, sembra però averlo visto prevalere, complice la continuità che Borges gli sta concedendo. I margini di miglioramento restano evidenti: a volte l’eccesso di nervosismo lo porta a uscire mentalmente dalla partita, oppure fatica a mantenere lucidità dopo un errore. Ma parliamo di dettagli legati all’età, non di limiti strutturali.
Il talento è cristallino e il futuro già tracciato: questa sarà l’ultima stagione di Quenda a Lisbona. Lo Sporting se lo godrà ancora per pochi mesi, prima che il Chelsea ne farà un nuovo investimento internazionale. Fino ad allora, occhi puntati su di lui: perché il ragazzo con la “sette” sulle spalle non sembra temere il peso della storia”.
Che approccio ti aspetti da parte degli uomini di Rui Borges, chiamati ad affrontare un Napoli deciso a raccogliere i primi punti in Champions League dopo il ko all’esordio contro il Manchester City?
“Non credo che lo Sporting sia intenzionato a snaturare la propria filosofia di gioco. Certo, contro avversari di livello europeo è possibile che Rui Borges scelga un approccio più prudente, puntando maggiormente sulle ripartenze, ma l’idea di “mettersi dietro con il pullman”, alla Mourinho, non appartiene alla tradizione del club né alla mentalità portoghese.
La squadra è costruita attorno a giocatori creativi, abituati a confrontarsi con i grandi palcoscenici: basti pensare a Trincão, cresciuto al Barcellona e con un’esperienza in Premier League, o a Pedro Gonçalves, leader tecnico in grado di colpire in ogni momento. Non sono profili che si limitano a difendere, ma calciatori portati a proporre gioco, anche nelle partite più delicate.
Un esempio lampante arriva dal derby dello scorso maggio contro il Benfica, ribattezzato “derby del secolo” perché di fatto metteva in palio lo scudetto: lo Sporting passò in vantaggio e, pur subendo la reazione dei rivali, non si arroccò mai a difesa del risultato, cercando invece di colpire con ripartenze veloci e sfruttando la qualità dei propri esterni.
È probabile, quindi, che anche nelle sfide europee la squadra non rinunci a fare la partita, pur con qualche accorgimento nelle prime fasi per non lasciare spazi. Ma la filosofia resta chiara: proporre calcio, cercare il gol e affidarsi all’imprevedibilità dei suoi interpreti offensivi. Una scelta che rispecchia lo spirito portoghese, dove “giocare” non è mai considerata un’opzione rinunciabile”.
La soddisfazione del tecnico. «Di questa partita mi porto dietro la personalità e la voglia di conquistare i 3 punti»