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Juve Stabia - Esclusiva, l'ex Baldanzeddu: «Stavo per per firmare col Benevento, ma Braglia mi convinse»

L'ex difensore delle vespe racconta i retroscena che lo portarono a Castellammare. E si racconta ....

tempo di lettura: 10 min
di Aurora Levati
25/05/2020 10:14:43

Ha dato i suoi primi calci al pallone a Tempio Pausania. A differenza di molti, ha esordito prima in Serie A con la maglia dell’Empoli. Poi, ha fatto la gavetta con le maglie dell’Ancona e del Foligno. Nell’estate del 2011 arriva la chiamata della Serie B, o meglio della Juve Stabia. Indossa la maglia gialloblu per due anni. E, proprio nella città di Castellammare, si mette in mostra e viene notato dall’Hellas, che acquista il suo tesserino. Successivamente, ha indossato la maglia dello Spezia e della Virtus Entella. Di chi sto parlando? Ivano Baldanzeddu. La nostra redazione lo ha contattato in esclusiva. 

Come stai? Come hai trascorso questi due mesi di quarantena?

«Sto bene. A differenza di molte altre persone, sono sempre stato molto impegnato perché ho la fortuna di lavorare online. Oltre a questo, faccio il formatore di crescita personale. Devo essere sincero: ho lavorato molto di più rispetto a prima. La pandemia ci ha fatto capire quanto sia importante avere un piano b e soprattutto averlo online perchè questo non si ferma mai. Credo che sia cambiato e cambierà ancora il mondo del lavoro. Volendo o non volendo, è necessario evolversi e lavorare maggiormente con internet.» 

Il Consiglio Federale ha deciso che Serie A, Serie B e Serie C ripartiranno. Sei d'accordo? Come credi stiano vivendo questo momento i tuoi colleghi?

«Posso dire una cosa? In questo momento potrei ritornare a giocare anch’io - afferma ridendo - perchè molti hanno più o meno la mia stessa condizione fisica. In questi mesi hanno continuato ad allenarsi a casa con il tapis roulant, ma non è la stessa cosa del farlo sul campo. Non credo sia attendibile giocare perchè questa sosta ha rovinato il lavoro fatto fino ad ora. Detto questo, non sono d’accordo con la decisione presa dal Consiglio. La cosa migliore da fare sarebbe stata sospendere il campionato. Anche perchè, oltre alla non perfetta condizione fisica dei giocatori e all’alto rischio di infortuni, si giocherà senza pubblico.»

Facciamo un passo indietro, raccontiamo la tua storia. Chi è Ivano Baldanzeddu?

«Ivano ha dato i suoi primi calci al pallone a Calangiano, un paesino in provincia di Sassari, che ha lasciato a 16 anni per inseguire un sogno. E, l’ha iniziato a fare quando, dopo molti provini, ha scelto di andare nella primavera dell’Empoli perchè è una delle migliori con l’Atalanta.»

A differenza di molti, hai esordito prima in Serie A e successivamente hai fatto la gavetta. Quanto è stata dura?

«Come hai detto, ho esordito con la maglia dell’Empoli in Serie A. Poi, sono andato a farmi le ossa ad Avellino, Ancona, Foligno e Lucca. Ho vissuto queste esperienze nel migliore dei modi possibili perchè sapevo che, per raggiungere un grande obbiettivo, bisogna sudare, bisogna affrontare un percorso.»

Dopo questa, è arrivata la chiamata della Juve Stabia. Raccontami un po' queste due stagioni.

«Il mio arrivo a Castellammare è stato un po’ atipico. Dovevo andare a Benevento, anzi ero già lì per fare le visite mediche e firmare. Alla sera ho ricevuto una chiamata ma, non conoscendo il numero, non ho risposto. Poi, lo stesso numero ha richiamato e ho risposto. Era Amodio. Abbiamo parlato un po’, ma nulla di più. Al mattino i dirigenti giallorossi avevano ricevuto una soffiata. Quindi, invece di fare la visita e poi firmare, volevano fare il contrario. Mentre stavo dando i documenti, mi ha chiamato Braglia e mi dice:“Vuoi giocare in C o vuoi esplodere in Serie B?”. Dopo avergli spiegato la situazione, mi ha detto “ti sto  proponendo un’alternativa, la scelta è tua”. Alla sera, sono andato a cena con i dirigenti del Benevento. E, proprio durante la cena, sono uscito un attimo, anzi una trentina di minuti, per parlare di nuovo con Mister Braglia. Nel mentre, i dirigenti mi stavano cercando. Non sapendo cosa fare, mi sono nascosto dietro a un cespuglio (ride, ndr). Proprio in quel momento, ho deciso di andare a Castellammare. Quindi, mi sono fatto forza e sono salito in sede per prendere il documento. Ovviamente ho discusso molto perchè non mi ero comportato bene. Ma, il mio futuro viene prima di tutto. Nonostante questa brutta discussione, è nata un’amicizia con Bifulco, che ha capito e che mi ha continuato a seguire. A oggi mi dice sempre che “ci ho visto bene ma, in quel momento, ci siamo rimasti molto male”. Detto questo, devo tanto a Mister Braglia. Mi ha cambiato tanto sia come giocatore sia come uomo. Oltre a essere un grande allenatore, è una persona squisita. Le due stagioni a Castellammare sono state meravigliose. Anche se, dopo aver giocato bene le prime partite, sono stato messo in panchina. Il motivo? La casa che avevo preso. “Se prendi la casa a Cava, non giochi più” è stata questa la risposta del Mister al mio “perchè non sto più giocando?”. Se volevo giocare, dovevo stare in hotel con lui. Nonostante avessi già dato la caparra per la casa, mi sono trasferito lì. Inizialmente ero un po’ incazzato. Poi, ho capito che lo faceva per il mio bene. Abbiamo vissuto insieme per tutti e due gli anni. Mi sembrava di avere un secondo padre. In campo ho, anzi abbiamo fatto tutti benissimo perchè lo seguivamo alla lettera.»

Qual è il ricordo più bello?

«Le persone. Il Presidente è una persona eccezionale che sento  molto spesso ancora adesso così come Amodio, i dirigenti, Clemente e Mister Braglia. Nonostante abbia smesso, fanno ancora parte della mia vita.»

Che rapporto avevi con la tifoseria?

«Dire meraviglioso è dir poco. Ho girato tante altre squadre, ma tifosi come quelli della Juve Stabia non ce ne sono. Mi sono sentito veramente calciatore. Nonostante sia stato in tante altre piazze importanti e abbia vinto anche dei campionati, il pubblico del Menti è devastante. Mi ricordo ancora cosa è successo quando è venuto il Torino, che era la capolista. Appena sono entrati in campo, si vedeva che avevano paura. Infatti, hanno fatto girare la palla per mezz’ora abbondante perchè avevano paura che potessimo prenderla e far male in contropiede.»

A proposito di questa, il mese scorso sei stato eletto insieme a D'ambrosio come uno dei migliori terzini della storia della Juve Stabia. Quanto ti ha fatto piacere? 

«Ogni volta che metto un post in cui indosso la maglia della Juve Stabia ricevo sempre molti messaggi d’affetto da parte dei tifosi. Essere stato eletto uno dei migliori terzini della storia gialloblu è un vero onore perchè a Castellammare sono passati tanti calciatori forti. Tengo molto a quello che è dicono e pensano i tifosi.»

Se potessi tornare indietro nel tempo, rifaresti la scelta di lasciare Castellammare alla fine del campionato 2012/13?

«Non rimpiango nulla di quello che ho fatto. Sono stati due anni molto belli ma, come tutti i percorsi, c’è un inizio e una fine. Non ho lasciato Castellammare perchè non mi trovavo bene, ma perchè il calcio mi stava offrendo una nuova avventura e l’ho voluta cogliere. Quando ti arriva una chiamata dalla Serie A a 27 anni che ti può cambiare la vita, non si può dire di no. Se fosse stato per gli affetti, sarei rimasto lì tutta la carriera. Non so se lo sai, ma mi sono tatuato una vespa sulla coscia proprio per ricordarmi queste due splendide stagioni.»

Segui ancora la Serie B? Se si, cosa ne pensi del campionato delle vespe?

«A differenza di molti, non seguo molto il calcio. Nel fine settimana sono sempre molto impegnato con il mio lavoro. Ma, nonostante questo, cerco sempre di tenermi informato sulla Juve Stabia. All’inizio hanno un po’ faticato ma, prima della sosta, stavano facendo abbastanza bene.»

Cosa ne pensi del lavoro di Caserta? Quale potrebbe essere la sua arma in più? 

«Oltre a essere una persona eccezionale, Caserta era già un mister in campo. Quando giocava o appena entrava in campo, era lui a darci le direttive. Insomma, era già predisposto a farlo. E’ un leader di natura. Adesso sta trasmettendo tutta la sua esperienza e i suoi valori ai ragazzi. Sta facendo un buon lavoro. E, sono veramente molto contento di questo successo perchè lo merita. L’arma in più? Secondo me non ne ha solo una. Comunque, direi la tecnica, il bel gioco e il non mollare mai.»

Oltre a Caserta, c’è un altro tuo ex compagno, Mezavilla. Ti aspettavi un'altra sua promozione?

«Da lui bisogna aspettarsi di tutto (ride, ndr). Come Caserta, sposa bene quelli che sono i valori della Juve Stabia. Oltre a non mollare mai, è uno che si sacrifica molto per la squadra. Se ci fosse bisogno, andrebbe anche in porta. E, sono convinto che riuscirebbe a fare la differenza anche lì. E’ un professionista a 360 gradi. Infatti, si vede. Nonostante l’età, la condizione fisica è buona e lo ha portato a fare la differenza in un campionato non semplice.»

Torniamo a parlare di te. Successivamente hai indossato la maglia dello Spezia e dell'Entella. Proprio con quella biancoceleste hai avuto un bruttissimo infortunio...

«A dir la verità, ringrazio quell’infortunio perchè, come ogni cosa che ci capita, mi ha cambiato. Dipende però come uno vede la vita. “Cosa succede? Come devo reagire?” sono queste le domande che mi sono fatto. Se mi è successa, vuol dire che mi doveva succedere, non è un caso. Quindi, bisogna prenderlo nella maniera più positiva possibile. E, io l’ho fatto perchè mi ha cambiato veramente molto. Ho conosciuto tante persone: dottori e amici di Villa Stuart, dove sono stato operato. Dovevo star fuori 1 anno e sei mesi. Invece, dopo sei mesi,  ero già in campo. Questo è grazie al Dottor Mariani e al suo staff e grazie anche alla Virtus Entella che mi ha dato l’opportunità di curarmi.»

Quanto ha influito sulla tua carriera?

«Zero. Ha influito zero perchè sono stato fuori solo sei mesi. Insomma, è stato come se mi fossi fatto solo il crociato, non tutti i legamenti possibili e immaginabili (ride, ndr). E’ stata una ripresa assurda. Dopo sono andato al Latina con cui ho disputato i play off di B. E, l’anno successivo, sono andato al Venezia con cui ho vinto il campionato di C. Come dicevo, sono molto contento di quello che ho fatto.»

Tra le esperienze post-infortunio c'è il Catania. Cosa manca ai siciliani per tornare alle categorie che gli competono?

«Come tutte le aziende, ci sono gli alti e bassi. Oltre a essere una società che ha una centro sportivo molto bello, ha una tifoseria meravigliosa. Sicuramente riuscirà a tornare nel calcio che conta. Glielo auguro davvero con tutto il cuore.»

Cosa stai facendo in questo momento?

«Sono un networker, ossia faccio network marketing. Costruisco dei leader per un’azienda americana. Creando una mia rete di persone riesco a guadagnare una percentuale sul loro lavoro. Ci sono diversi calciatori che lavorano con me perchè, come ti dicevo prima, c’è bisogno di crearsi un piano b. Noi lavoriamo attraverso il famoso passaparola.»

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