Cronaca
shareCONDIVIDI

Pompei - Bartolo Longo è Santo, proclamato oggi da Papa Leone XIV

La città mariana in festa per la canonizzazione del fondatore del Santuario della Beata Vergine del Rosario. Una cerimonia solenne in Vaticano, seguita con commozione da migliaia di fedeli riuniti a Pompei.

tempo di lettura: 7 min
19/10/2025 14:42:15

Pompei vive oggi, 19 ottobre, una giornata storica e carica di emozione: il Beato Bartolo Longo, fondatore del Santuario della Beata Vergine del Rosario, delle opere di carità mariane e della Nuova Pompei, è stato proclamato Santo al termine di una solenne cerimonia di canonizzazione a Roma, presieduta dal Santo Padre Leone XIV.

In una Basilica gremita e raccolta, i fedeli hanno seguito con trepidazione, attraverso i maxischermi collegati con Roma, la proclamazione ufficiale della santità del loro fondatore. Un’emozione intensa ha attraversato la città mariana, da sempre legata in modo indissolubile alla figura di Bartolo Longo, apostolo del Rosario. La sua santità, oggi riconosciuta ufficialmente dalla Chiesa, risuona come un messaggio di speranza e di fede viva per l’intera comunità.

L’omelia del Santo Padre

Cari fratelli e sorelle,

La domanda che chiude il Vangelo appena proclamato apre la nostra riflessione:
«Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18,8).
Questo interrogativo ci rivela ciò che è più prezioso agli occhi del Signore: la fede, cioè il legame d’amore tra Dio e l’uomo.

Proprio oggi stanno davanti a noi sette testimoni, i nuovi Santi e le nuove Sante, che con la grazia di Dio hanno tenuto accesa la lampada della fede. Anzi, sono diventati essi stessi lampade capaci di diffondere la luce di Cristo.

Rispetto ai grandi beni materiali, culturali, scientifici e artistici, la fede eccelle non perché questi siano da disprezzare, ma perché, senza fede, essi perdono significato. La relazione con Dio è di somma importanza: Egli ha creato dal nulla tutte le cose all'inizio dei tempi, e salva dal nulla tutto ciò che nel tempo finisce. Una terra senza fede sarebbe popolata da figli che vivono senza Padre, cioè da creature senza salvezza.

Ecco perché Gesù, il Figlio di Dio fatto uomo, si interroga sulla fede: se sparisse dal mondo, che cosa accadrebbe? Il cielo e la terra resterebbero come prima, ma nel cuore dell’uomo non vi sarebbe più speranza. La libertà sarebbe vinta dalla morte, e il desiderio di vita precipiterebbe nel nulla. Senza fede in Dio, non possiamo sperare nella salvezza.

La domanda di Gesù, allora, ci inquieta, sì, ma solo se dimentichiamo che è Lui stesso a pronunciarla. Le parole del Signore restano sempre Vangelo, cioè annuncio gioioso di salvezza. Questa salvezza è il dono della vita eterna che riceviamo dal Padre, per mezzo del Figlio, nella forza dello Spirito Santo.

Carissimi, proprio per questo Cristo parla ai suoi discepoli della «necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai» (Lc 18,1). Come non ci stanchiamo di respirare, così non dobbiamo stancarci di pregare. Come il respiro sostiene la vita del corpo, così la preghiera sostiene la vita dell’anima: la fede, infatti, si esprime nella preghiera, e la preghiera autentica vive di fede.

Gesù ci indica questo legame con una parabola: un giudice resta sordo alle richieste insistenti di una vedova, ma la sua tenacia lo porta infine ad agire. Questa costanza diventa per noi un grande esempio di speranza, specialmente nel tempo della prova e della tribolazione. La perseveranza della donna e il comportamento riluttante del giudice preparano però una domanda provocatoria di Gesù:
«Dio, non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui?» (Lc 18,7).

Facciamo risuonare queste parole nella nostra coscienza: il Signore ci chiede se crediamo che Dio sia un giudice giusto verso tutti. Il Figlio ci domanda se crediamo che il Padre voglia sempre il nostro bene e la salvezza di ogni persona.

Due grandi tentazioni mettono alla prova la nostra fede: la prima nasce dallo scandalo del male, portando a pensare che Dio non ascolti il pianto degli oppressi e non abbia pietà del dolore innocente.
La seconda è la pretesa che Dio debba agire secondo la nostra volontà. La preghiera, in questo caso, non è più affidamento, ma diventa un comando rivolto a Dio, come se volessimo insegnargli a essere giusto.

Da entrambe queste tentazioni ci libera Gesù, testimone perfetto della fiducia filiale. Egli è l’Innocente che, soprattutto durante la sua Passione, prega dicendo: «Padre, sia fatta la tua volontà» (Lc 22,42). Sono le stesse parole che ci ha consegnato nel Padre nostro. Qualunque cosa accada, Gesù si affida al Padre da Figlio. Per questo anche noi, come fratelli e sorelle nel suo nome, proclamiamo:
«È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, per Cristo Signore nostro» (Messale Romano, Preghiera Eucaristica II, Prefazio).

La preghiera della Chiesa ci ricorda che Dio fa giustizia a tutti, donando a tutti la sua vita. Così, quando gridiamo: «Dove sei, Signore?», trasformiamo questa invocazione in preghiera, e riconosciamo che Dio è lì dove l’innocente soffre. La croce di Cristo rivela la giustizia di Dio, che è perdono: Egli vede il male e lo redime, prendendolo su di sé.

Quando siamo crocifissi dal dolore e dalla violenza, dall’odio e dalla guerra, Cristo è già lì, in croce per noi e con noi. Non c’è pianto che Dio non consoli; non c’è lacrima che sia lontana dal suo cuore. Il Signore ci ascolta, ci abbraccia come siamo, per trasformarci come Lui è. Chi rifiuta la misericordia di Dio, invece, resta incapace di essere misericordioso verso il prossimo. Chi non accoglie la pace come dono, non saprà donarla.

Carissimi, ora comprendiamo che le domande di Gesù sono un vigoroso invito alla speranza e all’azione:
Quando il Figlio dell’uomo verrà, troverà la fede nella provvidenza di Dio?
È questa fede che sostiene il nostro impegno per la giustizia, proprio perché crediamo che Dio salva il mondo per amore, liberandoci dal fatalismo.

Chiediamoci, dunque: quando sentiamo l’appello di chi è in difficoltà, siamo testimoni dell’amore del Padre, come Cristo lo è stato verso tutti? Egli è l’umile che chiama i prepotenti alla conversione, il giusto che ci rende giusti, come attestano i nuovi Santi di oggi.

Non sono eroi, né paladini di qualche ideale, ma uomini e donne autentici.
Sono martiri per la loro fede, come il Vescovo Ignazio Choukrallah Maloyan e il catechista Pietro To Rot.
Sono evangelizzatori e missionarie, come suor Maria Troncatti.
Sono carismatiche fondatrici, come suor Vincenza Maria Poloni e suor Carmen Rendiles Martínez.
Con il loro cuore ardente di devozione, sono benefattori dell’umanità, come Bartolo Longo e José Gregorio Hernández Cisneros.

La loro intercessione ci assista nelle prove; il loro esempio ci ispiri nella nostra comune vocazione alla santità. E mentre restiamo pellegrini verso questa meta, preghiamo senza stancarci, saldi in ciò che abbiamo imparato e crediamo fermamente (cfr 2Tm 3,14).
La fede sulla terra sostiene così la speranza del cielo.

Video
play button

Juve Stabia - Avellino 2-0. Il commento a fine gara di mister Ignazio Abate

L'analisi di Abate. «Vittoria preziosa, fondamentale mantenere il ritmo degli avversari. Ringrazio i tifosi»

7 ore fa
share
play button

Verso Juve Stabia - Avellino. Conferenza stampa di mister Ignazio Abate

17/10/2025
share
play button

Castellammare - Fico lancia la campagna regionale: presenti i sindaci Vicinanza e Manfredi. Omaggio

14/10/2025
share
play button

Verso Carrarese - Juve Stabia. Conferenza stampa di mister Ignazio Abate

03/10/2025
share
Tutti i video >
Cronaca







Mostra altre


keyboard_arrow_upTORNA SU
Seguici