Immagine di repertorio non collegata alla notizia
I mandanti dell’omicidio di Antonio Fontana erano di Scanzano. E’ questa la conclusione a cui sarebbero arrivati i magistrati della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli che stanno indagando sull’uccisione di o’ fasano avvenuta ad Agerola nel luglio dello scorso anno all’esterno di una pizzeria.
Un’ipotesi che ha trovato maggiore riscontro in seguito alle testimonianze dei collaboratori di giustizia. Tutte le piste, dunque, portano a Scanzano, considerato anche che Fontana era considerato un nemico giurato del clan D'Alessandro. O'fasano infatti, con un trascorso da pentito, era riuscito a far arrestare diversi pezzi da novanta del clan con quartier generale al rione Scanzano. Ed anche secondo le testimonianze raccolte dai collaboratori di giustizia, subito dopo l'omicidio, emerse che il nome di Fontana era finito nella black-list del clan.
L'obiettivo dei magistrati, adesso, è quello di capire chi muoveva le fila della cosca nel 2017, con particolare riferimento al periodo estivo, ovvero quando fu decretata la morte di o'fasano, ex ras del rione Acqua della Madonna. E proprio per trarre una conclusione, i magistrati partenopei della Dda hanno deciso di fare affidamento ai pentiti, che potrebbero essere risentiti nelle prossime settimane. Si punta dunque a dare un'accelerata decisiva alle indagini, partite con l'acquisizione dei filmati di videosorveglianza attivi sul luogo del delitto, e anche a Castellammare. Nella zona della Madonna della Libera fu infatti ritrovata l'auto (una Fiat Panda) utilizzata dai sicari per mettere a segno la missione di morte.
Un regolamento di conti è il movente più plausibile. I ras di Scanzano avrebbero deciso di eliminare quel Fontana che era considerato il più pericoloso, il primo nemico, dalla famiglia D'Alessandro. Grazie alle testimonianze del pentito Salvatore Belviso, che partecipò all'omicidio Tommasino, Fontana era il primo nome di una black list della cosca di Scanzano. Doveva essere eliminato subito, e secondo quanto spiegato dal pentito, doveva essere lui a compiere l'ennesimo omicidio. Fontana, però, è anche zio acquisito di Belviso vista la parentela con la moglie. Nonostante questo rapporto, doveva comunque, anni fa, organizzare e compiere l'agguato nei confronti di O Fasano. "La mia famiglia è diversa dalla famiglia di mia moglie" disse ai pm Belviso qualche mese dopo l'arresto proprio per rimarcare la sua iniziale fedeltà al clan scanzanese. A distanza di anni da quelle dichiarazioni, arrivò l'omicidio. I D'Alessandro, quindi, hanno deciso di riproporre quella black list e iniziare a "pulire" la città? Fontana aveva avuto contatti con altri clan locali? Interrogativi a cui cercheranno di dare una risposta gli inquirenti.
Il procuratore Fragliasso: "La sfida ora è mantenere questo livello e, se possibile, migliorarlo". Il sindaco Vicinanza: "Qui il mare è diritto di tutti, non lusso per pochi".