Seconda ed ultima parte
tempo di lettura: 23 minI tre ragazzi aprirono gli occhi lentamente, quasi temessero una sorpresa terrificante. Disorientati dovettero girarsi su se stessi prima di vedersi l'un l'altro, e poi quando tutti e tre si ritrovarono di fronte in una sorta di cerchio, sussultarono per lo stupore: tre persone all'incirca della stessa età, incredibilmente simili tra di loro.
Il primo a parlare fu Ottavio: " Ma voi chi siete?"
"Ma che sta succedendo?" domandò Emily.
"Siamo stati intrappolati da quella .. da quella brutta ... oh non so nemmeno come definirla" urlò Sabrina.
"Si, ma perché? Cioè chi è? Perché ci ha chiusi qui dentro? Perché proprio noi tre?"
"Mi sembra di essere in un incubo"
"Si, questa situazione è del tutto surreale" e continuando ad accavallarsi con le domande, urlando, prendendo a calci la porta e dimenandosi inutilmente, ad un certo punto sfiniti si gettarono a terra, sprofondati in una violenta disperazione e si addormentarono.
Era mattino molto presto quando Ottavio, nel dormiveglia sentì dei rumori. Si alzò dal pavimento e guardò fuori dalla finestra serrata. Vide la misteriosa ragazza di ritorno dal bosco a cavallo. Ella si fermò dinanzi all'entrata, scese dall'animale che ancora nervoso scalpitava e lo legò al ramo di un albero; poi entrò in casa. Dopo pochi secondi Ottavio udì girare la chiave nella toppa della porta della stanza in cui erano stati rinchiusi. Quando la ragazza entrò con un irritante sorrisetto stampato sul viso, e richiuse immediatamente la porta, gridò: "Buongiorno mio caro .... Emily, Sabrina, svegliatevi, è arrivato per voi il momento dei chiarimenti"
Le due ragazze si destarono di soprassalto ancora confuse.
"Oggi per voi tre è un giorno davvero importante ... oggi capirete finalmente il motivo e lo scopo della vostra esistenza ... non è una cosa da poco ... non tutti gli uomini hanno la fortuna di avere il proprio posto nel mondo, c'è gente che per l'intera esistenza non è in grado di trovarlo, voi invece siete più che fausti perché non solo lo avete ed anche estremamente importante, ma non avete nemmeno faticato per ottenerlo ... è vostro, vi spetta di diritto, è nel destino di ognuno di voi, ed io ve lo conclamo apertamente"
Ottavio, Emily e Sabrina la guardavano con gli occhi sbarrati, ai quali appariva come una folle farneticante. Ed ella continuando : "Voi non siete persone comuni, siete esseri speciali ... siete i Figli della pioggia ... io mi chiamo Dafne e sono una cercatrice di anime speciali come voi"
"Ahahah ... ma che scherzo è mai questo? Cosa diavolo stai dicendo?" ridacchiò isterico Ottavio
"Cosa sono i Figli della pioggia?" domandò farfugliando Emily
"I Figli della pioggia sono persone prima concepite, poi nate durante un temporale, da due persone venute al mondo a loro volta in un giorno di pioggia ... ma non è tutto ... i Figli della pioggia per essere tali devono anche avere un altra caratteristica; occorre che contemporaneamente, ma esattamente nello stesso secondo stia nascendo un altro bambino a sua volta figlio di due genitori nati in un giorno di pioggia. Ciò è una cosa rarissima e voi lo siete straordinariamente ancora di più perché siete in tre ... non si era mai verificato un simile caso."
In silenzio con gli occhi e le bocche spalancate non dissero nulla, allora Dafne continuò: "I Figli della pioggia hanno una grande responsabilità nei confronti del mondo, perché sono esseri speciali ... diversi ... non possono mischiarsi fra le persone comuni, poiché è solo grazie al loro evolversi e crescere in una comunità a sé stante che riescono a mantenere intatti gli equilibri vitali del cosmo. Siete voi Figli della pioggia che gestite inconsapevolmente i cambiamenti climatici della Terra. Se voi vivreste con le persone normali, il vostro potere andrebbe man mano disperso, invece stando insieme e riproducendovi a vicenda, date vita ad una sempre più immane comunità di creature speciali, e così facendo l'andamento naturale del mondo andrà sempre meglio. Quelli come me hanno invece il compito di reclutarvi e di indirizzarvi lungo questo meraviglioso percorso che vi attende."
"Comunità? ... intendi dire che ce ne sono molti altri come noi, tutti raccolti in una comunità?" domandò esterrefatta Sabrina
"Esattamente, hai capito benissimo, è da secoli che quelli come voi si sono uniti, raggruppati da quelli come me, e hanno dato vita ad una comunità, e a delle discendenze."
"Intendi dire che hanno creato una sorta di società parallela dove possono interagire solo fra di loro?" dubitò Ottavio
"Si, per voi non cambierà nulla, continuerete a lavorare a studiare, a fare ciò per cui siete portati, solamente in un altro posto e con altre persone ... persone speciali come voi, con le quali vi confronterete, vi divertirete, vi sposerete e darete alla luce bambini speciali come voi."
"Una vera e propria società parallela ... " sussurrò Emily
"Esclusivamente per persone speciali come voi ... voi Figli della pioggia" aggiunse Dafne.
"Ma io non voglio abbandonare la mia ragazza ... la mia famiglia ... la mia vita ... è perfetta così com'è" protestò Ottavio.
"Ma tu non hai scelta ... non puoi decidere ..."
"Ma è la mia vita, certo che posso scegliere io!"
"No ti sbagli ... è il tuo destino. Il destino non lo si può optare, lo si segue."
"Dafne, dacci giusto del tempo per elaborare questa sconvolgente scoperta ... siamo stati dal nulla prelevati dalle nostre quotidiane esistenze e catapultate in un mondo che seppur ci appartiene, è per ora del tutto distante da noi ed oserei addirittura definire surreale. Ci hai bombardato di informazioni, ma tuttavia non ci è ancora niente del tutto chiaro, avremmo sicuramente un'infinità di domande da porti e soprattutto l'idea di dover abbandonare le nostre ... le famiglie, suppongo senza neanche fornir loro delle reali spiegazioni, non può che addolorarci .. ti prego, dacci tempo" supplicò Emily
"Vado a prendervi qualcosa da mangiare, quando torno vi darò altre informazioni ... e poi vi porterò nella Comunità per mostrarvela." E richiudendosi la porta a chiave, alle sue spalle, Dafne andò via .
I ragazzi rimasero in un perpetuo silenzio, immersi ognuno nei propri timori, angosce ed incredulità fino a che Dafne non fece ritorno.
"Una volta giunti nella comunità e averla visitata e conosciutone i membri, verrete portati in un ufficio di collocamento; in base alle vostre capacità ed inclinazioni vi sarà dato un lavoro ed una sorta di stipendio iniziale. Vi sarà subito dopo assegnata una casa fra quelle disponibili, ed una bici per gli spostamenti.
All'interno della comunità vengono prodotti, da voi stessi sia qualsiasi tipo di servizi, primari, sanitari, assicurativi, energetici, scolastici ed universitari, di svago e così via, che di materie, come alimenti, farmaci, abbigliamento, per tutto il resto che non riusciamo a produrre qui, ci pensiamo noi reclutatori a fornirlo dall'esterno, poiché noi siamo i soli a poter avere contatti con l'esterno, ad eccezione per voi di alcuni giorni all'anno, in cui potrete ritornare dai vostri cari: il giorno di Natale, del vostro compleanno e del solstizio d'estate"
"Ma come faremo a giustificare la nostra assenza alle persone a noi care?" domandò Emily
"Ad ognuno di voi sarà dato un fittizio, più
che redditizio contratto di lavoro per una società sita dall'altra parte del globo o un'iscrizione Universitaria, con borsa di studio ottenuta per merito, anch'essa troppo lontana per poter fare ritorno a casa per più di tre periodi all'anno. Vi è tutto più chiaro? Ora vi accompagnerò immediatamente a fare il tour della comunità ed i vari colloqui ed assegnazioni, poi vi riporterò alle rispettive case, dove comunicherete il vostro immediato trasferimento e fra una settimana esatta tornerò a riprendervi. Forza andiamo ... "
Dafne si avvicinò alla porta e con la chiave che si sfilò da un taschino nascosto della veste, la aprì, sicura ormai che non sarebbero fuggiti. La seguirono mentre attraversava l'ingresso della villa, da lì entrarono nel corridoio opposto alla stanza in cui erano stati rinchiusi. Superarono varie stanze chiuse, fino a raggiungere la parete estrema del corridoio, sulla quale era appeso un grosso arazzo. Con vigore Dafne sollevò il pesante tappeto dal muro e scoprì una grossa porta, molto diversa dalle altre: più larga, di un legno scuro e robusto. Rapida ed attenta a non farsi vedere, digitò un codice su un pannello elettronico laterale ed immediatamente dopo aver udito un rumore metallico, spingendo la maniglia, la porta si aprì.
Era piuttosto buio, ma la luce proveniente dal corridoio che si lasciavano alle spalle, era sufficiente per mostrar loro una scala ripida che declinava subito dopo l'apertura. Dafne fece segno di iniziare a scendere e così i tre ragazzi in fila indiana avanzarono mentre lei richiudeva la massiccia porta.
Scesero all'incirca una quarantina di scalini, percorsero un sentiero scavato nella roccia e nel terreno, fino a risalire per una cinquantina di metri e ritrovarsi probabilmente allo stesso livello della villa.
Alla fine della salita li aspettava un'altra porta identica a quella di entrata, con tanto di codice segreto. Appena essa fu aperta, furono investiti dalla luce del sole, dalle fronde degli alberi che erano all'esterno, e da un piacevole odore silvestre.
Dafne li spinse nella folta vegetazione e loro facendosi largo fra i rami, camminarono per un paio di minuti e alla fine giunsero in un ampio spiazzale privo di verde, in fondo al quale si stagliava un imponente cancello di ferro scintillante, a chiusura di altissime mura perimetrali.
"Benvenuti nella Comunità!" sussurrò Dafne, superandoli ed aprendo il cancello. Dopo averlo attraversato percorsero un parco alberato; c'erano panchine, laghetti e di tanto in tanto si imbatterono in alcune persone impegnate in quelle che avrebbero definito "attività quotidiane": bambini che giocavano mentre le mamme a non molta distanza li osservavano, passanti che portavano il cane al guinzaglio, leggevano il giornale, mangiavano un gelato. Sembrava davvero un normalissimo parco cittadino di una qualsiasi comunissima città, fatta eccezione per il fatto che ogni persona che avessero incontrato avesse riservato loro un'occhiata scrutante, seguita da un sorriso e da un "benvenuti", e da un ossequiante saluto a Dafne.
Usciti dal parco si ritrovarono in quella che era in piccolo, la ricostruzione di una metropoli. Attraversarono varie strade fino a ritrovarsi nel cuore commerciale ed economico della città, Dafne si fermò davanti ad un altissimo palazzo specchiato; compose un codice sul citofono ed il portone si aprì, invitò loro ad entrare e lei componendo un altro codice, sussurrò al microfono: "Sono arrivati".
Salirono in ascensore fino al diciannovesimo piano, Dafne li fece accomodare su dei divanetti e poi scomparve di nuovo in ascensore, dicendo loro di attendere per una decina di minuti, e dopo poco tornò a prenderli per condurli infine in quello che era definito "Uffici collocamento" al ventesimo piano.
Uno alla volta, accompagnati da Dafne, Emily, Sabrina ed Ottavio sostennero il loro colloquio.
Fu assegnato loro un appartamento, una bici, del denaro per iniziare a vivere nella comunità ed un lavoro modesto: ad Emily quello di commessa in una libreria, a Sabrina di cameriera in un ristorante e ad Ottavio di barista. Avrebbero tuttavia potuto terminare i loro studi e successivamente richiedere l'assegnazione di un lavoro più consono alle loro competenze, se lo avessero desiderato.
Visitarono i rispettivi appartamenti, collocati nelle estremità opposte della comunità ed infine si prepararono a ritornare alle proprie case per salutare i loro cari ed abbandonarle definitivamente.
La comunicazione ed i saluti si svolsero senza alcuna difficoltà, grazie alle particolari situazioni familiari dei tre ragazzi: Emily viveva ormai da sette anni da sola, dopo aver litigato brutalmente con la sua famiglia che da un paio di anni aveva ricominciato a sentire telefonicamente ma solo per gli auguri delle festività. Chiamò sua madre; farlo era pur sempre molto doloroso. Le disse che aveva avuto un importantissimo lavoro, che l'avrebbero pagata molto bene, che era stata scelta fra migliaia di candidati e che si sarebbe dovuta trasferire. La madre le disse che era finalmente molto fiera di lei e che le augurava di essere felice, poi le passò suo padre, infine Emily chiese loro se poteva passare a salutarli da vicino prima di partire e con un tono che tradiva un'inondante gioia i suoi genitori le risposero: "Ma certo"
Sabrina raccontò tutto ai suoi nonni, gli ormai anziani genitori di sua madre, che l'avevano cresciuta ed accudita, insieme a suo fratello maggiore di due anni, da quando lei aveva cinque anni, dopo che i suoi genitori erano morti nello scoppio dell'incendio della loro fabbrica di produzioni di vernici.
I genitori di Ottavio erano due persone molto poco convenzionali, dalla mente eccessivamente aperta, avevano basato la propria esistenza e l'educazione dei figli su valori quali la libertà e l'affermazione individuale, l' indipendenza di pensiero e di costume e l'emancipazione da qualsiasi schema imposta dalla società; tutti principi che crescendo, Ottavio aveva tuttavia completamente invertito nel suo stile e nelle sue scelte di vita. Di conseguenza appena Ottavio comunicò ai suoi genitori l'imminente partenza, essi non poterono che essere esageratamente felici ed euforici: finalmente il loro figlio abbandonava il nido per intraprendere la sua indipendenza.
Diversamente era stato lasciare la sua ragzza, che la prese molto male ... come d'altronde lo stesso Ottavio.
Dei tre il più addolorato era proprio lui. Emily invece non era così felice da anni; era anche finalmente riuscita a rivedersi e riabbracciarsi, in una sorta di non dichiarata, ma effettiva riconciliazione con i suoi genitori.
Durante tutta la settimana in attesa di Dafne che sarebbe ritornata a prenderli, Ottavio era stato tentato dall'idea di scappare via con Stella, la sua ragazza, ma sapeva che sarebbe stato inutile, perché Dafne e l'intera organizzazione lo avrebbero sicuramente rintracciato, trovato e portato di forza nella comunità.
Puntualissima Dafne passò a prenderli uno alla volta.
Ottavio sembrava un condannato che veniva scortato al patibolo, Emily era invece finalmente felice dopo tanto tempo, eppure aveva un grosso magone alla gola ed un peso le opprimeva lo sterno mentre seguiva Dafne, lo scotto da pagare per far pace con i suoi genitori era stato quello di non vederli mai più, lontana dall'euforia del momento, ora il tutto le appariva alquanto un paradosso. Sabrina invece era entusiasta ed eccitata; avrebbe intrapreso una nuova vita, dove nessuno avrebbe saputo chi era stata in passato: una ragazza fragile ed emotiva, che più volte era caduta in depressione.
"Dafne, ma perché ci avete separato? I nostri appartamenti sono distanti chilometri fra loro. Visto che già ci conosciamo, non sarebbe stato meglio vivere vicini?" domandò Emily
"Proprio perché già vi conoscete non avete motivo di stare ancora insieme. Lo scopo è proprio che voi conosciate ed interagiate con gli altri abitanti della comunità" rispose Dafne, ed Ottavio :"Ma se in futuro volessimo cambiare lavoro o casa, siamo costretti necessariamente a passare per gli uffici collocamenti?"
"Siete obbligati ... non costretti"
"Ma non vedo differenza"
"Ogni comunità è tenuta a rispettare diritti e doveri, e questo rientra nei doveri"
"Fino ad ora non mi pare di aver avuto alcun diritto ... non ho neanche potuto decidere se qui volevo venirci o no ..."
"Ottavio ... ti ripeto per l'ultima volta che questo è il tuo destino ... è più che naturale che tu non possa scegliere ... puoi forse decidere quando e come morirai? Ci sono cose più grandi di noi, che non possiamo controllare."
"Stai parlando di Dio?"
E Dafne eludendo la domanda disse: " Sono cose più grandi di noi, ti ripeto ... e noi non abbiamo il diritto di entrarvi. Per quanto riguarda i vostri diritti, vi sembra che aver avuto un lavoro, un mezzo di trasporto, una casa e dei soldi non sia un diritto che vi è stato concesso? I servizi che riceverete senza pagare nemmeno una tassa non sono diritti? Prenderci cura di voi e della vostra sicurezza e segretezza non è ancora un diritto?"
Ed Emily: " Hai parlato al plurale ... ma voi chi siete? Chi tiene in piedi tutta questa organizzazione? Sei tu stessa una responsabile o c'è qualcuno al di sopra di te?"
"C'è sempre qualcuno al di sopra di qualcun altro" rispose Dafne
"Parli sempre di Dio?" domandò ansioso Ottavio.
"Fate troppe domande ... basta .. vi è stato detto tutto ciò che vi è dato sapere, il resto è superfluo" concluse perentoria Dafne alzando leggermente il tono della voce.
Proseguirono il viaggio in un'auto guidata da Dafne restando in silenzio, fino a quando fecero una breve sosta in cui Dafne scese a comprare del cibo e dell'acqua.
Nel frattempo Sabrina che durante la discussione era rimasta zitta senza nemmeno dire una parola sussurrò: "Ragazzi, ma cosa vi è preso? Siete impazziti? ... fare tutte quelle domande irriverenti ... avete fatto arrabbiare Dafne ... adesso verremo etichettati come quelli strani, antipatici e nessuno vorrà diventare nostro amico"
"Sabrina, non fare la sciocca ... qui si parla della nostra vita ... a me sembra che ce la stiano portando via ... e poi perché tutto questo mistero?"
"Ragazze .. smettetela di discutere ... se dobbiamo scappare questo è il momento giusto ... io non riesco a fidarmi ... ci ho provato ... non riesco assolutamente a credere ..." Ottavio fu interrotto da Dafne che arrivò talmente silenziosamente e alle loro spalle che non se ne accorsero : "Abbi fede Ottavio ... Abbiate fede ragazzi" e ripartirono.
Per tutto il resto del viaggio rimasero in un tombale silenzio. Ottavio guardava fuori dal finestrino, ogni metro percorso che lo avvicinava a quella che gli sembrava una prigionia mascherata da vita beata, si diceva, che era un metro che avrebbe dovuto fare in più se non si fosse deciso quanto prima a saltare fuori dall'auto. Immediatamente in lui si faceva largo tuttavia la consapevolezza che sarebbe stato impossibile scappare; o almeno in quel momento e senza la complicità delle due ragazze che ormai sembravano rassegnate al loro triste destino; forse anche lui si sarebbe dovuto arrendere, ma non riusciva a capire come loro lo avessero fatto subito, senza obiettare; avevano ubbidientemente accettato quel fato che era stato raccontato loro da un'estranea.
Sabrina si chiese se avesse fatto la scelta giusta, non quella di seguire Dafne, perché non avrebbe potuto fare altrimenti; il suo vero dubbio era se credere in ciò che un'estranea le aveva raccontato, ma poi si rispose che aveva visto con i suoi occhi la comunità, doveva essere necessariamente tutto vero e poi lei d'altronde non aveva prospettive migliori da lasciarsi alle spalle.
Quando giunsero di nuovo alla comunità Emily rabbrividì sentendo chiudersi il pesante cancello alle spalle. Lei era ben abituata a vivere da sola, eppure doversi separare dai suoi nuovi fratelli le procurava un forte senso di solitudine, un vuoto allo stomaco che temeva non avrebbe saputo gestire.
"State tranquilli, potrete vedervi tutte le volte che vorrete, avete i numeri di telefono e i rispettivi indirizzi. Separarvi è solo un modo più facile e veloce per favorire la socializzazione con il resto dei membri della comunità" disse Dafne, consegnando le chiavi degli appartamenti e le bici "Oggi avete la giornata libera, fate quel che desiderate ... iniziate ad ambientarvi. Da domani comincerete a lavorare" continuò Dafne con uno sgargiante sorriso "Benvenuti nelle vostre nuove vite ... benvenuti nel vostro destino" Poi si voltò e andò via a passo rapido, lasciandosi i ragazzi alle spalle che la videro trotterellare con il vestito con il quale la avevano sempre incontrata, svolazzante proprio come le farfalle che sembravano spiccare il volo dalla trama nera, fino a quando non girò all'angolo della strada.
Dafne attraversò una serie di isolati. Camminava con un soddisfatto ghigno che le corrugava le guance. Raggiunse il centro economico della comunità ed entrò nel grande palazzo specchiato. Accedé in ascensore e digitò il quinto piano, poi da lì camminò lungo un corridoio buio e spoglio, non vi erano né porte né finestre. Lo percorse tutto fino ad arrivare ad una rientranza che ospitava un altro ascensore che la portò fino al cinquantesimo piano. Arrivata uscì e sempre a passo svelto si diresse lungo un corridoio ampio e ben arredato pieno di porte su entrambi i lati, alcune erano aperte e mostravano ambienti molto simili fra loro; erano tutte stanze d'ufficio con alla scrivania un uomo o una donna vestiti di bianco. Attraversando il piano di tanto in tanto Dafne incontrava qualche uomo che la salutava, vestito con una sorta di divisa da vigilante di color celeste. La lunga treccia castana ondeggiava da un lato all'altro della schiena. Entrò in un ampio disimpegno che faceva da anticamera ad un enorme studio arredato con mobili classici; alle pareti alti scaffali in legno di noce ospitavano una copiosa collezione di libri. In un angolo c'era un camino acceso e in un altro un'altissima pianta aggrovigliata lungo una colonna marmorea. Oggetti di ogni sorta erano raccolti su un tavolino al centro della stanza ed in fondo un' enorme scrivania con un trono di velluto sembrava sovrastare l'intero ambiente.. La seduta era vuota. Dafne impaziente scattò fuori e tornò indietro aumentando ancora di più l'andatura, quasi correndo. Appena incrociò un uomo in divisa celeste gli chiese :"Sai lui dov'è?"
Ed egli le rispose :"Credo sia chiuso nella camera di controllo" Dafne facendogli un lieve cenno col capo di ringraziamento, vi si diresse.
Si fermò davanti ad una grande porta di ferro nera. Aprì con una chiave che sfilò dal taschino, un piccolo pannello di controllo. Digitò un codice di apertura ed entrò.
Tre altissime ed ampie pareti interamente ricoperte da monitor occupavano il vasto ambiente. Un uomo sedeva ad una poltrona di velluto rosso dando le spalle alla porta e fissava le immagini dinamiche che gli schermi gli restituivano. L'intera comunità con le sue strade, i negozi, il parco, l'ospedale, le case gli interni di ogni stanza di ogni singolo appartamento era monitorato costantemente ventiquattrore su ventiquattro; non c'era un solo angolo della comunità che non fosse catturato da una telecamera.
"Ancora una volta ... ottimo lavoro Dafne - disse l'uomo avendo percepito la sua presenza senza neanche voltarsi - non avrei potuto scegliere una collaboratrice più in gamba ed efficiente di te"
Dafne con un'espressione carica di fierezza rispose: "Ti ringrazio Lucio, questa volta è stato più complicato del previsto ... uno dei ragazzi opponeva resistenza ... ma alla fine ha dovuto rassegnarsi anche lui al suo .... destino ... le scappò una risatina poi proseguendo - ne ho già individuati altri"
Un sussulto di eccitazione fece voltare di profilo l'uomo: "Continua ..."
"Vivono in Africa, sono due maschi di sedici anni, nati esattamente nello stesso minuto, appartengono a due diverse tribù e sono rispettivamente uno il nono figlio su undici e l'altro il dodicesimo di sedici, quindi non credo che le famiglie faranno difficoltà a lasciarli andare"
"Si somigliano?"
"Purtroppo non molto ... ma come abbiamo già avuto modo di verificare è incredibile quanto le persone riescano a farsi suggestionare, credendo a qualsiasi nuova ancora di salvezza ..."
"E perdendo di vista ciò in cui credere davvero" terminò l'uomo.
"Lucio, io adesso vado, fra qualche ora ho l'aereo ... credo che stavolta impiegherò più mesi ... in Africa è molto rara la pioggia"
"Buon viaggio e buon lavoro ... ah solo un'ultima cosa ... ho finalmente capito cosa manca ... il libero arbitrio. I prossimi che incontrerai suggestionali ugualmente e plagiali, convincili del fatto che questo è il loro unico destino, però lascia loro la libertà di scegliere se seguirti o meno"
Dafne annuì e si avvicinò alla porta per uscire; prima di farlo titubò, si voltò e rimase in silenzio ad osservare dai monitor tutte quelle inconsapevoli vite che negli anni aveva rinchiuso subdolamente nella comunità. Si sentiva superiore rispetto a quelle persone, lei, insieme a Lucio, aveva il potere di divertirsi e decidere delle loro vite. Provava pena per essi eppure ancora di più per se stessa, aveva il dominio su tutti ma non sulla propria vita. Ed inoltre temeva per la sua anima. Si chiese se mai un giorno sarebbe stata perdonata. Fece per andare via ma si arrestò un'ultima volta, si voltò ancora e rimase a fissare Lucio, così sicuro, tranquillo, lei era ben consapevole di quando egli si sentisse onnipotente e ripensò alle parole dette durante il viaggio ai tre ragazzi "C'è sempre qualcuno al di sopra di qualcun altro" poi sussurrò: "Lucio ... quand'è che la smetteremo di giocare a fare Dio?" Ma l'uomo di nuovo immerso nella contemplazione della sua creazione non rispose.
Nel primo giorno d’estate, il Parco è stato restituito ai cittadini con l’esibizione degli studenti del Severi, Di Capua e Bonito-Cosenza per la Festa della Musica. Il sindaco: «Lo abbiamo fatto con le scuole, le associazioni e tanta gente. Ora avanti verso il recupero delle acque»
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