Il cemento era ancora fresco e l’odore di vernice si mescolava al mare di Castellammare quando, nell’estate del 1985, un popolo intero entrò per la prima volta in via Cosenza. Non era soltanto un’inaugurazione sportiva: il Romeo Menti nasceva come promessa di rinascita, figlio di una stagione in cui la politica scelse di guardare avanti, trasformando lo sport in riscatto. Quarant’anni dopo, quello stadio è ancora lì. Ogni curva e ogni gradone raccontano storie di delusioni e resurrezioni, di un calcio vissuto tra momenti difficili e rinascite, tra promozioni mancate e sogni coltivati con ostinazione, ma soprattutto tra straordinari calciatori che hanno indossato la maglia della Juve Stabia e traguardi strepitosi che hanno fatto esplodere di gioia l'intera città.
Il Menti è stato il palcoscenico dei sogni più grandi: la Juve Stabia che negli anni ’90 sfiorava la B, le notti magiche del 2011 quando la città scoprì di nuovo la serie cadetta dopo 60 anni, i ritorni recenti che hanno riportato i gialloblù a un passo dall’élite. Ma soprattutto, è stato rifugio di un’intera comunità che nei momenti di crisi - economiche, sociali, identitarie - ha sempre trovato nello stadio un punto fermo, un luogo in cui ritrovarsi.
La società, con l’ingresso di nuovi investitori e l’ambizione di guardare in alto, chiede a gran voce un impianto all’altezza delle proprie ambizioni. Perché il Menti, dopo quarant’anni, non è solo uno stadio. È la fotografia fedele di Castellammare: tra passi indietro e conquiste, con tanta voglia di puntare in alto, sempre spinta dall’energia della sua gente. E quella gente, sugli spalti, non ha mai smesso di sognare.
Le Vespe pronte all’esordio stagionale contro una squadra di Serie A. Il tecnico carica il gruppo: «Abbiamo lavorato duro, serve coraggio e identità».