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Castellammare - 'Le Perle di Stabia' è davvero ciò di cui la città ha bisogno?

Beni culturali tra rilancio, abbandono e svendita del territorio

tempo di lettura: 5 min
di Diletta Grimaldi
19/02/2021 09:00:17

Mare, fiume, montagna, clima mite, ventotto sorgenti termali, ville romane, edifici e monumenti storici: Castellammare di Stabia sembrerebbe essere la meta ideale per le proprie vacanze. Il turismo che meriterebbe la città, dato il suo potenziale, manca però da tempo immemore. Per coloro che pernottano nei Bed & Breakfast, utilizzando la città come base d’appoggio per visitare i comuni limitrofi, pare che il centro non abbia molto da offrire, a parte un gelato in Villa comunale o un pasto in uno dei tanti locali del lungomare, se non ci si è organizzati diversamente.

Nel tentativo di rilanciare un territorio sofferente, che risente ancora di decenni di cattiva amministrazione, è nato di recente il progetto “Le perle di Stabia”, che si propone di illustrare le bellezze del territorio attraverso dei video.

“Amare la propria città – stando a quanto detto dal Sindaco Gaetano Cimmino – vuol dire conoscerne la storia e la cultura”. Ma è possibile amare un paese le cui vestigia antiche sono a volte considerate alla stregua di vecchie pietre?

Problema molto discusso, soprattutto tra le associazioni stabiesi che da anni fanno richiesta di una sede, è quello dei molti edifici storici abbandonati che, nel caso di un restauro, potrebbero divenire sede di gruppi di volontariato nonché di musei.

Una di queste strutture è Villa Gabola, emblematica per descrivere la situazione in cui versano vari immobili che necessitano di lavori di ristrutturazione. Interventi che sarebbero necessari per evitare che possano avvenire dei crolli causati dalla totale incuria, come è accaduto nel 2018 alla Chiesa cinquecentesca di Santa Maria della Pace, situata nel centro antico. In quest’ultimo edificio sono stati realizzati dei piccoli lavori solo a seguito del crollo di un solaio: tali interventi non hanno comunque rappresentato un minimo segnale di svolta per il rilancio di un così importante bene artistico, che rimane solo un edificio pericolante.

Questione altrettanto complessa riguarda le Nuove e le Antiche Terme. La gestione delle stesse era affidata alla Terme di Stabia SPA, fallita nel 2007 poiché i costi dell’attività superavano i ricavi. A possedere gli immobili è la SINT, messa in liquidazione nel 2018.

I beni della società comprendono le Terme Antiche e Nuove, l’Hotel delle Terme, il Pallone Geodetico, la Caserma Cristallini nonché i campi da Tennis nei pressi delle Nuove Terme e il parcheggio di Viale delle Puglie (questi ultimi già acquistati da privati). Una serie di strutture il cui destino, a causa del fallimento della SINT, è incerto da anni.

Negli ultimi mesi sta emergendo un nuovo scenario: il rilancio delle Antiche Terme (attualmente adibite a Drive In per i tamponi utili alla diagnosi del virus Covid-19) attraverso la privatizzazione della gestione dell’attività termale. Attualmente la vendita di beni pubblici ai privati sembra essere l’unico modo che le nostre Istituzioni hanno trovato per rilanciarli.

Più di settant’anni fa, a metà febbraio, iniziarono i lavori che hanno riportato alla luce le Ville di Stabiae. L’iniziativa, alquanto osteggiata dai proprietari terrieri locali, venne proposta e realizzata da Libero D’Orsi, preside della scuola media Stabiae. Tale impresa, realizzata con pochi fondi a disposizione e la collaborazione di pochi operai, ci consente oggi di poter ammirare un inestimabile patrimonio dell’umanità, bene non del tutto venuto alla luce: basti pensare che degli 11.000 mq in cui si estende Villa San Marco, 5.000 di questi sono ancora interrati. Il motivo di tale inadempienza è da ricercare nella presenza di alcuni edifici nella zona di Varano che sono stati costruiti al di sopra della Villa. Gli stessi impediscono ulteriori operazioni di scavo che, insieme a molti altri interventi, gioverebbero al turismo e conseguenzialmente all’economia.

In aggiunta, le strade che consentono di raggiungere gli scavi sono abbandonate all’incuria tra erba alta, animali morti e rifiuti anche ingombranti. Stesso destino è toccato ai boschi di Quisisana: polmone verde della città altrettanto trascurato e occupato da rifiuti dove, qualche anno fa, due aziende con sede a Gragnano sversarono dell’amianto.

I preziosissimi oggetti e affreschi rinvenuti nelle Ville di Stabiae sono stati rinchiusi nell’Antiquarium statale dal 1997. Solo l’anno scorso sono stati trasferiti nella Reggia di Quisisana, ove è stato istituito il Museo Archeologico Libero D’Orsi: timido tentativo di restituire a Castellammare di Stabia il prestigio a lungo agognato.

Castellammare di Stabia ha la fortuna di avere uno sbocco sul mare: in esso sfocia il Sarno, uno dei fiumi più inquinati d’Europa. Sono più di cinquant’anni che le industrie scaricano al suo interno reflui tossici. L’unico tratto balneabile della costa è quello di Pozzano, tra l’altro quasi totalmente privatizzato. Sulla spiaggia del centro città, altrettanto abbandonata all’incuria, è cresciuto un prato a seguito di una gara di motocross avvenuta anni fa. E così è rimasta da allora come tante cose, sotto lo sguardo indifferente delle amministrazioni che si sono susseguite fino ad oggi. Ogni tanto la parvenza di qualche piccolo intervento qua e là.

Interessante e innovativo il tentativo di rilanciare i beni culturali di Castellammare di Stabia attraverso una serie di video ma, senza alcuni concreti provvedimenti comunali, basterà per restituire prestigio ad un territorio a lungo oltraggiato?

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