Due da Bucarest, uno da Sighisoara, il quarto da Targu Mures, ai confini con la Moldavia. Tutti senza precedenti. Un paio ufficialmente muratori. Gli altri chissà cosa. I quattro romeni arrestati per lo stupro di Guidonia, e i due amici che hanno tentato di aiutarli nella fuga, fino a ieri erano, per la Giustizia italiana, sei perfetti sconosciuti. Il più giovane ha venti anni compiuti da tre mesi, il più grande ventitrè. Provengono da regioni diverse del Paese d’origine e non è ancora chiaro quale relazioni li abbia collegati l’uno all’altro nel tentare l’avventura in Italia. Due, secondo i carabinieri, erano qui da circa un anno e mezzo. Gli altri da qualche settimana. Giusto il tempo per inquadrare il territorio e passare all’azione: rapine e furti, fino alla ferocia della violenza, visto che c’erano.
I nomi dei sei fermati non sono stati divulgati dal Comando Provinciale dei carabinieri. Si sa solo che il primo degli arrestati, accusato di una rapina precedente a quella da cui è scaturita la violenza, quindi totalmente estraneo al caso di via Selciatella, si chiama Dorin Trinca. Ha venti anni. Tra gli altri accusati ce n’è uno che porta lo stesso cognome. Gli investigatori non escludono che possa trattarsi di un fratello. Ma in realtà non c’è alcuna certezza. Gli uomini dell’Arma, infatti, ritengono «plausibile» che i documenti trovati ai sei romeni siano falsi. Dunque in carcere ci sono, stando agli indizi, gli autori dello stupro. I quali però potrebbero chiamarsi in tutt’altro modo rispetto a ciò che hanno dichiarato.
La sola cosa certa è la provenienza. I due che stavano aiutando gli amici a fuggire, bloccati all’una di ieri notte al casello di Tivoli della A24, vengono da Bucarest. I due che erano in auto con loro, una Bmw con targa romena, sono invece originari di Sighisoara (da non confondere con Timisoara), una delle località turistiche più note della Transilvania. Un altro presunto stupratore è invece di Targu Mures. La cittadina, non lontana da Iasi e dal confine con la Moldavia, a nord-est di Bucarest, è in una delle aree più povere del Paese.
In Italia i sei, qualunque sia stato il rapporto che li ha legati in precedenza, erano diventati una banda. I due che vivevano da più tempo a Guidonia hanno una casa definita dai carabinieri «rispettabile» ed entrambi una compagna. Le donne sono anche loro sotto inchiesta per favoreggiamento. Ma nessuno dei vicini fino a ieri avrebbe sospettato che il gruppo avesse una doppia vita. Secondo i carabinieri, potevano passare «per una delle tante piccole comunità di immigrati che si arrangia facendo le cose più diverse». Ma quando arrivava la sera, evidentemente, le cose cambiavano. Se gli indizi verranno confermati, i presunti muratori, descritti come persone di poche parole, diventavano rapinatori e all’occorrenza anche altro.
I sei, prima del trasferimento nel carcere di Rebibbia, avvenuto ieri sera, sono stati fotosegnalati. Le impronte digitali sono state trasmesse alla polizia di Bucarest. I carabinieri oggi sapranno se alcuni componenti della banda hanno precedenti in Romania. Non è neppure escluso, secondo gli investigatori, che un paio dei sei, sotto altro nome, abbiano avuto nei mesi scorsi un qualche ruolo (e un introito) con il mondo della prostituzione. Il contrasto al sesso a pagamento, se la notizia fosse confermata, potrebbe aver prodotto un effetto paradossale. Molte ragazze, dopo l’adozione delle multe alle “lucciole”, hanno lasciato l’Italia. Tanti piccoli sfruttatori si sono trovati senza introito e alcuni si sarebbero riconvertiti alle rapine. Le sei “belve” di Guidonia potrebbero essere tra loro.
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