Cronaca
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Castellammare - Un patto per evitare la faida, i Cesarano e i Matrone così si sono divisi il territorio

Un patto per regolare gli affari fra Castellammare e Scafati

tempo di lettura: 2 min
di genesp
11/12/2021 14:51:12

Prima in guerra fra di loro, poi una firma per sancire la pace e dividersi gli affari criminali nelle zone di Castellammare, Pompei e Scafati. È quanto emerge dall'ultima ordinanza della DDA di Salerno che ha portato all'arresto di ben 21 persone riconducibili ai clan Cesarano di Castellammare e Matrone di Scafati che dal 2014 al 2019 hanno letteralmente messo in ginocchio il commercio locale imponendo il pizzo a prezzi altissimi e a tutti gli imprenditori. Nel corso della retata di pochi giorni fa è finito in carcere anche l'attuale reggente del clan di Ponte Persica, Vincenzo Cesarano, cugino del fondatore della cosca Ferdinando Cesarano, che dall'arresto di Luigi Di Martino o' profeta ha gestito in maniera autonoma il clan. Sono diversi gli episodi ricostruiti e attribuiti a boss, affiliati e fiancheggiatori che negli ultimi anni si sarebbero resi protagonisti di numerosi reati. Secondo quanto emerso dall'inchiesta della DDA di Salerno, i due clan sono stati sull'orlo di una faida per la gestione di quelli che erano gli affari illeciti della città di Scafati in quanto i Cesarano avrebbero voluto continuare ad imporre il pizzo ai commercianti senza trovare però un accordo con i Matrone che storicamente sono attivi in quell'area. Dal rischio di creare una ennesima faida di camorra, si è poi arrivati alla pace guidata proprio da Vincenzo Cesarano che con il Matrone è riuscito a trovare un accordo sulla spartizione del territorio. Senza dubbio l'operazione dell'Antimafia ha avuto degli effetti sul mondo criminale dell'area torrese che ha perso nuovi esponenti di spicco mentre altri, già in carcere, sono stati colpiti da ulteriori ordinanze. E soprattutto ha dato una nuova conferma sul fatto che i clan vesuviani basano i propri affari particolarmente sulle estorsioni e sull'usura arrivando anche a minacciare e aggredire le vittime che non pagavano o chiedevano tempo. In carcere sono finiti Luigi Di Martino, Aniello Falanga, Vincenzo Cesarano, Giuseppe Buonocore, Andrea Bambace, Filippo Bambace, Raffaele Belviso, Francesco Berrito, Giovanni Crocetta, Ferdinando Cirillo, Antonio Palma, Pasquale Panariello. Ai domiciliari invece Salvatore Avallone, Alessandro Ben Hazaz, Vincenzo Buonocore, Agostino Celentano, Raffaele Di Ruocco, Salvatore Generali, Luigi Marra, Francesco Terrestre.

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