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A poche ore dallo sciame di terremoti del 26-27 settembre, si sono verificate altre scosse sismiche nei Campi Flegrei, anche se di entità molto lieve. La preoccupazione rimane alta per coloro che vivono in quest'area densamente popolata, compresa Napoli. Il ministro per la Protezione Civile, Nello Musumeci, ha annunciato l'intenzione di introdurre una legge apposita per la gestione di quest'area così delicata. Nel frattempo, si sta lavorando su due fronti: la ricerca, con l'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia che sta raccogliendo dati per comprendere quanto sia attivo il sistema idrotermale e il comportamento del vulcano, e la gestione dell'area complessa, con la necessità di un provvedimento legislativo semplificato che coinvolga diverse istituzioni e centri di competenza.
Il presidente dell'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, Carlo Doglioni, ha affermato che al momento è impossibile prevedere l'evoluzione della situazione. Secondo lui, ci sono due possibili scenari molto diversi tra loro: uno meno critico simile alla crisi bradisismica del 1982-84, che durò due anni e poi si fermò, e l'altro più critico rappresentato da un'eruzione come quella del Monte Nuovo del 1538, che è stata la più recente delle oltre 70 eruzioni esplosive accadute nei Campi Flegrei, ma anche la meno violenta di quelle avvenute nel passato remoto.
La situazione nei Campi Flegrei viene costantemente monitorata dall'Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, che dispone di una rete di strumenti e si impegna al massimo per raccogliere informazioni su quanto sta accadendo. Tuttavia, resta il fatto che i Campi Flegrei sono un vulcano attivo e, quindi, impossibile pensarli come spenti. Pertanto, è essenziale prepararsi ad affrontare un'eventuale emergenza, soprattutto considerando le sfide che comporterebbe l'evacuazione di una zona così densamente abitata.
Sono in fase di studio un piano straordinario per analizzare la vulnerabilità delle zone edificate e un piano di comunicazione alla popolazione e di esercitazioni di protezione civile, che coinvolgerà anche volontari. Secondo l'economista Antonio Coviello, dell'Istituto di Ricerca su Innovazione e Servizi per lo Sviluppo del Consiglio Nazionale delle Ricerche, un'evacuazione improvvisa di 600.000 o 700.000 persone sarebbe impensabile e costosa, comportando una spesa stimata di oltre 30 miliardi di euro all'anno e un danno economico di almeno l'1% del PIL. La viabilità e le vie di fuga rappresentano una criticità fondamentale da affrontare, secondo il prefetto Mario Morcone, assessore regionale alla Sicurezza, all'Immigrazione e alla Protezione Civile.
Il tecnico alla vigilia: «È giusto che Castellammare sogni, ma alzando troppo l’asticella si potrebbe creare stress e non dare importanza a quanto di bello è stato fatto.»