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Ciclicamente le materie prime tornano alla ribalta attirando gli appetiti di molteplici tipi di investitori (istituzionali, professionali, individuali). Prendiamo come esempio l’oro, di cui le banche centrali stanno facendo incetta da alcuni anni a questa parte come bene rifugio.
I timori di una maggiore instabilità globale, infatti, influenzano direttamente i prezzi delle materie prime, ma anche l’innovazione tecnologica può far letteralmente volare il valore di una commodity come il rame.
Le materie prime sono una buona protezione contro tempi in cui l’inflazione si dimostra ostinatamente elevata, nonostante l’intervento restrittivo sulla politica monetaria da parte delle banche centrali (aumento dei tassi di interesse, riduzione del denaro circolante attraverso lo strumento del quantitative tightening).
Non tutti, però, hanno dimestichezza con strumenti come i future, o la volontà di acquistare fisicamente una materia prima, come l’oro o l’argento, considerando gli impegni di gestione che l’operazione comporta.
Ecco allora arrivare in soccorso degli investitori i fondi negoziati in borsa, il cui obiettivo è permettere un’esposizione indiretta alle materie prime o alle società minerarie.
Con i fondi negoziati in borsa è più semplice per un investitore individuale aggiungere al portafoglio finanziario un’esposizione alle materie prime. I fondi, infatti, non richiedono l’acquisto diretto, ad esempio, di petrolio o gas naturale e neppure impegnano il detentore con un contratto, come avviene per i futures.
I fondi negoziati in borsa hanno la caratteristica peculiare di poter essere comprati e venduti in giornata, seguendo la volatilità propria dei mercati finanziari.
Anzitutto, un investitore individuale può acquistare le quote di un fondo negoziato che investe in una materia prima (per esempio platino, palladio). Anche se indirettamente è quasi come detenere quella commodity nel portafoglio finanziario.
In alternativa esistono gli investimenti in ETF, con i quali ci si espone ai titoli azionari di società quotate la cui attività primaria riguarda l’esplorazione, l’estrazione e la vendita di materie prime.
Esistono ETF legati a una singola commodity, e dunque investono in: società minerarie per l’estrazione del rame, imprese dedite alla coltivazione del caffè.
Non è raro imbattersi in fondi negoziati in borsa che diversificano su più materie prime, in questo caso essi possono includere società la cui attività primaria è basata sull’estrazione di oro e argento, oppure petrolio e gas naturale.
Alcuni ETF, maggiormente specializzati, potrebbero invece investire sulla galassia di imprese esperte nella progettazione, costruzione e manutenzione delle infrastrutture necessarie all’estrazione, raffinazione e trasporto delle commodities.
Per quanti hanno una certa sensibilità ai criteri ESG (ambientali, sociali e di buona governance), facciamo notare che alcuni di questi fondi passivi legati alle materie prime seguono criteri di sostenibilità come stabiliti dalle Nazioni Unite, dall’Unione Europea o da altri regolamenti e protocolli. Un plus da non sottovalutare.
Giunti a conclusione, non possiamo che sottolineare il ruolo di diversificazione sulle materie prime che i fondi passivi negoziati in borsa offrono a diversi tipi di investitori, compresi quelli individuali. Naturalmente ogni investimento comporta un certo grado di rischio, ma i documenti informativi che accompagnano ciascuno di tali veicoli finanziari aiutano a chiarificare.
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