Molinari in gol contro il Benevento
La nostra redazione ha contattato in esclusiva Morris Molinari, uno dei simboli della stagione 2010/2011. La storica promozione in Serie B, la ripresa del campionato e le prossime gare delle vespe sono stati alcuni degli argomenti trattati con il “Gigante buono”.
Chi è Morris Molinari? Quali sono le esperienze che ti hanno dato di più sia come calciatore che come uomo?
«Oddio. Sinceramente faccio fatica a descrivermi (ride, ndr). Sono una persona semplice che sa stare con tutti e che, allo stesso tempo, sa sempre adattarsi. Do tanto alle persone che mi stanno attorno, ma pretendo anche tanto. Le esperienze che mi hanno dato di più? Le difficoltà che ho avuto con gli infortuni. Nella mia carriera ne ho avuti tanti. Non lo avrei immaginato ma, ogni volta, sono sempre riuscito a rialzarmi bene. Nonostante tutto, sono arrivato a concludere la mia carriera a 39 anni tra i professionisti. Con tutti i problemi che ho avuto sono riuscito a non giocare mai nei dilettanti e, ripeto, a concludere la carriera tra i professionisti. Per me è stata una grande soddisfazione».
È da poco trascorso il 19 giugno, una data scolpita nella storia della Juve Stabia e della città di Castellammare. Tu sei stato uno dei simboli di quell'impresa, la tua corsa sotto il settore ospiti dopo il gol dell'1-0 al Flaminio e il pianto liberatorio abbracciato a Riccardo Cazzola al triplice fischio finale rappresentano ricordi indelebili di quella cavalcata che ti aveva già visto essere decisivo nella semifinale di andata con il Benevento…
«Ho avuto la fortuna di trovarmi in quelle due circostanze. E credo che, con Giorgio, siamo stati i simboli di quella promozione. Ma questo “titolo” è solo simbolico perché ci siamo arrivati tutti. Senza il gruppo non saremmo riusciti a far nulla. Durante gli allenamenti i “grandi” si mettevano davanti al gruppo e lo stesso Giorgio tirava le “orecchie” e dava l'esempio a tutti. Queste cose sono state fondamentali perchè ti danno una marcia in più rispetto agli altri. Insomma, credo che il gruppo forte che eravamo sia stato il segreto di quella stagione meravigliosa».
Un'impresa, la promozione in B dopo circa 60 anni, che è andata oltre lo sport, lo slogan "Castellammare è Fincantieri" sulle maglie vi ha accompagnato durante i playoff e una lettera di un tifoso che vi chiedeva di vincere per la città e gli operai ha compattato ancor di più un gruppo blindato da Piero Braglia e Salvatore Di Somma. Com'è stato lavora con loro?
«Come hai giustamente detto, quel periodo è coinciso con le difficoltà di Fincantieri. E la città ci aveva trasmesso tutti i problemi che stava vivendo. Noi ci sentivamo in dovere di rappresentare Castellammare in giro per l’Italia e far togliere qualche soddisfazione alle persone in difficoltà. Abbiamo deciso di perorare questa causa con grande piacere. Ricordo ancora quella lettera che ci era arrivata. E, sicuramente, ci ha dato quel qualcosa in più per riuscire a conquistare la vittoria. Braglia e Di Somma hanno due caratterini particolari che fanno bene allo spogliatoio. Chiedono sempre di più e chiedono sempre il meglio. Sono due persone che ti danno le motivazioni giuste. Insomma, anche loro sono stati fondamentali per fare quello che siamo riusciti a fare».
La tua seconda stagione ricorda un po' quella attuale, impiegaste un po' di tempo prima di carburare, poi sfioraste una qualificazione ai playoff che sarebbe potuta diventare realtà senza la penalizzazione. Qual è la partita che ricordi con maggior piacere?
«Come hai detto, abbiamo fatto molta fatica all'inizio. Eravamo un po’ frastornati. Era come se stessimo ancora festeggiando senza aver capito che il campionato cadetto fosse iniziato. Inoltre, la condizione fisica ottimale ci ha messo un po’ ad arrivare. La Juve Stabia del presente ricorda molto quella stagione. La partita che ricordo con maggior piacere? Te ne dico tre: quella giocata a Genova con la Sampdoria, quella con il Torino e quella di Nocera perchè rientravo da un infortunio. Ricordo ancora bene quanto fosse pieno il settore ospiti del Ferraris. E, quando vedi queste cose, la mente torna indietro e pensi a qualche mese prima in cui giocavi contro squadre di Serie C poco conosciute».
Hai giocato 6 mesi con Caserta e 2 anni con Mezavilla, ti aspettavi potessero rivelarsi decisivi nelle rispettive vesti attuali?
«Adriano se n’era andato nel 2014, poi è ritornato e ha fatto bene perchè, quando era via, non ha combinato un granché (ride, ndr). Se i valori morali contano, è giusto ciò che stanno raccogliendo perchè sono due persone con valori morali molto alti ed è quello che vorremmo vedere sempre da tutti i calciatori e/o allenatori. Oltre a questo, hanno delle grandi capacità. Fabio lo ho conosciuto come calciatore e per noi è stato un centrocampista di alto livello. E lo sta dimostrando come allenatore. Anche se, devo essere sincero, mi ha sorpreso un po’. Invece, Adriano ha la “pelle dura”, è un brasiliano atipico perchè arriva si e no a dieci palleggi (ride, ndr). Ma, quando lo hai in campo, è tutta un’altra cosa. Tutti gli allenatori vorrebbero un paio di Adriano perchè risolverebbero un sacco di problemi. Oltre ad adattarsi in qualsiasi ruolo, ha le capacità per farlo. Gli ho visto ricoprire diverse posizioni in campo e lo ha fatto sempre molto bene».
Il calcio italiano è ripartito. Cosa ti aspetti da questo tour de force dopo 3 mesi di inattività? Da dove dovrà ripartire la Juve Stabia?
«Ci sarà qualche sorpresa. Una l'abbiamo già avuta, ossia la Coppa Italia. Diciamo che non l'ha vinta la solita Juve (ride,ndr). Ti ripeto, mi aspetto qualche sorpresa perchè si è sballato l’equilibrio che ci poteva essere prima della sosta. Da dove deve ripartire la Juve Stabia? C'è stato un passo indietro dal punto di vista fisico. Prima della sosta, andavano forte. Quindi, secondo me si deve rimettere in riga dal punto di vista fisico il prima possibile perchè non si ha molto tempo a disposizione».
Qual è il tuo giocatore "preferito" di questa squadra?
«Adoravo e adoro Di Gennaro. Oltre ad Adriano, direi Di Gennaro. Non è più un ragazzino, ma ha fatto e sta facendo delle buone stagioni. Anche se non si può non nominare Forte. E’ un attaccante completo che ha fatto e può fare la differenza».
Il campionato non conosce soste, dopo il Livorno le vespe affronteranno Benevento e Salernitana in trasferta nel giro di pochi giorni. Tu sei anche un ex granata, quanto sarà strano giocare un derby tanto sentito in un Arechi vuoto?
«Sarà brutto, non strano. L’Arechi è immenso. Non credo che giocare un derby a porte chiuse possa essere una bella sensazione. Come ti dicevo, spero che la loro condizione fisica migliori per fare queste due partite alla grande».
Attualmente di che cosa ti occupi?
«Ho lasciato il calcio. Ora sto lavorando in un centro di diagnostica. Poi, ho un bed&breakfast vicino a Chieti. Si chiama “B&B Dimora Rossipinti”. Insomma, faccio diverse cose, ma non nel mondo del calcio».
Il tecnico delle vespe entusiasta per la qualificazione ai Play Off, ma avverte: «Il focus è sul presente. America? È il viaggio che conta. Buglio? L'infortunio è meno grave del previsto, è un giocatore essenziale per noi.»