Cronaca
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Castellammare e la banalità del male: violenza e degrado nel territorio stabiese

I fatti di cronaca degli ultimi giorni sono esemplificativi di una città ostaggio della meschinità e della violenza di pochi. Una situazione insostenibile che richiede una collettiva presa di coscienza.

tempo di lettura: 3 min
di Luca Piedepalumbo
11/08/2020 12:28:56

Castellammare è ostaggio della meschinità e della violenza di pochi, i quali, inevitabilmente, fanno più 'rumore' dei tanti che fermamente e coraggiosamente contrastano un certo stile di vita caratterizzato da delinquenza, criminalità, superficialità e incapacità di vivere secondo le regole di una società civile ed evoluta. Prima il pestaggio ad opera del branco ai danni di un passante, poi rivelatosi appartenente alle forze dell'ordine, reo di non essersi voltato dall'altra parte dinanzi ad una rissa tra giovani in pieno centro cittadino. Poi l'accoltellamento di una diciottenne per mano di una sua coetanea, per futili motivi, all'esterno di uno dei tanti locali della movida presenti nella periferia stabiese. Ancora, come se non bastasse, le percosse inflitte da un gruppo di ragazzi, forse a scopo vendicativo o intimidatorio, nei confronti di un dipendente di un noto parcheggio situato nel cuore della città stabiese. Episodi non isolati che rendono Castellammare una città insicura e sicuramente pericolosa. Atti di violenza becera e gratuita che fanno accapponare la pelle. "Guappi" che si credono padroni del territorio, che agiscono con fare vigliacco e vile. Arroganti di quartiere che sono profondi antagonisti del progresso, della cultura e della modernità. Persone che vivono nell'anarchia, nel caos e nel degrado perché in una società civile non avrebbero alcun ruolo, nessuna dimensione. Personaggi con cui, purtroppo, Castellammare convive da decenni, forse secoli. Un cancro che, progressivamente e quasi senza opposizione alcuna, ha consumato e distrutto quanto di bello il territorio potesse offrire. Una città, insomma, martoriata da atteggiamenti aggressivi ed omertosi e costantemente umiliata da fatti di cronaca che hanno spesso e volentieri risonanza a livello nazionale. Poca valenza ha, a questo punto, autoproclamarsi città turistica o concorre per aggiudicarsi il titolo di 'capitale della cultura': una mossa forse azzardata sulla base degli ultimi avvenimenti. Un tentativo goffo e subdolo di camuffare tutto il marcio esistente dietro una bellezza soltanto apparente, mai veramente tangibile. Una città idealizzata ed esaltata dai suoi stessi abitanti, che avrebbe bisogno, però, non di una sorta di devozione fine a se stessa, ma di interventi concreti e di una presa di coscienza collettiva circa lo status quo. Riecheggia, inevitabilmente, anche se su un piano totalmente diverso, il concetto relativo alla banalità del male, fatto proprio da Hannah Arendt. Banalità del male individuata nel profilo di Eichmann, così come tracciato dall'autrice del saggio: "Non era stupido: era semplicemente senza idee...". Ci riferiamo all'evidente superficialità e all'intrinseca mediocrità ed ignoranza del criminale di turno o del gruppo di teppisti che rende impossibile ricondurre l’incontestabile malvagità dei loro atti a un livello più profondo di cause o di motivazioni. Negazione di responsabilità, omissione della riflessione morale sul proprio agire, piccoli ma crescenti compromessi con il male: la banalità del male inizia nell’abituarsi al male nel piccolo e nella progressiva cecità nei confronti del bene. Allora il male diventa addirittura tollerabile e spesso si tende a chiudere gli occhi dinanzi ad esso, semplicemente ignorandolo. È così che pian piano avviene un’erosione del fondamento morale del soggetto o, nel nostro caso, del sentimento di civiltà e benessere di un'intera città. Una situazione critica, ma non irreversibile. "Noi siamo di più": un motto che ci ha accompagnato in questi giorni e che dovrebbe essere fatto proprio da ognuno di noi. Il problema è culturale ed ha radici ben salde, ma cambiare non può e non deve essere esclusivamente mera utopia.

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