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L'impatto dei centri di intrattenimento sull'occupazione locale

tempo di lettura: 3 min
03/09/2025 15:17:59

I centri di intrattenimento non sono solo luoghi di svago: spesso, più di quanto si pensi, tengono in piedi pezzi interi di economia locale. Discoteche, casinò, sale giochi, locali per eventi sono veri e propri ecosistemi, più che semplici spazi. L’effetto sul lavoro non si ferma ai contratti del personale di sala; si allarga, a volte in sordina, su turismo, ristorazione, trasporti, commercio di prossimità. Comprendere il funzionamento di questi ingranaggi aiuta a leggere il ruolo strategico che tali centri giocano nell’economia dei territori e, con molte sfumature, nella loro vita sociale.

L'occupazione diretta: giovani al primo lavoro

Le opportunità immediate offerte sono spesso molto concrete. Nelle discoteche, ad esempio, la quota di under 30 supera il 36% secondo diverse rilevazioni. Molti firmano qui il primo contratto, con tutti i vantaggi e i limiti noti. I casinò e le sale slot aprono ventagli di ruoli: croupier, baristi, addetti alla sicurezza, tecnici di manutenzione. Il tipo di esperienza lavorativa varia: si passa dalla formazione specifica per i giochi da tavolo a mansioni più generaliste nel food & beverage. Per molti si tratta di una porta d’ingresso che diventa palestra professionale grazie ai turni serali, ai ritmi irregolari e alle competenze acquisibili e spendibili altrove.

L'effetto moltiplicatore sul territorio

L’indotto, considerando i dati, incide ancora di più. Stando a stime di settore, circa il 59,5% del fatturato dei club arriva dai turisti. Questo dato evidenzia un comportamento: chi viene per una serata o per tentare la fortuna non spende soltanto all’interno del locale. Prenota camere, sceglie un ristorante o un pasto veloce, chiama un taxi, noleggia un'auto e talvolta effettua acquisti il giorno dopo. Si genera così un effetto domino. Il lavoro nasce anche in ambiti inaspettati e spesso non viene conteggiato per intero.

I grandi eventi come catalizzatori economici

Un caso noto è Expo Milano. Non rappresenta l’unico modello possibile, ma ha mostrato quanto un evento di grande scala possa generare occupazione. Sono stati creati circa 87.000 nuovi posti tra accoglienza, ristorazione, commercio e trasporti. Molti sono temporanei, ma una parte di questi posti si consolida quando resta la domanda o le competenze acquisite trovano impiego stabile. Diverse città italiane potrebbero sfruttare meglio questa opportunità; serve coordinamento oltre che un semplice calendario di eventi.

Presidi sociali e culturali

Questi luoghi non sono soltanto casse e piste: agiscono da presidio sociale, soprattutto per i giovani. Non si tratta solo di lavoro, ma anche di presenza, rituali e di una comunità che resta viva, specialmente nei centri urbani e nelle mete turistiche. Quando chiudono, si crea un vuoto evidente. La pandemia lo ha reso chiaro: con i locali chiusi si indeboliscono l’occupazione diretta e indotta, le strade si svuotano, i ragazzi si spostano altrove e il commercio di vicinato si riduce. Non tutto era inevitabile, ma l’effetto a catena è stato netto.

Le sfide e il futuro del settore

Il settore viene spesso considerato marginale. Tuttavia, rimane una delle poche porte d’accesso al lavoro per chi inizia. La sua tenuta è quindi una questione strategica per l’attrattività dei territori. Negli ultimi anni, secondo i dati, oltre 2.100 locali hanno chiuso in Italia, con migliaia di posti a rischio. Tra le possibili soluzioni vi sono regole chiare, costi sostenibili, formazione anche oltre i ruoli base, e politiche urbane che riconoscano il valore dell’intrattenimento. La vitalità di questi spazi non si limita alla contabilità: riflette l’identità dei luoghi e, in molti casi, il livello di vivibilità di un quartiere.

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