Sabato mattina, sole verticale e silenzio: al Parco delle Antiche Terme non c’è quasi nessuno. Poche presenze, poche attrazioni, nessuna ombra salvifica. L’immagine arriva a mesi dalla riapertura estiva di un luogo simbolo, restituito ai cittadini ma senza la fruizione delle acque, il cuore identitario di quell’area. È la fotografia di una scelta amministrativa che divide: da un lato chi applaude il gesto, dall’altro chi domanda conto di oltre centomila euro investiti per una riapertura che, al momento, non scalda i numeri.
Il parco è tornato accessibile nei mesi scorsi con una promessa implicita: ricucire un legame spezzato, riaprire un cancello che per anni è stato sinonimo di distanza tra città e memoria. Molti cittadini hanno letto l’iniziativa come un segnale: rimettere “in scena” un simbolo è il primo passo per curarlo. In questo racconto, la riapertura non è un punto d’arrivo ma una soglia, un invito a immaginare cosa potrà diventare quando le acque torneranno - un giorno - ad essere parte viva dell’esperienza.
Eppure, il controcanto è netto. I detrattori fissano lo sguardo su un dato: la spesa, ritenuta eccessiva in rapporto a una fruizione limitata e a un’offerta povera di contenuti. La domanda è semplice e spigolosa: aveva senso riaprire senza ripensare radicalmente l’uso degli spazi, senza ombra e senza un palinsesto capace di portare gente qui di giorno, non solo in occasione di eventi sporadici? Il sabato mattina, con l’estate al culmine, è un test crudele ma sincero: aiuole ordinate, vialetti vuoti, un caldo che spinge altrove.
Tra le due letture c’è la città vera, sospesa tra simbolo e sostanza. Il Parco delle Antiche Terme è un campo di prova: può essere un cantiere di fiducia - aperto, visibile, perfettibile - oppure la cartolina di un’occasione mancata. E la differenza la faranno i prossimi passi concreti: tempi, idee, programmazione, la capacità di abitare questo luogo e non solo di aprirlo. Restituire un simbolo è gesto potente; renderlo vivo è lavoro paziente.
La fotografia di oggi non è una sentenza, ma un promemoria. Ricorda che i simboli non si accendono con un interruttore e che il consenso non si misura alla conferenza stampa, bensì sul prato, tra le persone che scelgono (o no) di venire. Qui, in una mattina d’estate, l’ago pende verso il vuoto. Ma proprio per questo il bivio è nitido: se la riapertura resterà un’apertura e basta, l’immagine del sabato mattina diventerà abitudine; se invece sarà l’inizio di una narrazione coerente -fatta di servizi, ombra, contenuti, ritorno delle acque - questa stessa foto diventerà il “prima” di una storia migliore.
Decide Burnete nel sesto test precampionato. Il tecnico: «Siamo in costruzione, ma c’è lo spirito giusto. La squadra deve essere solida e vogliosa di recuperare palla»