Il nuovo ospedale di Castellammare di Stabia, tra le opere pubbliche più attese e costose della Regione Campania, era già finito nel mirino della criminalità organizzata. È quanto emerge dall’inchiesta “Domino III”, che svela il piano del clan D’Alessandro di inserirsi nei lavori del futuro nosocomio, destinato a sorgere nell’area dismessa delle Nuove Terme.
Un’intercettazione tra un affiliato alla cosca di Scanzano e la moglie rivela come la camorra avesse già pianificato il controllo degli appalti. In una conversazione si accenna a un “affare pronto a partire”, con l'indicazione dei nomi dei boss che avrebbero gestito i proventi.
Mentre la moglie lamenta il declino economico e sociale della città, il marito la rassicura citando proprio l’imminente cantiere del nuovo ospedale: un appalto da oltre 200 milioni di euro, che il clan avrebbe voluto trasformare in una fonte di guadagno e potere. Un copione che, secondo la Dda, si ripete da anni.
Dai servizi di igienizzazione alle ambulanze, fino alla fornitura di mascherine durante la pandemia: gli inquirenti tracciano una lunga scia di infiltrazioni. E non solo nella sanità.
L’inchiesta restituisce così l’immagine di una camorra che si adatta ai tempi, seguendo i flussi di denaro pubblico e puntando ai grandi appalti come nuove fonti di controllo del territorio. Il nuovo ospedale di Castellammare, ancora in fase di progettazione, diventa così una sfida cruciale: garantire che un’opera nata per la salute e lo sviluppo non finisca, ancora una volta, sotto l’ombra lunga dei clan.
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