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Castellammare - I giudici confermano: «L'ombra dei D'Alessandro dietro l'omicidio di Tommasino»

Sono state depositate le motivazioni della sentenza della Corte d'Appello di Napoli. «Gli imputati concordano sull'ipotesi che un pregiudicato stabiese ritenesse Tommasino un soggetto scomodo per l’organizzazione».

tempo di lettura: 2 min
di Simone Rocco
03/08/2016 14:06:08

Fu il clan D'Alessandro a ordinare l'omicidio di Gino Tommasino. Questa è l'estrema sintesi delle motivazioni della sentenza emessa a giugno dalla Corte d'Appello di Napoli in relazione all'omicidio del consigliere comunale del Pd avvenuto il 3 febbraio 2009 in pieno centro a Castellammare di Stabia. «Il movente - si legge nelle motivazioni appena depositate - è certamente quello di eliminare una persona divenuta scomoda per l’associazione. In fatto specifico non era chiaro a Belviso e Polito, ma essi concordemente affermano di avere avuto l’indicazione di commettere l’omicidio da un pregiudicato stabiese, che riteneva Tommasino un soggetto scomodo per l’organizzazione». Salvatore Belviso e Raffaele Polito erano stati condannati rispettivamente a 18 e 12 anni di reclusione, mentre a giugno i magistrati napoletani avevano comminato 30 anni di carcere a Renato Cavaliere e Catello Romano. E proprio Cavaliere, divenuto collaboratore di giustizia, aveva confermato che dietro il diletto si cela l'ombra di Vincenzo D'Alessandro, dal momento che, a suo dire, Tommasino avrebbe favorito altri piuttosto che il clan nell'ambito della gestione delle sosta a pagamento sulle strisce blu nel Comune di Castellammare. Cavaliere, inoltre, aveva intuito che Raffaele Polito era sul punto di pentirsi ed aveva fatto richiesta ai D'Alessandro di aumentargli la paga in quanto, come si legge nella trascrizione di un'intercettazione, gli stavano facendo “fare la fame”. Sia Polito che Belviso poi sono divenuti collaboratori di giustizia. «Ero il reggente del clan e avevo carta bianca dal boss Vincenzo D'Alessandro per eliminare tutte le persone che intralciavano i nostri interessi, come Gino Tommasino - aveva affermato Cavaliere poco prima della sentenza -. Ho vissuto una vita sbagliata. Abbiamo fatto cose, fanno cose e faranno cose che neanche gli animali. Gino Tommasino è stato ucciso perché dava fastidio agli interessi del clan». Quel pomeriggio invernale di sette anni fa è ancora impresso nella mente degli stabiesi. Tredici colpi di pistola esplosi sul viale Europa, arteria tra le più trafficate del centro di Castellammare. Nell'auto, andata a sbattere contro una vetrina nei pressi dell'incrocio con via Einaudi, il cadavere di Tommasino con la testa reclinata verso destra e il figlio ancora minorenne, scampato per miracolo alla morte.

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