5% appalti pubblici, 3% appalti privati. Sono queste le percentuali standard che i D’Alessandro applicavano a tutti i cantieri che si aprivano a Castellammare di Stabia. Secondo quanto emerso nell’inchiesta Tsunami che ha scoperchiato il sistema delle estorsioni di Scanzano, la cosca controllava attentamente tutto il territorio stabiese per non perdere nessun tipo di lavoro. Gli affiliati della cosca giravano per i quartieri e informavano il boss Vincenzo D’Alessandro che spesso convocava gli imprenditori per imporre loro il “regalo” allo storico clan. Un modo per mantenere viva «l’educazione» che bisognava avere nei confronti della camorra stabiese. Educazione che secondo il luogotenente dell’associazione criminale si era persa nel momento in cui era stato arrestato.
«Io tengo mente» diceva in napoletano il capo della cosca: niente passava inosservato a “Enzuccio” di Scanzano. Come ha ripetuto più volte ai vari imprenditori che incontrava spesso nella sua abitazione, i D’Alessandro erano sempre a conoscenza di tutto perché «la gente ci vuole bene, le cose ce le dice. Noi facciamo la carità». Vincenzo D’Alessandro contava sull’aiuto delle persone che per paura lo informavano di quanto accadeva in città considerato che lui in più di un’occasione è stato lontano da Castellammare.
Ma quando bisognava imporre un’estorsione il figlio di Michele D’Alessandro tornava nel comprensorio stabiese, incontrava la vittima in compagnia di Renato Cavaliere o altri affiliati e obbligava il pagamento di una cospicua somma di denaro da consegnare ai suoi uomini. Per far rispettare la sua volontà in più di un’occasione ha ripetuto: «Io non sono Enzuccio ora, sono la mia famiglia. Non conta il nome, conta il cognome». Una figura che incuteva paura ai singoli imprenditori che dovevano sottostare alla sua volontà anche perché Vincenzo D’Alessandro «una strada conosceva e quella doveva portare avanti». Alle sue vittime diceva: «So fare solo il malavitoso e quando lo faccio vi dovete calare tutti. Se invece parliamo di cose pulite, alzo le mani».