Ignazio Abate è arrivato alla Juve Stabia con l’etichetta di ex bandiera del Milan e di giovane allenatore emergente. Per qualcuno è “solo” l’ex terzino destro velocissimo dei tempi di San Siro; in realtà, dietro il nuovo tecnico delle Vespe c’è una storia piena di dettagli interessanti che spiegano perché il club campano abbia deciso di affidargli la panchina per il suo percorso in Serie B.
Di seguito, cinque curiosità per conoscere meglio Abate allenatore e uomo, andando oltre l’immagine del laterale tutto corsa che ricordiamo in maglia rossonera.
Cresciuto nel vivaio del Milan, Abate ha esordito con la prima squadra a 17 anni in Coppa Italia contro la Sampdoria. Pochi giorni dopo, il 9 dicembre 2003, è arrivato anche il debutto in Champions League contro il Celta Vigo: a 17 anni e 27 giorni è diventato il più giovane giocatore del Milan a scendere in campo nella massima competizione europea per club. Un’investitura importantissima, anche perché un club come il Milan - per blasone e importanza - è praticamente sempre tra le favorite secondo le quote champions league in ogni annata in cui vi prende parte.
Quel battesimo europeo, vissuto da giovanissimo in uno spogliatoio pieno di campioni, è una delle esperienze che Abate cita spesso quando parla di cosa significhi “entrare in punta di piedi” in un contesto di altissimo livello. Non stupisce che, una volta appese le scarpe al chiodo, abbia scelto di ripartire proprio dal settore giovanile: nel 2021 il Milan lo affida all’Under 16, che lui porta fino alla finale scudetto, per poi promuoverlo alla guida della Primavera, con cui arriva alla finale di UEFA Youth League nel 2023/24.
Per Juve Stabia questo background significa avere in panchina un tecnico abituato a lavorare con ragazzi in crescita, a gestire pressioni e percorsi di maturazione, un tema cruciale in una Serie B che sta diventando sempre più laboratorio per giovani talenti.
Abate è stato uno dei simboli del Milan di Allegri che ha vinto lo scudetto 2010-11. In quella stagione, schierato stabilmente terzino destro dopo gli anni di prestiti in giro per l’Italia, si è imposto per una caratteristica oggi ovvia ma all’epoca meno comune: essere un difensore in grado di garantire ampiezza e spinta costante, con accelerazioni devastanti sulla fascia.
Le sue qualità atletiche – velocità pura, resistenza, capacità di “strappare” in transizione – sono diventate una sorta di marchio di fabbrica. Questa identità da terzino ultra-offensivo si riflette anche nelle sue idee da allenatore: alla Primavera del Milan ha spesso proposto un calcio verticale, basato su esterni molto alti, aggressività nel pressing e coraggio nel tenere la linea difensiva parecchi metri oltre la propria area.
Alla Juve Stabia, dove eredita una squadra reduce da una stagione brillante e molto dinamica, questa mentalità può diventare un punto di continuità: Abate non è un allenatore “speculativo”, preferisce costruire partita e identità attraverso l’iniziativa, piuttosto che reagire soltanto all’avversario.
La storia di Abate allenatore ha già un tratto marcatamente europeo. Con il Milan Primavera, infatti, è stato protagonista di un lungo cammino in UEFA Youth League, fino alla storica qualificazione alla finale del 2024, la prima per una squadra italiana nella competizione, dopo il successo in semifinale ai rigori contro il Porto.
Quella cavalcata, spesso definita dai media italiani come una sorta di “Champions dei giovani”, ha consolidato la sua reputazione di tecnico preparato sui dettagli tattici e sulla gestione delle partite a eliminazione diretta, contro avversari e scuole calcistiche diverse.
Prima di arrivare a Castellammare di Stabia, Abate ha vissuto un apprendistato da allenatore professionista decisamente movimentato. Nel 2024 la Ternana lo sceglie come tecnico per la Serie C: con gli umbri mette insieme una stagione di alto profilo, fatta di 21 vittorie, 9 pareggi e 4 sconfitte, restando stabilmente in lotta per il primo posto nel girone.
Nonostante la classifica molto positiva, il rapporto con la società si incrina: arriva un primo esonero, poi un clamoroso dietrofront con richiamo immediato in panchina e, infine, un secondo esonero a inizio aprile, quando la squadra è ancora nelle posizioni di vertice.
Questa sequenza di eventi ha mostrato due aspetti di Abate: da un lato la capacità di tenere compatto il gruppo nonostante le turbolenze societarie, dall’altro la volontà di rimanere fedele alle proprie idee anche a costo di attriti interni. Juve Stabia ha scelto un allenatore che ha già sperimentato quanto possa essere complesso il mestiere in un contesto professionistico, e che arriva in Campania con una buona dose di anticorpi alla pressione.
Nel giorno della presentazione ufficiale, Abate ha parlato di “umiltà” e “voglia di lavorare” come parole chiave del suo progetto, mentre il presidente Langella lo ha definito un profilo giovane, con stimoli forti e capacità di crescere insieme alla società.
Non si tratta solo di frasi di circostanza: fin dai tempi delle giovanili rossonere, Abate ha insistito sul concetto di appartenenza e di identità di squadra, chiedendo ai suoi giocatori grande disponibilità al sacrificio, ma anche libertà nel proporre giocate offensive, purché dentro un quadro di regole chiare. La stessa filosofia sembra destinata a trasferirsi ora alla Juve Stabia, dove l’obiettivo dichiarato è consolidarsi in Serie B, valorizzare il patrimonio tecnico a disposizione e, se possibile, continuare a stupire dopo la stagione della promozione e del piazzamento playoff.
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