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Gragnano - Le vie dell'acqua nell'ager stabianus

Scoperto un secondo acquedotto di epoca romana nell’area stabiese.

tempo di lettura: 2 min
04/06/2021 16:12:26

Il territorio stabiese, un tempo ager stabianus, non smette mai di stupirci, dopo lunghe ricerche effettuate sul campo con esplorazioni dei sentieri dei monti lattari, siamo giunti a delle importanti conclusioni che rivoluzionano le conoscenze sull’antica Stabiae. Abbiamo iniziato questo 2021 con una notizia straordinaria che rappresenta un punto di svolta per i nostri studi sulle fonti di approvvigionamento idrico dell’antica Stabiae, affermando che l’Acquedotto di Quisisana è di origine Romana e non Borbonica e come l’acquedotto non giungesse sino al porto ma alimentasse la zona collinare, contrariamente alla storiografia che ci è stata tramandata fino ad oggi. Quindi ci siamo posti un altro quesito, da dove arrivava l’acqua che alimentava la città romana sulla collina di Varano?
Dopo accurate ricerche condotte sul campo oggi compiamo un altro passo fondamentale, perché l’acquedotto della valle dell’imbuto a Gragnano potrebbe essere anch’esso di origine romana. Siamo giunti a questa conclusione grazie alla comparazione della struttura con quella di Quisisana, uno speco a sezione rettangolare di cm 35 x 60 (circa 14 pollici per 24) che corre all’interno di una struttura in pietra calcarea perfettamente intonacata sia sul fondo che sulle pareti. I Romani costruivano queste incredibili opere di ingegneria idraulica per utilità pubblica, già questo è un indizio importante da non confondere con gli utilizzi in epoca medioevale o borbonica. Un acquedotto aveva dei costi molto elevati, lunghezze di svariati km, circa 6 nel caso dell’acquedotto della Valle dell’Imbuto, e richiedeva continua manutenzione e poteva attraversare la proprietà pubblica e privata.
Delle vere e proprie autostrade dell’antichità che ci piace definire le vie dell’acqua. Le arcate visibili nelle foto sono solo la parte che emerge dal suolo, ma l’acquedotto continua il suo percorso coperto dalla pietra calcarea e perfettamente mimetizzato nella vegetazione. Lo abbiamo seguito per circa 3 km, dalla sorgente alla fine di via Serbatoio. Ma esso continua tra campagna ed edifici fino alle strutture ancora visibili a Piazza San Leone. L’urbanizzazione dell’area ha cancellato molte tracce del percorso, ma è possibile che lo speco continui il suo sviluppo lungo la valle fino alla collina di Varano perfettamente mimetizzato nella vegetazione.
I romani utilizzavano le arcate solo dove era estremamente necessario in quanto molto costose, essi preferivano seguire l’andamento della valle adeguando le pendenze in base all’orografia del suolo, coprivano lo speco per motivi igienico sanitari e per evitare che l’acqua venisse esposta ai raggi solari riscaldandola. Tutto ciò viene descritto nel trattato sugli acquedotti di Sextus Iulius Frontinus nel I d.C.
Siamo già sulle tracce di un terzo acquedotto che completava il rifornimento idrico dell’ager stabianus.

Archeoclub D'Italia - Stabiae

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