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Confiscato il “Castello delle Cerimonie” per abusivismo edilizio. La struttura, appartenente alla famiglia Polese e divenuta famosa grazie ad una serie televisiva andata in onda sul canale Real Time, è passata al Comune di Sant’Antonio Abate. La confisca interessa sia gli immobili che i terreni su cui sorge l’albergo di lusso. La decisione è stata presa ieri dai giudici della Corte di Cassazione, ma la vicenda giudiziaria della Sonrisa ha avuto inizio nel lontano 2011, quando gli inquirenti hanno contestato una lunga serie di abusi edilizi, cominciati nel 1979, su un’area di oltre 40mila metri quadri. Successivamente, nel 2016, il tribunale di Torre Annunziata ha condannato a un anno di reclusione con pena sospesa Rita Greco, la defunta moglie del "Boss delle Cerimonie" Antonio Polese, e Agostino Polese, fratello e amministratore della società. La sentenza di primo grado è poi stata in parte riformata dalla Corte d’Appello di Napoli e soltanto ieri la Cassazione ha confermato la confisca e sancito la prescrizione dei reati contestati agli indagati. L’immobile abusivo, essendo stato affidato al Comune, dovrà essere demolito oppure utilizzato per scopi di pubblica utilità. “È un verdetto inatteso che ci colpisce molto – commenta Ilaria Abagnale, sindaco di Sant’Antonio Abate – poiché si tratta di una struttura ricettiva importante per il nostro territorio, inserita nell’economia e nel tessuto di Sant’Antonio Abate, punto di riferimento per tutta l’area e che da anni offre lavoro a centinaia di famiglie, non solo abatesi. Al momento non ci è stato notificato nulla, daremo seguito alla sentenza e alle attività necessarie da mettere in campo in rapporto alle circostanze sopraggiunte, con il massimo della trasparenza e nel rispetto della legalità”.
“Riteniamo di aver subito un’ingiustizia, che forse la Cassazione non ha neanche letto le carte e che sia stata fatta una valutazione a senso unico – afferma Ciro Polese, uno dei soci e proprietari del Castello – Stiamo considerando con gli avvocati cos’altro fare, credo che ci appelleremo alla Corte di Strasburgo, per essere valutati da una Corte imparziale.” Da anni La Sonrisa offre lavoro a più di 200 famiglie. “Siamo tutti avviliti, insieme alle nostre circa 300 famiglie che lavorano con noi tra diretto e indotto. Pensavamo che la giustizia fosse diversa, che con i reati finiti in prescrizione non si procedesse in questo modo, non ce l’aspettavamo questa decisione”, sostiene Polese e sul futuro dell’attività dichiara apertamente: “Ora non so cosa accadrà. Al momento stiamo continuando a lavorare perché il Tribunale ci ha affidato l’azienda, proprio per non mandare a casa i lavoratori. Speriamo che anche il Comune possa farlo. O che in futuro si occupino della struttura una o più associazioni, che non mandino a casa i nostri dipendenti. Noi continueremo la nostra battaglia”.