La conferma di tutte le pene inflitte in primo grado. A prendere la parola, dinanzi alla seconda sezione penale della Corte d'Appello di Napoli, è il sostituto procuratore generale chiamato a formulare la richiesta di pena per la pubblica accusa nel processo a carico del clan soprannominato degli “emergenti”di Castellammare di Stabia. Il risultato è la conferma dei centotrenta anni e sei mesi di carcere inflitti ai loro danni in primo grado. Nessuno sconto nel secondo grado di giudizio a carico di Massimo Scarpa, Michele Omobono e altri sei rappresentanti degli “Emergenti”, contrapposti al clan D’Alessandro per il controllo dell’attività criminale sul territorio di Castellammare di Stabia. Oltre ai due promotori del sodalizio, Mario Cannavale, Raffaele Carolei, Giovanni Savarese, Raffaele Martinelli, Aniello Omobono e i due collaboratori di giustizia Luciano Fontana e Ferdinando D’Antuono sono considerati tra i protagonisti di una sanguinosa faida che nel 2004 vide la morte di due uomini del clan D’Alessandro, Giuseppe Verdoliva e Antonio Martone. Per tutti l’accusa è di associazione di stampo mafioso finalizzata alle estorsioni e al traffico di sostanze stupefacenti. Secondo la procura generale il secondo grado di giudizio non ha evidenziato alcun elemento per detrarre anni di carcere dalla sentenza inflitta al clan stabiese. Una sentenza dura basata su una lunga serie di intercettazioni e le rivelazioni dei due pentiti permisero alla prima sezione del tribunale di Torre Annunziata di infliggere in primo grado di giudizio condanne per un totale di centotrenta anni e sei mesi di reclusione. Puniti i reati accertati tra febbraio e ottobre 2004 e che ammontano a sette estorsioni consumate e tre tentate, tutte a Castellammare di Stabia. Secondo la pubblica accusa, rappresentata in quel procedimento dalla pm Dda Antonietta Troncone, il clan avrebbe cercato di controllare anche il traffico di sostanze stupefacenti avvalendosi della collaborazione di cosche limitrofe. Il collegio, presieduto da Antonio Fiorentino, individuò in Omobono e Scarpa i due promotori del sodalizio criminale condannandoli rispettivamente a ventotto e diciotto condannato per associazione ed estorsione a ventuno anni di carcere. Meno dure le condanne che furono inflitte a Carolei, Martinelli e Savarese: Nove anni e sei mesi per i primi due e dieci anni per il terzo. Severa anche la pena a carico dell’altro Omobono, Aniello, a cui sono vennero inflitti diciassette anni di reclusione. Discorso a parte per le pene inflitte ai due collaboratori di giustizia, Luciano Fontana e Ferdinando D’Antuono, che usufruirono dei benefici di legge derivanti dalla collaborazione: Nove anni e undici mesi per il primo, nonostante il riconoscimento del reato estorsivo, mentre sette anni e sette mesi al secondo. Sul clan grava anche una sentenza di primo grado a due ergastoli e tre condanne a venticinque anni di carcere per gli omicidi Martone e Fontana, anch’essa appellata. Questo procedimento svoltosi dinanzi alla quarta sezione della Corte d'Assise Appello del tribunale di Napoli, si concluderà a metà mese quando nell'ultima udienza calendata la corte si ritirerà in camera di consiglio per pronunciare la seconda sentenza per la faida stabiese. Toccherà, invece, al folto collegio difensivo perorare la causa degli otto imputati nel processo per associazione nelle udienze riservate alle arringhe che partiranno da fine febbraio per arrivare alla sentenza che verrà emessa invece a marzo inoltrato.