Napoli Calcio

Viaggio nel Club Napoli Novara Partenopea: Dove il cielo è più azzurro: Novara, un faro importante per i tifosi del Napoli

Il presidente Ciro Giorgio ci guida tra storia, emozioni e una comunità che ha trasformato Novara in una seconda casa azzurra.

di Giovanni Minieri


Ci sono passioni che non conoscono confini, distanze o coordinate geografiche. Ci sono amori che nascono in una città ma riescono a espandersi ben oltre i suoi orizzonti: come un richiamo antico, familiare, che attraversa regioni, dialetti e storie personali. Il Napoli è uno di questi amori. E a volte, per comprenderne davvero la forza, basta osservare cosa accade lontano da casa, dove l’azzurro diventa più di un colore: diventa identità, appartenenza, radici che continuano a crescere anche se trapiantate altrove.

A Novara, a centinaia di chilometri dalla baia partenopea, c’è un luogo in cui questo legame prende forma, si fa voce, si fa cuore. Un luogo dove ogni gol è un abbraccio collettivo, ogni partita un ponte ideale verso il Sud. Questo luogo ha un nome semplice e diretto, quasi scontato nella sua intensità: il Club Napoli Novara Partenopea. Ma ciò che lo rende speciale non è soltanto la sua esistenza: è l’anima che lo ravviva, la dedizione quotidiana, l’energia pulsante che lo rende un punto di riferimento per centinaia di tifosi lontani dalla loro città ma mai lontani dalla loro fede calcistica.

Ciro Giorgio, presidente del Club Napoli Novara Partenopea, è l’architetto di questa piccola grande comunità azzurra: un uomo che ha trasformato una passione in un progetto, un’idea in una casa accogliente per tutti coloro che portano Napoli nel cuore, anche quando la vita li ha condotti lontano. Per lui, questo Club è prezioso: è una famiglia allargata, è la dimostrazione tangibile che la passione, quando è autentica, riesce a resistere a tutto. Anche ai chilometri. Anche al tempo. Anche alle sconfitte.

Nel suo racconto c’è la storia di chi non ha mai smesso di sentirsi napoletano dentro, anche quando il cielo sopra la testa è più grigio che azzurro. C’è la nostalgia che si trasforma in forza, il desiderio di portare un pezzo di Napoli in un territorio diverso, e la capacità di costruire un ambiente che non fa sentire nessuno a disagio. Perché al Club Napoli Novara Partenopea, chi entra non entra solo per vedere una partita: entra per condividere un’emozione.

Questa chiacchierata vuole raccontare proprio questo: l’uomo dietro la passione. Il presidente dietro la bandiera. La persona dietro il ruolo.

Perché, a volte, per capire davvero la forza di un Club, bisogna partire da chi ne custodisce l’anima. E oggi lo faremo insieme, entrando nel mondo di Ciro, nella storia del suo operato, nella sua visione e nelle sue emozioni. Un viaggio che parte da Novara, ma che, come sempre, torna lì dove tutto nasce: al cuore azzurro di Napoli.


Com’è nato il Club Napoli Novara Partenopea,? Qual è stata la scintilla che ha fatto partire tutto?


“Il nostro club è nato nel 2017: quest’anno, a maggio, abbiamo festeggiato gli otto anni di attività. La scintilla è partita da un gruppo di amici — tra cui c’ero anch’io — che già dal 2014 si muovevano insieme per seguire il Napoli in trasferta. Giravamo gli stadi del Nord e, partita dopo partita, ci rendevamo conto che in tante città c’erano già striscioni, club organizzati, realtà strutturate che rappresentavano i tifosi azzurri lontano da casa.

Così, un po’ per entusiasmo e un po’ per spirito di appartenenza, ci siamo detti: “Perché non farlo anche noi?”. A Novara un club azzurro non esisteva più dagli anni ’80, dai tempi d’oro di Maradona. Da lì è nata l’idea, e piano piano il progetto ha preso forma fino a diventare quello che oggi è il nostro club”.


Quanti soci avete, e quanto è forte la comunità napoletana lì a Novara?


“Attualmente il nostro club conta circa 260 soci: negli anni è cresciuto molto e oggi possiamo definirlo a tutti gli effetti una realtà solida. La comunità campana nel territorio novarese è molto numerosa e radicata. In realtà, potremmo avere anche numeri più alti: considera che in provincia di Novara c’è l’esercito, e poco distante c’è l’aeronautica, quindi arrivano molti militari originari della Campania.

Ma non solo: in qualunque ambiente lavorativo della zona — dai trasporti al pubblico impiego, fino agli uffici comunali — trovi tantissimi napoletani. Si stima che circa il 10% della popolazione locale sia di origine campana: parliamo di circa 10.000 persone su un territorio di 100.000-110.000 abitanti. Ovviamente non tutti tifano Napoli, perché non è automatico che l’origine coincida con la fede calcistica, ma resta comunque una presenza molto significativa, una vera forza sociale”.

Cosa significa essere tifosi del Napoli così lontani da Napoli? La distanza da Napoli è un limite o rende la passione ancora più forte?

“Devo dire che la lontananza dalla propria terra non indebolisce l’amore verso le proprie origini. Anzi: lo rafforza. Perché quando vivi lontano, ti ritrovi spesso, purtroppo, a fare i conti con luoghi comuni, pregiudizi, con il sentir parlare male della tua città, della tua regione. E tutto questo, invece di allontanarti, ti fa sentire ancora più legato alle tue radici. Ti spinge a difenderle, a mettere i puntini sulle “i” quando senti cose che non corrispondono alla realtà.

La nostra realtà, Novara Partenopea, nasce anche da questo sentimento profondo. Nel 2017 non ci siamo costituiti solo come un Club Napoli: il nostro primo nome, infatti, è stato Associazione Culturale Club Napoli Novara Partenopea. Questo perché volevamo creare un progetto più ampio, non un semplice circolo calcistico dove il tifo fosse l’unico collante. L’idea era — ed è tuttora — quella di rappresentare la napoletanità a 360 gradi, far comprendere la forza reale, la sostanza vera della nostra terra.

Attraverso le nostre attività abbiamo cercato di raccontare Napoli e la Campania come luoghi di cultura, arte, accoglienza, umanità. Ovviamente la passione per il calcio resta un punto fondamentale, il cuore pulsante. Ma col tempo siamo cresciuti, ci siamo trasformati: oggi siamo un’associazione di promozione sociale, il Club Napoli Novara Partenopea APS. Un passaggio naturale, coerente con i nostri principi e con la nostra missione: unire l’identità campana e napoletana ai valori di umanità, solidarietà e attenzione verso chi è più fragile.

Fin dalla nascita, infatti, non ci siamo limitati alle attività sportive o alla pura aggregazione tra tifosi. Abbiamo sempre lavorato anche sul fronte sociale: iniziative benefiche, collaborazione con altre associazioni, progetti solidali. Non abbiamo mai messo da parte quella che per noi è una vera vocazione: essere un punto di riferimento per chi ha bisogno, per chi è più solo, per chi attraversa momenti difficili. Perché essere napoletani, per noi, significa soprattutto questo: non lasciare indietro nessuno”.

C’è un ricordo, una partita o un’emozione vissuta che ricordi con particolare emozione?

“Guarda, di emozioni ce ne sono davvero tante, perché il Napoli in questi anni ci ha regalato momenti indimenticabili. I due scudetti, ovviamente, restano pietre miliari, ricordi che rimarranno impressi per sempre. E anche al club abbiamo vissuto serate magnifiche, una più intensa dell’altra.

Se però devo scegliere un episodio senza andare troppo lontano nel tempo, mi viene subito in mente una partita: la vittoria del Napoli a Torino contro la Juventus, con il gol di Raspadori. Quella sera successe una cosa curiosissima, quasi simbolica. Noi abbiamo infatti l’abitudine, dopo ogni partita, di scattarci una foto tutti insieme nella nostra sede. Un piccolo rituale che ormai fa parte della nostra identità.

E proprio quella sera, presi dall’entusiasmo, ci scattammo un selfie di gruppo: eravamo tutti uno sopra l’altro, abbracciati, sorridenti, esattamente come ci sentivamo dentro. Poi, poco dopo, il Napoli pubblicò sui social la foto dei giocatori negli spogliatoi: anche loro tutti stretti, in un abbraccio collettivo pieno di gioia. Quando vedemmo quello scatto, rimanemmo stupiti: le due foto erano incredibilmente sim

ili, quasi la stessa immagine ripetuta a centinaia di chilometri di distanza.

Oggi, infatti, nella nostra sede c’è un quadro che conserva entrambi i momenti: sopra la foto dei giocatori, sotto la nostra, con la data e il risultato di quella partita. Per noi è un ricordo speciale, perché quella vittoria non solo fu una gioia immensa — vincere a Torino è sempre una soddisfazione enorme — ma segnò anche la consapevolezza che lo scudetto a quel punto era davvero lì, a portata di mano.

E poi, cosa te lo dico a fare: qui siamo in terra di juventini. Una vittoria a Torino, per noi, vale il doppio. È una partita che rimane sempre scolpita”.


Quali sono gli appuntamenti che il Club vive con maggiore intensità?


“Siamo sempre molto attivi sul fronte sociale, perché per noi il club non è mai stato soltanto calcio. Adesso, ad esempio, stiamo organizzando un’iniziativa natalizia: una merenda e la consegna dei doni a un’associazione che si occupa di ragazzi con disabilità. A ogni bambino consegneremo una scatola di Natale personalizzata, un gesto semplice ma pieno di calore.

Questa attenzione verso i più fragili fa parte di noi da sempre. Dal 2020, dalla morte di Maradona, abbiamo creato un appuntamento fisso: la giornata del pallone. Ogni anno, a ottobre, doniamo una fornitura di palloni alle realtà del territorio che lavorano con i bambini. È un’idea nata da un appello della famiglia di Diego, che sui social invitò tutti a regalare un pallone a un bambino, perché un pallone — dicevano — porta felicità sicura. E noi, ormai da cinque anni, il 30 ottobre, nel giorno del suo compleanno, portiamo avanti questa tradizione.

Poi abbiamo realizzato anche altre iniziative molto significative. Grazie a una compagnia teatrale amica, ad esempio, organizzammo lo spettacolo Non ti pago di Eduardo De Filippo in un teatro “a cappello”, quindi con ingresso a offerta libera. L’intero ricavato — circa 1000 euro — lo abbiamo donato a una cooperativa, La Cometa, che si occupa dell’inserimento lavorativo delle persone con disabilità. Un tema importante, quello del “dopo di noi”: finché ci sono i genitori, c’è una guida e una protezione, ma bisogna pensare anche al futuro, alla possibilità di rendere queste persone autonome, integrate, indipendenti. Quell’iniziativa servì non solo a sensibilizzare, ma anche a regalare una giornata di festa a quei ragazzi: ci mandarono un video bellissimo, pieni di gratitudine, dopo una giornata fuori porta che avevano vissuto grazie a quel contributo.

E poi c’è un ricordo che è rimasto nella storia del club: il panaro solidale durante il periodo del Covid. Ispirandoci a ciò che accadde a Napoli, mettemmo fuori dalla nostra sede due panari pieni di beni di prima necessità. Chi poteva lasciava qualcosa, chi aveva bisogno prendeva. Non era una soluzione ai problemi di quel periodo, certo, ma un gesto di grande forza simbolica, un modo per far sentire che nessuno era davvero solo.

Insomma, il nostro club non è solo tifo. È identità, solidarietà, cultura, presenza sul territorio. E c’è un altro aspetto importante: Novara è una città di passaggio, qui arrivano tante persone per lavoro, soprattutto giovani che si trasferiscono temporaneamente o definitivamente. E spesso la prima cosa che fanno, quando approdano in una città lontana dalla propria terra, è cercare un Club Napoli… proprio come feci io. Per molti diventa un punto di riferimento, una famiglia trovata in un luogo estraneo. I Club Napoli, ovunque nel mondo, rappresentano anche questo: un abbraccio, una casa, un ponte che rende l’integrazione meno dolorosa. E per tanti, credimi, questo fa davvero la differenza”.

Come siete soliti organizzarvi in occasione delle partite sia in casa che in trasferta? 


“Per quanto riguarda le trasferte, noi ci siamo sempre. Nelle partite del Nord c’è immancabilmente una rappresentanza di Novara Partenopea, e lo stesso accade allo stadio Maradona. Spesso partecipiamo anche alle trasferte europee: siamo stati a Manchester, qualcuno è andato a Eindhoven, e presto saremo a Lisbona. Insomma, il nostro club è presente ovunque giochi il Napoli.

L’organizzazione segue sempre la stessa modalità: quando si avvicina una trasferta apriamo il nostro gruppo dedicato e lì condividiamo tutte le informazioni utili, soprattutto per quanto riguarda la vendita dei biglietti. Chiunque, tra soci e simpatizzanti, desideri partecipare può unirsi e avere tutte le istruzioni necessarie.

Poi, in base al numero dei partecipanti, ci organizziamo logisticamente per raggiungere la città della partita. Molto spesso optiamo per le macchine, anche perchè negli ultimi anni i prezzi dei pulmini sono aumentati in maniera esorbitante. Oggi, anche quando siamo in tanti, conviene molto di più organizzare quattro o cinque auto piuttosto che noleggiare un mezzo unico.

Ciononostante, non ci siamo mai fermati. Bologna, Torino, Milano, Udine, Parma… tutte le trasferte del Nord le facciamo sempre. La nostra presenza è costante, è diventata ormai uno standard: dove c’è il Napoli, c’è anche Novara Partenopea”.

Qual è il tuo giudizio sul momento attuale del Napoli?


“Il mio giudizio, al momento, resta sospeso. Prima di tutto vorrei capire davvero cosa sia successo e cosa stia succedendo all’interno dell’ambiente. Se guardiamo ai risultati, è chiaro che siamo di fronte a un’annata iniziata tra alti e bassi che forse non ci aspettavamo. Dopo la conferma dello staff e la continuità data dalla società al progetto, ci si immaginava una maggiore stabilità, meno oscillazioni.

Negli ultimi tempi, poi, sono emerse alcune situazioni non ancora del tutto chiarite. Io mi auguro sinceramente che non si tratti di problemi di spogliatoio, perché — come sai — quando c’è un problema fisico, atletico o tecnico, si può intervenire e correggere. Ma quando ci sono frizioni interne al gruppo, la questione diventa più seria. L’abbiamo già vissuto nel post-Scudetto del 2023, anche se lì la dinamica era diversa: quel gruppo si era lentamente sfaldato dopo aver raggiunto un traguardo storico. Quest’anno invece c’è stata continuità, almeno sulla carta, e proprio per questo fa impressione rivedere certe dinamiche simili.

Io, da tifoso, ho sempre chiesto alla squadra solo una cosa: che in campo diano il massimo e che siano uniti. Mi va bene qualunque risultato, si può anche perdere, fa parte del calcio. Ma voglio vedere undici giocatori che corrono, che lottano, che mettono l’anima e che remano tutti nella stessa direzione. Perdere per questioni tecniche può succedere: puoi incontrare una squadra più in forma, che gioca meglio di te, e amen. Si va avanti.

Ma se si perde perché non c’è unità, perché in campo non ci si comporta da compagni… ecco, quello per i tifosi è irrispettoso e non è accettabile. Spero davvero che eventuali problemi interni vengano risolti al più presto e che si possa tornare a parlare esclusivamente di calcio, di gioco, di campo, senza ombre né tensioni dietro le quinte”


Quali sono i posti più belli di Novara che consigli di visitare ai tifosi che vorranno visitarla?


“Al di là del nostro Club Napoli, Novara offre comunque un centro storico molto caratteristico. È un centro piccolo, quasi un salottino elegante, completamente pedonale, dove ci si può godere una passeggiata tranquilla tra luoghi di interesse culturale, caffè, locali e scorci piacevoli. È un posto dove puoi fermarti, bere un buon caffè e trascorrere del tempo in compagnia, con quella dimensione raccolta che lo rende davvero accogliente.

E poi, basta allontanarsi un po’ dalla città per ritrovarsi immersi in paesaggi splendidi. La provincia, con il Lago Maggiore e il Lago d’Orta, offre scenari naturali meravigliosi, luoghi turistici ricchi di fascino e panorami che meritano assolutamente una visita. È una zona davvero bella da vedere, che sorprende sempre chi arriva da fuori”.


lunedì 24 novembre 2025 - 16:50 | © RIPRODUZIONE RISERVATA

 



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