Cronaca

Castellammare - Capitale della Cultura, Grotta San Biagio e Madonna della Libera: il progetto di Plaitano

«È ora dunque che si riaccendano i riflettori su questa realtà quasi sconosciuta.»

di Valeria Cimmino


Fra le proposte presentate da privati ed associazioni per la candidatura di Castellammare di Stabia a Capitale Italiana delle Cultura 2021, non poteva mancare quella dell'Archivio Giuseppe Plaitano. Da anni infatti Giuseppe Plaitano,“storico per passione”, come ama definirsi,  è uno dei principali promotori e portavoce della memoria della città. É  proprio grazie alla raccolta del suo archivio (tutelato dal Ministero dei Beni Culturali), ed al suo continuo lavoro di ricerca (spesso in collaborazione con altri storici di Castellammare), che oggi abbiamo memoria e conoscenza di tanti temi ed argomenti culturali, legati al nostro territorio e alle nostre tradizioni.

Uno di questi,“Grotta San Biagio”, da anni studiato dallo storico Plaitano e più spesso portato all'attenzione,  è il protagonista (insieme  alla Chiesa di Madonna della Libera) della relazione presentata da “Archivio Giuseppe Plaitano” per il bando comunale.

Grotta San Biagio, l'ipogeo romano che si trova ai piedi della collina di Varano, in corrispondenza delle Ville di Stabiae, chiusa al pubblico, abbandonata alle incurie del tempo, scomparsa dalla memoria storica della maggior parte della collettività, è un vero e proprio scrigno di beni appartenenti al nostro patrimonio storico artistico. Sorge spontaneo chiedersi come mai a “Grotta San Biagio”, un bene culturale sia dal punto di vista artistico ed archeologico, che storico in quanto testimonianza di diverse epoche, non sia mai stata data la giusta rilevanza e soprattutto tutela e valorizzazione.

L'obiettivo quindi del progetto di Plaitano è riuscire a portare alla luce e all'attenzione  questa importante ricchezza archeologica, che andrebbe ad accrescere ulteriormente il patrimonio culturale stabiese. 

Ci racconta lo storico : «L&rsq

uo;ipogeo della grotta di San Biagio è un vero scrigno zeppo di enigmi. Per chi ha avuto la fortuna di entrarvi, sa che lo spettacolo che si presenta alla vista, ha quasi del surreale. Si ha la sensazione di aver oltrepassato una Stargate. Sembra quasi che, attraverso una macchina del tempo, si venga catapultati in un passato così remoto, che risulta difficile comprenderlo. Il ciclo di affreschi sopravvissuti sono di una pregiata fattura se li si paragona a quelli contenuti in altri ipogei conosciuti. Segno evidente che la comunità che ne faceva parte poteva permettersi l’impiego di artisti rinomati. Le figure religiose, che sono affrescate solo sulla parete sinistra,  si svilupparono in varie epoche, che vanno dal VII fino al IX sec; infatti è possibile in alcuni casi scorgere sotto le effigi più recenti, altre più antiche. L’ipogeo, oggi chiuso al pubblico,  studiato in passato da eminenti storici dell’arte quali H. Bertaux, H. W. Schultz, H. Belting ecc. propone all’attenzione mondiale reperti straordinari tra gli affreschi conservati, che vanno dal VII al IX sec., sconosciuti ai più. Ne segnalo in particolare alcuni. Una pittura parietale con la testa del quarto arcangelo Urihel, rarissima poiché tale figura divina fu ricusata dalla Chiesa con concilio di Aquisgrana del 789. Una pittura parietale con la testa di Santa Brigit, vice patrona d’Irlanda, protettrice delle acque sorgive, vissuta nel V sec. e il cui culto fu introdotto in Italia dai monaci irlandesi nel VII sec. Una iconografia unica al mondo. Una straordinaria pittura parietale raffigurante la Madonna col Bambino che regge in mano il bordone del pellegrino, che anticipa ‪di 7/8 secoli l’intitolazione della “Madonna del Pellegrino” del Caravaggio.»

Conclude Plaitano:«È ora dunque che si riaccendano i riflettori su questa realtà quasi sconosciuta.»

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sabato 15 febbraio 2020 - 08:21 | © RIPRODUZIONE RISERVATA

 



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