«Sono sinceramente sconcertato». Con parole dure e senza giri di frase Mario D’Apuzzo, consigliere comunale di minoranza ed ex candidato a sindaco per il centrodestra, interviene nel dibattito politico cittadino, prendendo posizione contro quella che definisce una ricostruzione “alterata” della realtà apparsa in questi giorni sulla stampa.
Nel mirino di D’Apuzzo c’è in particolare la narrazione che descrive il sindaco Vicinanza come un “argine ai clan”, quasi una vittima di un sistema più grande di lui. Una rappresentazione che, secondo l’esponente di opposizione, finisce per assolvere politicamente una classe dirigente che invece avrebbe compiuto scelte «precise, consapevoli e oggi drammaticamente sotto gli occhi di tutti».
Pur consapevole delle critiche che le sue parole potrebbero suscitare, D’Apuzzo rivendica il dovere di parlare con franchezza: «La mia coscienza, prima ancora del ruolo che ricopro, mi impone di dire ciò che penso, anche quando è scomodo». Il riferimento è, in particolare, a chi descrive una città compatta attorno al sindaco. Una lettura che, per il consigliere, «non regge alla prova dei fatti».
Al centro della sua analisi c’è la strategia politica adottata dal centrosinistra stabiese in campagna elettorale. Una strategia definita senza mezzi termini come un’“ammucchiata&rdqu
o;, nata – secondo D’Apuzzo – dalla volontà di approfittare di un momento favorevole e della debolezza del centrodestra dopo lo scioglimento del Consiglio comunale. «“Tutti dentro”, si disse. “Vinciamo e poi vediamo”. Ebbene, quel “poi vediamo” è arrivato», afferma.
Il consigliere ricorda come, già prima della presentazione delle liste, fossero state sollevate perplessità sulla presenza di candidati ritenuti impresentabili. Nonostante ciò, racconta, si scelse di andare avanti, anche a fronte di pressioni e minacce di rottura della coalizione. Una decisione che oggi, a suo avviso, non può essere rimossa o minimizzata.
Da qui il rifiuto netto di quella che definisce una “mera epurazione” come risposta alla crisi attuale. L’idea che basti l’estromissione di alcuni soggetti coinvolti nelle indagini per garantire la tenuta democratica e la legalità dell’ente comunale viene giudicata «eticamente, moralmente e politicamente inaccettabile».
La proposta finale è radicale: azzerare tutto e restituire la parola ai cittadini. «Se davvero si vuole difendere Castellammare – conclude D’Apuzzo – non servono club esclusivi né narrazioni autoassolutorie. Serve il coraggio di ricominciare, coinvolgendo direttamente gli stabiesi e chiamandoli a prendersi cura della propria comunità».