La fotografia di oggi è netta: il nome c’è, il consenso quasi. Roberto Fico è la figura su cui il "campo largo" sta provando a chiudere; Elly Schlein e Giuseppe Conte convergono, e da Napoli Gaetano Manfredi lavora da settimane per dare una forma politica al modello cittadino. Ma il governatore uscente non molla la presa: alterna aperture e frenate, tiene il tavolo sul filo e ricorda a tutti che in Campania il suo peso conta.
Il punto vero, più ancora del candidato, è il congresso del Pd campano, commissariato da tempo. I deluchiani lo rivendicano come banco di prova: vogliono misurarsi, mostrare che senza di loro la coalizione non sta in piedi. Nelle ultime riunioni il messaggio è circolato chiaro: congresso subito, regole certe, fine del commissariamento. È una leva negoziale, ma anche un preavviso di conflitto se non dovesse arrivare un segnale forte da Roma.
Dentro questa cornice si muove l’ipotesi più delicata: la scissione di fatto. Liste autonome, perimetri civici, un «terzo polo deluchiano» in appoggio esterno o in competizione diretta, a seconda di come si chiude la trattativa. Nessuno lo rivendica apertamente, ma l’opzione è sul tavolo. Perché Fico può essere la sintesi, certo; però senza un accordo su governance, sanità, liste e congresso, la sintesi rischia di restare soltanto un nome.
Sul front
e opposto, intanto, il centrodestra lavora per non farsi trovare impreparato. Sul fronte Fratelli d’Italia c'è Edmondo Cirielli, profilo istituzionale e radicato, mentre nel perimetro civico cresce la figura di Giosy Romano: guida della Zes unica, reputazione di amministratore concreto, interlocuzione trasversale con sindaci e imprese. Nel borsino circola anche Mara Carfagna: nome riconoscibile, spendibile nel campo moderato e capace - almeno sulla carta - di attrarre oltre i confini tradizionali.
Nel mezzo c’è un elettorato che chiede chiarezza: chi decide, con quali alleanze, su quale agenda. Fico porta con sé l’idea di una candidatura "di sistema", capace di evitare il derby permanente con Palazzo Santa Lucia e di riagganciare pezzi di società urbana. Ma senza un’intesa reale con il blocco deluchiano rischia di partire zoppo. Al contrario, un centrodestra compatto con un candidato già riconoscibile e un civico credibile pronto in panchina avrebbe margini per contendere Regioni che, finora, sembravano blindate.
La sensazione è che le prossime settimane siano dirimenti: o si chiude, o si ricomincia daccapo. La Campania resta un laboratorio dove ogni mossa parla al Paese: unità sul nome e sulla linea, o nuova stagione di strappi. Perché i nomi contano; ma, in questa fase, contano ancora di più le regole con cui si sceglie chi dovrà governare.