Erano da pochi minuti trascorse le sette di una sera di tardo autunno, il cielo era imbrunito e l'aria fredda ed umida. Il traffico fra la periferia sud del piccolo villaggio di Pilpe e quella nord della città di Cantello era quasi statico; si alternava un'andatura a passo d'uomo a lunghi arresti. Gli automobilisti si guardavano seccati, rassegnati o frementi dalle corsie opposte, ognuno con smania di far ritorno alla propria abitazione e mettersi al riparo dall'imminente temporale annunciato sia alla tv che dai grossi nuvoloni.
«Hey Mario, guarda quella cicciona, poverina con questo freddo e con quella pancia ...» Giuditta dal lato passeggeri di una Citycar blu indicò al ragazzo alla guida, una donna pingue sulla cinquantina che arrancava in sella ad una bici rosa.
Mario con la coda dell'occhio vide la donna superarli mentre erano fermi nel traffico: «Le fa bene, così dimagrisce» rispose con scialba intonazione della voce.
«Perché non le diamo un passaggio?» Incalzò Giuditta.
«Ma sei pazza? Di questi tempi? E se fosse una maniaca omicida sadica?».
«Ma chi? La signora cicciona? Con la bici rosa? Ma l'hai vista? - e scoppiò in una fragorosa risata – ma se poi siamo noi ad offrirle il passaggio ...».
«Tanto ormai ci ha superato, guarda, non si vede più nemmeno in lontananza».
Giuditta mise il broncio e cambiò stazione alla radio.
Appena si rimisero in moto nel giro di pochi minuti Mario e Giuditta videro nuovamente la donna più affaticata di prima alle prese con la salita di un cavalcavia.
«E dai Mario ...abbiamo anche i portapacchi per agganciare la bici» piagnucolò Giuditta.
«Ah e va bene … se ci tieni tanto …»
Giuditta così, fiera di averla avuta vinta sulla reticenza di Mario, si affacciò con quasi mezza parte del corpo dal finestrino dell'auto, mossa da un eccessivo slancio di esuberanza e con un sorriso candido e radioso offrì un passaggio alla sconosciuta. La donna bloccando col piede sinistro la bici si fermò stupita. Non le era mai capitato un gesto così gentile e soprattutto spontaneo, anzi pensò a tutte le volte in cui era stata mira di insulti e derisioni a causa della propria cattiva forma fisica. Così, dopo aver scrutato per pochi secondi la graziosa ragazza che le stava liberalmente fornendo la possibilità di far ritorno a casa almeno per una sera meno madida di sudore, col cuore più rilassato ed i polpacci poco doloranti, senza preoccuparsi del perché due estranei seppur giovani dai visi puliti, le stessero generosamente offrendo un passaggio, accettò con entusiasmo.
Una volta salita a bordo elargì complimenti e ringraziamenti a raffica, raccontando che non essendo mai stata in grado di guidare era costretta tutti i giorni a percorrere molti chilometri in bici per recarsi a lavoro. Era una pasticciera impiegata in un laboratorio che inscatolava dolci per le grosse distribuzioni, si chiamava Loredana, aveva cinquantadue anni e non era sposata.
«Dove ti accompagniamo Loredana?».
«Beh non è facile da spiegare dove abito, preferisco guidarvi man mano».
Seguendo le indicazioni di Loredana e svolta dopo svolta si ritrovarono a percorrere dei tratti di sterrati isolati che fiancheggiavano campi e serre di coltivazioni. Mario lanciava di continuo occhiatacce a Giuditta , la quale non aveva bisogno di parole né di quegli sguardi torvi per conoscere i pensieri irritati del suo fidanzato; ed era ben consapevole che una volta mollata la cicciona lui l'avrebbe rimproverata nervosamente per tutto il resto della serata.
«Scusatemi fanciulli – cinguettò all'improvviso Loredana - non è che potremmo fermarci solo pochi minuti? Devo dar da mangiare ad una gatta con i suoi cucciolini che vive in questo campo» ed indicò un punto indefinito nel buio delle campagne circostanti. Mario ormai senza neanche più celare la sua insofferenza fermò di scatto la macchina e la esortò a far presto.
Appena la donna scese dall'auto e si dileguò nell'oscurità con la sua borsetta a tracolla dentro cui probabilmente aveva il mangime, Mario iniziò il suo concitato sfogo sbuffando e lamentandosi con Giuditta. Ella tuttavia ad un certo punto quasi tradendo l'animo gentile mostrato fino a quel momento, con uno sguardo malizioso diede una lesta e pungente gomitata al ragazzo e disse:<<Mario, noi siamo stati così gentili con questa maleducata, perché non le facciamo uno scherzo terrificante?>>
Il ragazzo guardò con sospetto il ghigno sul volto angelico della fidanzata.
«Dai, allora? Prima che arrivi … io pensavo che potremmo provare a spaventarla» e ridacchiò.
«In che modo?».
«Facendole credere che siamo due psicopatici che vogliono assassinarla».
«Ma sei completamente impazzita?».
«Dai … dai … questo è il luogo perfetto».
Mario ci pensò su un attimo poi disse: «Qui sarebbe poco credibile perché è stata lei a volersi fermare … appena torna ripartiamo e poco dopo vi dico che ho bisogno di pisciare e mi fermo di nuovo. Scendo e mi allontano nelle campagne. Voi restate da sole e quando vi accorgete che non sono ancora tornato, tu fingi di preoccuparti. Prendi il colt
ellino svizzero dal cofano e fingi di venire a cercarmi e poi … oh eccola sta tornando».
«Ok, poi improvvisiamo … ah quanto sono eccitata».
Mario guardando dallo specchietto retrovisore la goffa donna trotterellare con aria bonaria e lanciando uno sguardo di sguincio alla fidanzata, si domandò se ella non avesse in realtà da principio elaborato lo scherzo; un capriccio dettato dalla noia del rituale quotidiano del ritorno a casa in auto imbottigliati nel traffico? O Giuditta era partita davvero con buone intenzioni e solo successivamente le era balenato in mente il macabro scherzo? Ma ormai non aveva senso rimuginarci su ed in ogni caso si trattava di un innocuo giochetto.
Loredana risalì a bordo, si scusò ancora fino a diventare eccessivamente smielata, raccontò la storia della gatta randagia che aveva incontrato una sera di ritorno a casa, ancora gravida e di averla rivista poche settimane dopo con i cuccioli. Mario la interruppe improvvisamente senza scusarsi dicendo che aveva urgenza di fare pipì e non avrebbe resistito fino a casa; così come da accordo fra i due ragazzi si fermò e scendendo dall'auto si dileguò anch'egli nel buio campestre.
L'aria era diventata molto più fredda ed umida, l'erba era completamente bagnata e mancava davvero poco allo scoppio di un temporale. Mario si allontanò di un paio di centinaia di metri, fin dove non riusciva più a scorgere le luci dell'auto. Aspettò qualche minuto pensando che Giuditta lo avrebbe raggiunto con la scusa di andare a cercarlo e poi insieme avrebbero pensato al modo più ilare per spaventare la cicciona. Nell'attesa pensò che avrebbero potuto ritornare entrambi all'auto correndo col coltello in mano minacciosamente verso la donna, o attendere che anch'ella venisse a cercarli e farsi sorprendere mentre uno dei due fingeva di accoltellare l'altro o infine Giuditta avrebbe potuto scappare verso l'auto gridando a Loredana che lui le aveva sfilato il coltello da mano e preso da una inaudita follia lo aveva brandito contro di lei minacciandola di morte.
Mario attese ancora per qualche minuto ma poi pensando che fosse trascorso troppo tempo decise di ritornare alla macchina, mentre camminava prese ad inveire sottovoce contro Giuditta: “Prima mi fa caricare quella stupida cicciona a bordo che mi porta Dio solo sa dove … saremmo già dovuti essere comodamente sul divano a guardare la tv, poi decide di farle uno scherzo per spaventarla e alla fine cambia di nuovo idea e manda a monte tutto … eppure non è da lei … la conosco da anni e non aveva mai avuto un tale comportamento” perso nei suoi pensieri Mario si accorse solo a pochi passi dalla vettura che la portiera anteriore dove sedeva Giuditta e quella posteriore al lato della donna erano spalancate e che l'auto era vuota.
Mario sentì un sussulto al cuore e gli arti pietrificati, un irrompente calore esplodergli in volto ed il panico assalirlo. Urlò più volte il nome di Giuditta con una voce talmente flebile che nemmeno a pochi centimetri da lui avrebbero potuto udirlo, ma più cercava di sforzare le corde vocali più il grido gli si spezzava in gola. Cercò di farsi coraggio e di ragionare, così si calmò e tentò di trovare qualche spiegazione plausibile; forse erano scese a cercarlo e nel buio non si erano trovati, anche se non capiva perché avessero lasciato le portiere aperte. Si sfilò il cellulare dalla tasca e fece luce con l'app torcia. Il fascio di luce aveva poca profondità e non raggiungeva i campi, così si mosse in quella direzione, ma puntando la luce in basso sul prato si accorse di una grossa pozza scura. Si abbassò e scoprì che era sangue. Avvertì di nuovo la sensazione di panico e di terrore che lo aveva assalito pochi minuti fa, ma se prima si trattava di una paura sospettosa ed irrazionale ora non vi erano più dubbi che qualcosa di drammatico e terribile era appena avvenuto. Toccò ed annusò il liquido scuro, era sangue vero ed era troppo per poter essere un altro scherzo dove stavolta la vittima designata sarebbe dovuto essere proprio lui. Allargando il raggio di luce si accorse che il sangue continuava confluendo in una striscia che andava verso i campi, come se un corpo fosse stato trascinato. Seguì la scia. Qualsiasi cosa fosse accaduta non poteva scappare via senza sapere dove fosse Giuditta. Assalito da molteplici dubbi non riusciva a capacitarsi di come e del perché una donna in apparenza così semplice, bonaria e comune avrebbe dovuto assassinare di punto in bianco una persona che le aveva gentilmente offerto un passaggio.
Per qualche istante gli sfiorò in testa anche l'idea che potesse invece essere stata la sua ragazza ad accoltellare la donna, ripensò allo sguardo sadico che aveva quando lo spronava a spaventare Loredana con uno scherzo, ma non può essere, si disse, Giuditta è … è Giuditta, non farebbe mai una cosa del genere. Le lacrime ormai gli rigavano il volto al pensiero della sua morte e quasi come uno zombie incedeva verso i campi incurante del pericolo.
Si arrestò di colpo appena udì un fruscio di passi alle sue spalle. Sentì una mano fredda sulla spalla, si voltò di scatto in tempo per vedere il volto di colei che gli conficcava il coltello nel ventre.
Agonizzante Mario restò a rantolarsi sull'erba, e l'ultima cosa che vide fu la sua auto mettersi in moto ed allontanarsi lungo la strada.