Cronaca

Castellammare - Volevano avvelenare il pentito Luciano Fontana

E' il retroscena che emerge dalle motivazioni dell'ultima sentenza della Corte d'Appello di Napoli


Volevano zittire per sempre il pentito che stava facendo nomi e cognomi del clan e stava rivelando tutti gli affari illeciti. Luciano Fontana, collaboratore di giustizia ed ex affiliato agli Omobono Scarpa, agli inizi del Duemila è passato dalla parte della giustizia e con le sue rivelazione ha provocato un terremoto nella camorra stabiese portando ad arresti e condanne. E proprio dalle motivazioni dell'ultima sentenza emessa dalla Corte d'Appello di Napoli emerge un retroscena inquietante: il ras Massimo Scarpa ordinò la morte di Luciano Fontana. Lui insieme agli scissionisti del clan Omobono-Scarpa partecipò alla faida contro il clan D'Alessandr

o di Scanzano che dopo l'uccisione di due colonnelli come Giuseppe Verdoliva e Antonio Martone voleva eliminare Fontana. Ma dal carcere anche Scarpa consegnò ai suoi familiari un pizzino, poi sequestrato, con su scritto: "fermate Lucianiello". E’ quanto emerge dalle motivazioni della sentenza della Corte d’Appello che ha condannato all’ergastolo Massimo Scarpa e Michele Omobono, a 16 anni e sei mesi Giovanni Savarese e Raffaele Martinelli e a 17 anni e 6 mesi Raffaele Carolei, presunta vittima di lupara bianca. Secondo il racconto di altri pentiti un detenuto provò ad avvelenare il cibo di Fontana per ucciderlo, un tentativo sventato.


mercoledì 27 giugno 2018 - 09:38 | © RIPRODUZIONE RISERVATA

 



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