Il Piano Spiagge continua a far discutere. Dopo l’approvazione in giunta lo scorso marzo, il documento approderà lunedì in consiglio comunale per l’esame finale, ma le polemiche non accennano a placarsi. Nonostante l’audizione dell’assessore Giuseppe Guida davanti alle tre commissioni riunite – Urbanistica, Bilancio e Politiche Sociali – la “quadra” politica non è stata trovata. Anzi, emergono errori, divisioni interne e accuse di mancanza di visione.
L’errore nei conteggi e l’emendamento “riparatore”
Il primo dato certo è che il Piano approvato dalla giunta guidata dal sindaco Luigi Vicinanza conteneva un errore nel calcolo dei metri quadrati di spiaggia da destinare ai privati. In particolare, tra le aree considerate di libera fruizione, erano stati erroneamente inseriti anche i 26mila metri quadrati dati in concessione a Marina di Stabia, già prorogata fino al 2080. Un dato clamorosamente sbagliato.
Nel tentativo di “mettere una pezza”, l’assessore Guida ha presentato in audizione una nota correttiva, che alcuni consiglieri di maggioranza hanno subito trasformato in un emendamento proposto dal consigliere Nino Di Maio da portare in aula. Il nuovo calcolo, escludendo Marina di Stabia, stabilisce che il 39% della costa stabiese sarà destinato ai privati, mentre il restante 61% alla libera fruizione, quindi ampiamente entro i limiti fissati dalla legge regionale, che impone un minimo del 30% di spiagge libere.
Le critiche: “Un emendamento papocchio”
Ma la nuova proposta non convince tutti, nemmeno all’interno della maggioranza. A sollevare dubbi e perplessità è in particolare Maurizio Apuzzo, consigliere comunale di Base Popolare, che attacca duramente il metodo e il merito della correzione:
«Quello presentato in commissione è un emendamento papocchio – tuona Apuzzo – non è per niente esaustivo e a mio modesto parere è carente di contenuti politici oltre che tecnici».
Secondo Apuzzo, il provvedimento dovrebbe tener conto della reale consistenza delle aree demaniali litoranee, dal conf
ine con Vico Equense fino a Marina di Stabia, considerando anche zone oggi in concessione a Fincantieri, Maricorderia e alla ex Colonia Ferrovieri, che – sottolinea – non possono essere considerate pubbliche.
Critiche anche alle concessioni “storiche”
«Le tre concessioni – Palombara, ex Calcina e Rotonda – per modalità e tipologia di servizio offerto sembrano veri e propri stabilimenti balneari, non spiagge libere attrezzate».
Il nodo della balneazione e la mancanza di una visione politica
Altro punto critico sollevato riguarda la destinazione reale degli spazi considerati “liberi”. Se su carta si prevede l’accesso pubblico all’arenile tra la villa comunale e via De Gasperi, nella pratica – evidenzia Apuzzo – l’introduzione di aree per eventi, ludico-sportive, per animali o di un giardino mediterraneo, riduce i metri quadrati effettivamente disponibili per la balneazione libera.
Il vero problema, secondo l’esponente di Base Popolare, è l’assenza di una regia politica chiara: «Manca una visione. Bisogna discutere quale percentuale pubblico/privato vogliamo applicare, quali aree mettere a bando per nuove concessioni e dove. Serve una guida, una discussione ampia, trasparente, che coinvolga tutti: a partire dai cittadini».
Verso il consiglio comunale: clima teso e incognite
Con queste premesse, il voto in consiglio comunale di lunedì si preannuncia teso e tutt’altro che scontato. La correzione formale proposta dall’assessore Guida potrebbe non bastare a ricompattare una maggioranza già divisa, e non si escludono emendamenti aggiuntivi o richieste di rinvio.
In gioco non c’è solo un documento tecnico, ma la visione futura del litorale stabiese, uno dei patrimoni più strategici della città. Una pianificazione sbagliata rischia di comprometterne lo sviluppo per i prossimi decenni.
La cittadinanza, intanto, osserva con crescente attenzione e preoccupazione. Perché il mare di Castellammare, più che una risorsa, oggi sembra essere diventato un campo di battaglia politico.