Le sorgenti termali stabiesi, uno dei patrimoni naturali più preziosi d’Italia, tornano al centro del dibattito cittadino. A rilanciare il tema con forza è Nino Di Maio, presidente della Fondazione Parco delle Acque di Stabia, che sui social ha espresso dubbi e preoccupazioni su una questione rimasta finora in sordina: la possibile perdita della concessione comunale sull’utilizzo delle acque.
Nel cuore del suo intervento, una domanda precisa e per ora senza risposta: “La Città di Castellammare di Stabia ha ancora la concessione delle acque?”. Un interrogativo che nasce da indiscrezioni giornalistiche secondo cui il Comune avrebbe ormai perso il titolo autorizzativo, fatto che impedirebbe qualsiasi utilizzo delle fonti, anche a fini di semplice fruizione pubblica.
“Non sto a ripetere le proprietà curative delle nostre meravigliose ed eccezionali acque – scrive Di Maio – che vanno monitorate in modo permanente, che vanno ulteriormente studiate per le loro proprietà e capacità di curare e prevenire tante malattie, una farmacia a cielo aperto”.
Il patrimonio idrico stabiese conta ben 28 sorgenti – tra Fonti Stabiane e Fonti Vanacore – ma la loro piena valorizzazione resta bloccata da una condizione normativa e amministrativa incerta. “Le Fonti Vanacore sono state donate per testamento al Comune di Castellammare di Stabia. Adesso di chi sono?”, si chiede ancora Di Maio.
A preoccupare è
soprattutto la prospettiva di un lungo immobilismo: “Se abbiamo perso la concessione, le acque non le possiamo bere o utilizzare fintanto che la Regione Campania non fa il bando pubblico per la concessione. Quindi passeranno altri 50 anni, come per il mare di Castellammare?”
Altro nodo irrisolto: le analisi delle acque. Di Maio contesta l’assenza di comunicazioni ufficiali, pur ricordando che “la giunta dell’ex sindaco Gaetano Cimmino a suo tempo ha commissionato uno studio sulle fonti da parte dell’università, precisamente il CIRAM – Compartimento interdisciplinare per la ricerca sulle Acque Minerali – studio regolarmente eseguito, consegnato poi ai commissari prefettizi, pagato regolarmente dal Comune per circa 50.000 euro, ma mai reso pubblico”.
Da qui, l’ennesima richiesta di trasparenza: “Perché non viene reso pubblico? Questo è il nodo centrale prima di partire con i lavori: dare risposte e dire le cose come stanno”.
Un appello chiaro, quello del presidente della Fondazione, affinché il tema della concessione e del futuro delle acque venga messo al centro dell’agenda amministrativa, in una fase in cui la nuova giunta è chiamata a compiere scelte strategiche per il rilancio del territorio. “Può diventare una priorità di questa amministrazione?”, chiede Di Maio.
Nel frattempo, le sorgenti restano lì: preziose, storiche, simboliche. Ma silenziose.