Juve Stabia

''Potevo andare alla Juve Stabia, ma il progetto non mi convinceva''

Le dichiarazioni sono di Raffaele Novelli, ex tecnico della Salernitata ed ora al Manfredonia.

di Gianluca Sollazzo


Il discepolo e il maestro. Storia di vite parallele, di scelte e percorsi a volte comuni. Il maestro, per antonomasia, è Zdenek Zeman, libro aperto e fruibile a tutti. C’è chi lo stima, chi gusta il suo verbo con invidiabile ammirazione. C’è chi fa tutt’altro. Il discepolo, tutto da scoprire, è Raffale Novelli. Tecnico vecchia maniera nello spirito e nella gestione dello spogliatoio. Fermo e convinto. Tante idee chiare e ineccepibili. E un preciso paradigma professionale tutto “boemo”. Un aggettivo per definire il suo maestro? Presto detto: «Un amico. Nutro una grande stima per Zeman. Ma sono diverso da lui». Eccola. Si palesa puntuale, la fierezza del discepolo… «Ho appreso tanto da Zdenek ma col tempo ho maturato delle mie convinzioni». Un “credo”, insomma. Non ce ne voglia Zeman… Vero mister Novelli? «Ho un Io che difendo sempre, a costo di essere mal visto. Ecco, in questo sono simile a Zeman ». Ha avuto così tanta nostalgia del mondo zemaniano che ha deciso di avvicinarsi a Peppino Pavone a Manfredonia… «Pavone mi conosce da tanto tempo. Con lui si può lavorare sempre bene perché è un grande competente di calcio. In tandem con Zeman ha fatto grandi cose e penso che insieme a Manfredonia faremo bene. Lavoreremo con i giovani, iniziando una politica di valorizzazione ». Simile forse a quella della Juve Stabia di Cesarano? «La Juve Stabia segue una linea verde solo per esigenze economiche. Secondo me bisogna credere nei giovani non solo quando si è in difficoltà ». Poteva giungere a Castellammare, vero? «Si, Cesarano mi ha cercat

o ma non c’era un progetto che mi convinceva, per questo ho rifiutato. La Juve Stabia ha dei problemi e mi dispiace ». Raffale Novelli l’aziendalista. E’ un appellativo in cui si riconosce? «Tutti gli allenatori lavorano per una azienda, ovvero le società di calcio. In quanto dipendenti, dovremmo essere tutti degli aziendalisti ». Gli allenatori e la programmazione societaria. Un binomio non sempre saldo e che troppo spesso viene rotto in corso d’opera e cioè a stagione inoltrata. E’ d’accordo? «Senza ombra di dubbio. Per me la programmazione è essenziale ma oggi sembra inesistente. I clubs, i dirigenti hanno sempre poca fiducia. Nel calcio di oggi non si dà più tempo per crescere, per portare avanti un progetto». Lei ha vissuto da vicino questa situazione. L’esperienza fatta sulla panchina della Salernitana cosa le ha insegnato? «Dico solo una cosa. Sono stato esonerato non per motivi tecnici, anche perché la squadra a Gennaio era in piena zona play off. Il mio esonero era legato a una ristrutturazione societaria. Lombardi mi aveva chiesto di centrare i play off e io stavo rispettando i programmi. Ma ormai è storia vecchia». Proprio la Salernitana si sta segnalando tra le squadre più attive sul mercato… «Salerno merita di più. Bisogna lavorare tanto e parlare di meno. I proclami non servono”. Che calciomercato è quello di quest’anno? “Povero. Vedo solo scambi e prestiti. Soldi da investire non ce ne sono. In C vedo pochi movimenti, per questo ritorno a dire che è importante affidarsi ai giovani e perseguire una pregettualità».


lunedì 16 luglio 2007 - 16/07/2007 | © RIPRODUZIONE RISERVATA

 



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