Almeno 8 colpi l'hanno raggiunto all'addome, ma sarebbero stati una decina i proiettili calibro 9 esplosi contro Antonio Vitiello, 56 anni, ucciso ieri mattina in via Panoramica, a Castellammare di Stabia. Torna la scia di sangue nella città delle acque, dove la camorra locale aveva messo in atto una sorta di "tregua armata": nessun morto per questioni di malavita nel 2008 a Castellammare, solo a Gragnano le bocche di fuoco dei clan avevano commesso un duplice omicidio il 28 ottobre, anche se ultimamente avevano badato bene ad armarsi. Ieri mattina intorno alle 7:30, Antonio Vitiello è stato avvicinato da uno motoveicolo non ancora identificato: in sella due persone con i volti camuffati dai caschi integrali. Il 56enne non ha il tempo di reagire, vede le pistole e istintivamente si gira, offrendo il fianco sinistro e la schiena ai sicari. Subito arriva una raffica di colpi calibro 9. Siamo all'uscita della galleria Privati, in direzione Sorrento, ad un passo da Scanzano e da Pozzano, appena entrati nella zona denominata Panoramica per il suo panorama mozzafiato sul Golfo di Napoli. Vitiello è nella sua Wolkswagen Golf blu (foto Metropolis), si sta recando al lavoro, lui dipendente dell' Aid, società che prima era denominata Maricorderia, da fine '700 leader mondiale nella produzione industriale di cordame per le imbarcazioni, da anni gestito dal Ministero della Difesa. Dopo la raffica di proiettili, Vitiello ha solamente la lucidità di accostare la vettura sulla sinistra della carreggiata, praticamente controsenso e fuori dalla strada, dopo aver tamponato un cassonetto dei rifiuti. Si accascia sul sediolino destro della sua auto e muore, freddato dal commando che ieri mattina aveva deciso di farlo fuori. Antonio Vitiello, conosciuto anche con il soprannome di "o'stagntiello", un passato tra le fila dei D'Alessandro, ultimamente per gli inquirenti non era più "in gioco", ma evidentemente doveva pagare per qualche sgarro fatto, non si sa ancora se in passato o di recente, all'organizzazione malavitosa che da anni domina lo scenario criminale di Castellammare. Sul posto, poco dopo sono giunte alcune pattuglie dei carabinieri della locale compagnia che, agli ordini del capitano Giuseppe Mazzullo e del tenente Andrea Minella, hanno effettuato i rilievi del caso ed avviato le indagini, coordinati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli. Il tutto si è verificato intorno alle 7: 30, orario non di punta, ma che sicuramente ha potuto concedere qualche testimone. Dalla galleria Privati, Vitiello è uscito a bordo della sua Golf blu, è stato avvicinato da due persone in moto che hanno cominciato a sparare poco prima dell'incrocio con via Panoramica. La corsa dell'auto è proseguita con Vitiello ancora cosciente per un centinaio di metri, poi il motore si è spento insieme al suo conducente. All'arrivo dei militari dell'arma, il quadro della vettura era ancora illuminato. Bossoli dei proiettili sono stati rin
venuti a circa
50-
100 metri dall'auto, dove è avvenuto materialmente l'agguato. I sicari,
poi,
sono fuggiti via, per gli inquirenti più probabilmente verso Scanzano.
Decisivi, per le indagini, i filmati di una telecamera della
videosorveglianza,
posta all'esterno della galleria, che potrebbe dire di più sull'agguato a
"o'
stagntiello". La salma del 56enne è stata trasferita al II Policlinico di
Napoli per l'esame autoptico.
Antonio Vitiello: l'unico assolto "per non aver commesso il fatto" nell'inchiesta "Sigfrido 1"
Probabilmente solo il suo passato era ancora
legato
all'organizzazione malavitosa stabiese, ma per questo non significava che
qualche suo sgarro non dovesse essere punito con il sangue. Antonio
Vitiello,
56 anni, un tempo affiliato al clan D'Alessandro con il soprannome di "o'
stagntiello", ha visto finire la sua esistenza mentre andava a lavoro. Da
alcuni anni impiegato nell'ex Maricorderia di Castellammare di Stabia,
secondo
gli inquirenti non era più attivo come un tempo all'interno dell'
organizzazione
camorristica. E forse anche questo suo "allontanamento dalla famiglia"
potrebbe
essergli costato caro. Per la Dda di Napoli, il suo era un passato
"importante"
all'interno del sodalizio diretto da "Luigino" D'Alessandro. Era uno
"specchiettista" del clan D'Alessandro. Durante la sua affiliazione alla
cosca
stabiese, "o'stagntiello" ha segnalato ditte a cui formulare richieste
estorsive e comunicato spostamenti di persone da eliminare. Per questi
motivi
la seconda sezione del tribunale di Torre Annunziata aveva riconosciuto la
sua
appartenenza allo storico sodalizio criminale stabiese e l'aveva condannato
a 7
anni di reclusione, con l'accusa di associazione a delinquere di stampo
mafioso. La condanna comminata dal tribunale oplontino ha superato le
richieste
della pubblica accusa: l'antimafia ha chiesto, infatti, una condanna a 5
anni
di reclusione escludendo l'aggravante dell'utilizzo di armi da parte del
sodalizio introdotta nel 2005. I fatti in contestazione risalgono al 1998,
anno
fino al quale l'imputato ha fatto parte del clan stabiese. Con altri
rappresentanti dello stesso clan è stato giudicato dalla prima sezione
della
Corte d'Assise di Napoli per l'omicidio di Casimiro Longobardi, reato scopo
per
cui venne, però, assolto con formula piena, e per cui era accusato di aver
comunicato gli spostamenti della vittima prima del delitto. Nel medesimo
processo, si discuteva di altri 6 casi di omicidio, tutti commessi tra il
1990
e il 1993, nella lotta tra gli Imparato e i D'Alessandro. Si trattava dell'
inchiesta della Dda napoletana, denominata "Sigfrido 1". In quel processo,
furono comminati ergastoli a Michele Abruzzese, Luigi D'Alessandro (due
ergastoli), Ugo Lucchese, Vincenzo Cuomo e Francesco Vollaro, mentre fu
condannato a 30 anni di reclusione l'ex collaboratore di giustizia Raffaele
Di
Somma. L'unico assolto "per non aver commesso il fatto" fu proprio Antonio
Vitiello.