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Juve Stabia - ESCLUSIVA, Pavarese: «Lovisa è la scelta giusta. Un progetto ambizioso e nel segno della continuità»

Dall’effetto Conte al ritorno dell’Avellino in B, fino alla crisi Salernitana: analisi e prospettive del direttore sportivo.

di Davide Soccavo


Ha iniziato la sua carriera da direttore sportivo al Napoli nel 1995 ed è approdato a Castellammare nella stagione 2009/10, in Serie C. Luigi Pavarese, figura storica del calcio italiano, è stato gentilmente a nostra disposizione per commentare la continuità del progetto Juve Stabia con Lovisa e la vittoria dello scudetto della squadra guidata da Antonio Conte. Con lui abbiamo parlato anche della promozione in Serie B dell’Avellino e dell’amara retrocessione della Salernitana, maturata dopo la sconfitta ai play-out contro la Sampdoria.

La società ha deciso di puntare nuovamente su Matteo Lovisa come direttore sportivo. A suo avviso, quali sono i punti di forza di questa scelta e cosa può rappresentare in termini di continuità e ambizione per il progetto Juve Stabia?

È una scelta giusta. Questa riconferma è un segnale di continuità, e credo che Matteo abbia trovato a Castellammare la dimensione ideale per compiere quel salto di qualità nella sua crescita professionale. È una figura che si è formata sul campo, essendo stato proprietario e dirigente del Pordenone, squadra per la quale si è speso moltissimo. È riuscito a convincere anche i più scettici, grazie alla sua competenza, alla capacità gestionale e alle sue doti umane. Sono contento per lui: è un ragazzo serio, affidabile, e sta lavorando molto bene a Castellammare. Continuerà a farlo, purché gli venga lasciato spazio e fiducia. Credo si sia guadagnato la stima di tutti, soprattutto della gente. È evidente che il prossimo sarà un campionato difficile: ci sarà da confermare quanto di buono fatto negli ultimi anni. La scelta dell’allenatore è sempre delicata, ma da questo punto di vista Matteo ha individuato la persona giusta, in grado di dare continuità al lavoro di Pagliuca.

Il Napoli ha conquistato lo scudetto anche grazie alla guida tecnica di Antonio Conte e alla figura dirigenziale di Giovanni Manna, entrambi con un passato juventino. Paradossale o segnale di un cambio di prospettiva nel calcio moderno, dove contano più le competenze che le bandiere?

Assolutamente. La scelta di Conte da parte di De Laurentiis è stato il primo segnale concreto della volontà della proprietà di voltare pagina, dopo una stagione complicata successiva allo scudetto vinto con Spalletti. Conte ha avuto un ruolo determinante nella conquista del quarto tricolore: è riuscito a restituire senso di appartenenza e amore per la maglia, elementi che sembravano smarriti nella stagione precedente. Ha riportato al centro l’essenza del calcio: non solo il raggiungimento degli obiettivi societari, ma soprattutto la cultura del lavoro. Credo che sarà un aspetto determinante anche nella prossima stagione. Siamo consapevoli che saremo la squadra da battere, ma la società si sta muovendo bene, cercan

do di rinforzare ogni reparto e mettendo a disposizione dell’allenatore una rosa capace di competere su quattro fronti, sia dal punto di vista numerico che tattico. In questo Giovanni Manna sarà fondamentale: il suo compito sarà offrire a Conte il maggior numero possibile di soluzioni tecnico-tattiche.

L’Avellino torna finalmente in Serie B dopo un lungo percorso. Qual è, secondo lei, il vero merito di questa promozione e quali saranno le principali sfide che il club dovrà affrontare nella nuova categoria?
 
L’Avellino è una società solida e ambiziosa. Il vero merito non è stato solo quello di aver investito molto negli ultimi anni, ma soprattutto quello di aver ricostruito un senso di appartenenza diffuso, ridando amore per la maglia all'intera provincia. Questo legame, rafforzato anche dal "girovagare" nella vasta Irpinia, ha rappresentato un messaggio forte di identità e radicamento. Prima e dopo la vittoria del campionato si è percepito un avvicinamento autentico tra tifoseria e squadra. Questo è un valore fondamentale su cui costruire il futuro. Ora bisogna affrontare la Serie B con consapevolezza, senza porsi limiti, ma con la giusta umiltà per conquistare la categoria passo dopo passo.

La retrocessione della Salernitana ha lasciato l’ambiente granata amareggiato. Secondo lei è stata una conseguenza inevitabile di una stagione complicata, oppure anche fattori esterni — come le sentenze extracalcistiche — hanno inciso sull’umore e sulle prestazioni della squadra?

Assolutamente no. Salerno non meritava un epilogo del genere. Né la retrocessione, né ciò che l'ha accompagnata, che rischia di macchiare la reputazione di una società seria e, soprattutto, l'onore del popolo granata. Capisco l’amarezza per questa retrocessione — la seconda in pochi anni — ma ora è il momento di resettare tutto. I fattori esterni non c’entrano: chi guarda troppo al passato rischia di non avere un futuro. Serve guardare avanti con determinazione, ridando certezze e motivazioni alla tifoseria. Bisogna ricostruire quell'amore per la maglia e trasmettere valori chiari, che partano dall’identità. E questo può avvenire solo se si capisce davvero cosa rappresentano questi colori per la gente. Con troppi stranieri, a volte si perde il contatto con ciò che conta davvero: l’identità e il senso di appartenenza. In questo Napoli, Avellino, Juve Stabia — e anche il Torino — possono essere esempi. Non lo dico solo perché ho avuto il privilegio di lavorare in queste realtà, ma perché in quei contesti il rispetto per la storia e per la maglia è ancora un valore fondamentale. È questo ciò che dovrà fare la Salernitana: ritrovare la propria anima, coltivarla e renderla la base per una nuova ripartenza.


martedì 24 giugno 2025 - 14:00 | © RIPRODUZIONE RISERVATA

 



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