Trentuno anni, otto mesi di reclusione e un’assoluzione. Questo il risultato della sentenza disposta dalla seconda sezione penale del tribunale di Torre Annunziata ai danni di Agostino e Beniamino Cascone, Antonio Avitabile e Pasquale Inserra a processo con l’accusa di estorsione aggravata dall’utilizzo del metodo mafioso. Il collegio presieduto da Maria Rosaria Aufieri ha disposto pene di poco inferiori alle richieste della pubblica accusa nonostante l’esclusione di alcune aggravanti. Nel dettaglio, Beniamino Cascone è stato condannato a tredici anni di reclusione e al pagamento di una multa di 2.200 euro; Pasquale Inserra è stato condannato a nove anni e due mesi più 1.350 euro di multa; Antonio Avitabile a nove anni e sei mesi oltre ai 1750 euro di multa, mentre l’unico ad essere stato assolto per non aver commesso il fatto è stato Agostino Cascone, fratello dell’altro imputato. Per tutti è stata esclusa l’aggravante di aver commesso il reato come organici del clan camorristico di “Ponte Persica” che faceva capo a Ferdinando Cesarano, così come ipotizzato dalla Dda napoletana. Antimafia, rappresentata in aula per tutto il dibattimento dal pm Piepaolo Filippelli che in sede di requisitoria aveva formulato una richiesta di pene grosso modo in linea con l’orientamento della corte oplontina. Quin
dici anni per Beniamino Cascone, dodici per Inserra, nove anni e sei mesi per Avitabile e l’assoluzione per Agostino Cascone. Dopo circa quattro ore di camera di consiglio il collegio giudicante ha concesso l’elisione dell’aggravante dell’appartenenza al clan pompeiano come richiesto dal collegio difensivo, composto dai penalisti Massimo Autieri, Antonio Cesarano, Filippo Trofino e Francesco Schettino, ritenendo comunque provata la penale responsabilità degli imputati e disponendo per i tre condannati la pena accessoria dell’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Responsabilità riferita ai fatti denunciati dalle vittime nel dicembre 2006 e commessi nei primi mesi dello stesso anno. Si tratta di richieste estorsive formulate a tre aziende di Castellammare di Stabia e Pompei utilizzando il marchio di fabbrica criminale del clan di “Ponte Persica”. Tutti non sono stati ritenuti organici al clan anche se il metodo è stato comunque ritenuto mafioso. Diversa la valutazione fatta per Agostino Cascone nei cui confronti nel corso dell’istruttoria dibattimentale erano cadute le accuse per l’unico episodio estorsivo contestatogli e a cui è stata concessa l’assoluzione con formula piena. Assoluzione che ha reso necessario da parte del tribunale la disposizione dell’immediata scarcerazione dell’imputato.