Tra tutti i dossier che accompagnano Castellammare di Stabia verso le elezioni regionali, quello delle Terme resta il più emblematico. Non solo per il valore economico e turistico, ma perché rappresenta l’essenza stessa della città: il luogo dove salute, benessere e cultura si sono incontrati per più di un secolo. Oggi, invece, il silenzio. I cancelli chiusi, i viali invasi dalle erbacce e la nostalgia di un tempo in cui “andare alle Terme di Stabia” era sinonimo di qualità e prestigio.
Nel 2022, grazie a un lavoro di programmazione condotto a livello regionale e ministeriale, erano arrivati 12 milioni di euro di fondi Pnrr, risorse fondamentali per avviare la riqualificazione del complesso termale. Tre anni dopo, di quei fondi non è stato speso un euro. E la città vive una sensazione sospesa: tra attese, annunci e il timore concreto che il finanziamento venga revocato.
Le Terme sono un’occasione di politica industriale e turistica. In
un’epoca in cui il turismo del benessere è in crescita ovunque, Castellammare potrebbe essere un riferimento nazionale, grazie alle sue acque, al clima, alla posizione geografica e al collegamento con il mare. Ma per riuscirci serve una visione: un modello gestionale chiaro, un piano di attrazione di investimenti privati e una regia pubblica capace di coordinare sanità, turismo e ricerca.
Il tema termale sarà inevitabilmente uno dei nodi centrali della campagna elettorale regionale. Una questione di identità territoriale. Le Terme possono essere il cuore di una nuova economia stabiese, integrata con il turismo costiero, la rete alberghiera, i percorsi archeologici e la rigenerazione urbana.
Ma serve una scelta netta: continuare a rimandare o avviare finalmente un progetto vero, che metta insieme Regione, Comune e operatori del settore.
Perché senza un piano per le Terme, il rilancio di Castellammare resterà incompleto, come una promessa non mantenuta.