Non è la prima volta che Castellammare mette le sue acque “sotto esame”. La città delle 28 sorgenti affida oggi a CeSMA (Università Federico II) un pacchetto di indagini chimiche, fisiche, microbiologiche e sulla radioattività, con monitoraggi dedicati ai bacini. Un atto che rimette in moto la macchina tecnico-scientifica dopo stagioni di silenzio e promesse inceppate.
Il punto è che questo film l’abbiamo già visto. L’amministrazione Cimmino aveva ipotizzato un nuovo ciclo di verifiche e riordino, ma prima ancora – nel 2009 – l’amministrazione Vozza, con il prof. Talarico, portò a termine uno studio approfondito: una fotografia dettagliata dello stato delle sorgenti e delle prospettive di utilizzo. All’epoca il dossier era in fase avanzata su tutti i fronti: captazioni, tracciabilità, modelli gestionali. Da allora, però, il filo si è allentato fino quasi a spezzarsi. Oggi si riparte dai test, come se la città dovesse di nuovo imparare l’alfabeto di un patrimonio che conosce da secoli.
Il nuovo incarico rientra in una strategia dichiarata: conoscere per tutelare, gestire, valorizzare. In controluce scorrono i capitoli rimasti sospesi: le Antiche Terme da rifunzionalizzare, il parco idropinico da riaprire, l’imbottigliamento dei lotti “Acqua della Madonna” e “Fonti Acidule Plinio (Acetosella)” da riportare su binari certi. Senza dati aggiornati e validati da un soggetto terzo ogni scelta - concessioni, investimenti, servizi
- resta appesa.
Eppure la sensazione diffusa è quella di un restart continuo. Nel 2009 esisteva una base tecnica corposa, tale da consentire scelte operative; dieciquindici anni dopo, Castellammare torna al livello diagnostico, come se la parentesi lunga di oblio avesse resetatto procedure e memoria amministrativa. La città paga il prezzo di una discontinuità che, a ogni cambio di stagione politica, rimette il contatore a zero.
In questa cornice, il mandato a CeSMA è tanto un passo avanti quanto un promemoria: senza continuità e governance la scienza resta carta. I cittadini vedono una promessa antica – l’acqua che cura, che accoglie, che lavora – trasformarsi in una sequenza di studi, conferenze di servizi, carteggi; utili, necessari, ma incapaci da soli di riaprire rubinetti economici e sociali. L’infrastruttura ambientale c’è, sotto i nostri piedi; la sua tracciabilità e qualità vanno certificate con metodo, ma soprattutto messe a regime in un percorso che non si interrompa.
Per ora, la notizia è questa: le sorgenti tornano protagoniste di un’indagine completa, con campionamenti e monitoraggi periodici. È il mattone di base, indispensabile. Resta la domanda che a Castellammare accompagna ogni annuncio sulle acque: sarà l’inizio di un percorso definito, capace di capitalizzare il lavoro fatto nel passato o l’ennesimo giro di giostra che ci riporta al punto di partenza? La risposta, come sempre, non sta nei pozzi, ma nella tenuta del progetto.