Mattinata da film dell’orrore, tra la folla che scappa terrorizzata e le automobili impazzite che lì per il traffico procedono sempre a passo d’uomo. Ore 11.35, i killer, uno forse due a bordo di una grossa moto, li sorprendono mentre chiacchierano accanto alle loro auto (una Bmw nera e una Micra azzurro-lavagna) parcheggiate all’incrocio con la strada che conduce ad Agerola, proprio all’ingresso di Gragnano, in via Castellammare, a pochi metri dal bar «’Na tazzulella ’e cafè» dove hanno pochi minuti prima consumato un «espresso» davanti al bancone con la musica sparata ad altissimo volume. Carmine D’Antuono, 58 anni, detto «’o chianchiere», giacca marrone e jeans, sposato con due figlie, titolare di un centro di vendita all’ingrosso di bevande in via Varano, affiliato al clan Imparato di Castellammare e ritenuto da tempo un riconosciuto boss locale, viene ucciso da sette proiettili calibro 9 per 21. Uno dei colpi, quello finale, lo centra alla nuca. Il suo corpo giace ora a un metro e mezzo dalla sua Bmw, riverso sul selciato, esanime. Federico Donnarumma, giubbotto rosa e camicia verde, 42 anni, di Pimonte, sposato e papà di due ragazze (Nunzia di 18 anni e Stefania, 15 anni, eletta da un anno miss Pimonte), un precedente per falsa dichiarazione, viene colpito da cinque proiettili. Anche a lui, snello, alto, capelli biondi tagliati cortissimi, i killer infliggono il colpo di grazia alla nuca. Ora giace bocconi tra le due auto parcheggiate, la
Bmw e la Micra, quasi aggrappato ai cofani delle vetture nel tragico tentativo di trovare una via di fuga di fronte alla raffica di proiettili e alla morte che ha visto in faccia. Federico era dalla scorsa estate un disoccupato in cerca di lavoro dopo aver fatto fino a qualche anno fa da autista a un consigliere provinciale di An, Giuliano D’Auria, e dopo aver svolto mille lavoretti da muratore, da ambulante e da gestore di un bar all’interno del locale campo sportivo. Fino a maggio scorso aveva lavorato a Bologna come autotrasportatore per una ditta locale. Ora cercava lavoro, pare in un pastificio. Un appuntamento. La polizia guidata dal secondo dirigente del commissariato di Castellammare Stefania Grasso, e i carabinieri, guidati dal maggiore Giuseppe Mazzullo, ritengono che le due vittime si trovassero in quel bar e poi accanto alle loro auto perché si erano date appuntamento. Non è da escludere che altri pregiudicati presenti in via Castellammare a quell’ora possano aver spiato i loro movimenti e segnalato tramite telefonino ai killer il momento in cui i due si sono avviati in strada verso le loro auto parcheggiate. Sul posto, oltre alle forze dell’ordine, anche i magistrati della procura di Torre Annunziata e il dottor Filippelli della direzione distrettuale antimafia. Fino al primo pomeriggio non è stato possibile rimuovere i corpi. Per le centinaia di bambini in uscita dalle scuole lo spettacolo orrido di quei cadaveri in strada. Intrisi di sangue.