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Decreto Dignità, tutto ha un costo: serve copertura

Il provvedimento voluto da Di Maio non è gratis.

Nulla è ancora stabilito, ma il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha messo la firma sul Decreto Dignità fortemente voluto dal Governo 5 Stelle e dalla Lega, sotto tacito consenso, su iniziativa del nuovo Ministro del Lavoro Luigi di Maio. Un decreto che, fra i suoi atti, prevede l’abolizione della pubblicità inerente al settore del gioco d’azzardo, il quale recita così.

“Qualsiasi forma di pubblicità, anche indiretta, relativa a giochi e scommesse con vincite di denaro, comunque effettuata e su qualunque mezzo. […] Dal 1° gennaio 2019 il divieto di cui al presente comma si applica anche alle sponsorizzazioni di eventi, attività, manifestazioni programmi, prodotti o servizi e a tutte le altre forme di comunicazione di contenuto promozionale”.

Occorre ricordare che tale provvedimento, dopo aver passato lo scoglio del Quirinale, necessita di 60 giorni di tempo per giungere in Parlamento ed essere approvato, ma non è di certo a costo zero. Necessita infatti di alcune coperture economiche fondamentali per sopperire a quegli introiti che ovviamente verranno a mancare dalla sparizione degli introiti ingenti delle scommesse.

Di Maio ha anche valutato l’opzione voucher: “Se qualcuno vuole introdurre i voucher per sfruttare, alzeremo un muro di cemento armato. Per evitare abusi dobbiamo scrivere bene la norma. La scriveremo con le categorie, in modo che possano essere funzionali”.

La Figc ha reso noti gli introiti pari a circa 7 miliardi nell’ultimo anno relativi al settore in questione, non chiarendo quanto esattamente ciò provenga dal rapporto delle società di calcio con le agenzie di betting. Far emergere questo dato rappresenterebbe senza dubbio un incentivo per impedire la formalizzazione del decreto.

Il già complicato momento economico del calcio italiano di certo non trarrebbe vantaggio anzi, affosserebbe ulteriormente a cospetto delle altre big europee, dalla mancanza di introiti provenienti dalle pubblicità del gaming.

Niklas Lindahl, Managing Director per l’Italia dell’operatore di scommesse sportive LeoVegas, è convinto che tutto si sistemerà: “Per forza, l’atto del governo vìola le normative europee. Prima di entrare in vigore deve essere attivata la procedura di Stand Still come accade per ogni misura che può alterare la libera circolazione di beni e servizi all’interno della Ue. E in questo caso mi sembra evidente: senza fare pubblicità è impossibile entrare in un mercato regolamentato”.

Nettamente differente la posizione di Luigi Di Maio: “Potenzieremo la norma transitoria. I contratti stipulati tra l’approvazione del decreto in CDM e la sua pubblicazione non saranno validi. Ma entro il 2019 cadranno tutti. Ai contratti di pubblicità in corso di esecuzione alla data di entrata in vigore del presente decreto resta applicabile la normativa vigente anteriormente alla medesima data”, ha concluso Di Maio.

Tutto ciò mentre il modello inglese si mostra una volta di più vincente, partendo da due decenni fa quando Tony Blair comprese l’importanza del gaming, ribadita oggi dal Ministro May che non ne ha ostacolato l’ascesa anzi, ha confermato l’afflusso di una parte di tali introiti verso l’intero movimento sportivo britannico che, a conti fatti, ha conosciuto importanti miglioramenti nell’ultimo lustro soprattutto con l’exploit in occasione delle due ultime grandi manifestazioni sportive: i Giochi olimpici di Rio nel 2016 e gli ultimi Campionati del Mondo in Russia.


mercoledì 18 luglio 2018 - 13:57 | © RIPRODUZIONE RISERVATA | data stampa: 26/04/2024