L’irresponsabilità è la causa di tutti i mali. Quanto accaduto nell’ultimo week-end è profondamente increscioso, ed è francamente assurdo vedere come la tutela della salute degli atleti venga messa a rischio dalla confusione che regna ai piani alti dello sport.
All’esordio assoluto in A1, la Volalto 2.0 Caserta del patron Nicola Turco sta portando a termine con dignità un campionato dove tante difficoltà avrebbero messo in ginocchio chiunque. Per il primo match ufficiale dopo lo stop imposto dall’emergenza coronavirus, il club rosanero si trova costretto ad affrontare due match esterni nel giro di appena 72 ore: prima a Novara (venerdì 6 marzo per il recupero del 20° turno) e poi a Bergamo (23° turno). Nulla da eccepire in condizioni normali, ma è evidente che l’animo di giocatrici e staff non possa essere pienamente rassicurato dalla semplice chiusura al pubblico dei palazzetti, in zone dello stivale piuttosto martoriate dal virus. La città piemontese risulta in zona arancione, così come quella orobica, anche se l’impennata di contagi rende l’intera Regione Lombardia pronta a passare in fascia rossa nel giro di ore.
È evidente che gli interessi della competizione debbano passare in secondo piano davanti all’integrità fisica della atlete, soprattutto se si guarda più in là del proprio naso, analizzando come la realtà casertana (unica del centro-sud in A1) rappresenti un’eccellenza della Campania toccata con numeri relativamente minori dal virus rispetto al gotha del volley con epicentro settentrionale.
Il presidente Turco espone le proprie ragioni e chiede il rinvio, attraverso un documento redatto e sottoscritto da capitan Ludovica Dalia, seguita a ruota da tutte le compagne. Davanti al secco rifiuto dei vertici federali, la Volalto decide di non partire. Una presa di posizione netta, per dare un segnale all’intero movimento. Il risultato? 0-3 a tavolino, 3 punti di penalizzazione ed un multa pesantissima, ma soprattutto la spada di Damocle di pesantissime sanzioni in casi di seconda rinuncia, seppur dettata da legittimi motivi di sicurezza pubblica.
La situazione contagi non migliora, e proprio nella serata di venerdì 6 marzo c’è la prima presa di posizione che inizia a minare lo svolgimento della gare previste per il week-end. Il presidente della Hermaea Olbia decide di non partire per la trasferta di Busto Arsizio, valida per la 5° giornata di andata della Pool Promozione di A2. Pochi i casi accertati nella cittadina della provincia di Sassari, e troppi i rischi nel far viaggiare circa 50 unità in piena zona rossa per una partita di volley. Senza considerare il viaggio in aereo verso Milano, alloggio in hotel, e trasferimenti in hotel da e verso il palazzetto. Nicola Turco alza ancora la voce per ottenere il rinvio della partita di Bergamo, poiché le porte chiuse non sono in grado di garantire l’immunità di tutto quanto graviti intorno a un club di A1, che non può essere ridotto soltanto al match ufficiale da giocare in assenza di pubblico. Manca l’unità d’intenti, alcuni club si espongono a favore della prosecuzione delle ostilità, e la capolista Conegliano liquida Brescia con un secco 3-0 nell’anticipo del sabato in una Palaverde silenziosamente surreale. La Volalto punta i piedi, ma all’ennesimo niet della Federazione, è costretta in extremis a preparare armi e bagagli e mettersi in viaggio nelle prime ore di domenica mattina per Bergamo, pena l’esclusione dal campionato, multe pesanti e lunghe squalifiche per le atlete.
Mentre il roster di coach Malcangi è a pranzo rispettando le misure di sicurezza, la situazione in breve tempo precipita. Il calcio si ribella: Damiano Tommasi (presidente AIC) chiede lo stop del pallone, perché per gli atleti diventa oggettivamente pericoloso viaggiare all’interno delle zone rosse, e rispettare protocolli al limite del grottesco. Ha davvero senso vietare la classica stretta di mano tra i calciatori a inizio partita e l’ingresso mano nella mano con i bambini, e poi allo stesso tempo osservare baci, abbracci e legittime esternazioni di giubilo dopo un gol decisivo? Parma e Spal già pronte pe
r entrare sul rettangolo verde, rientrano frettolosamente negli spogliatoi in trepidante attesa. Rinvio? Sospensione? Dopo più di un’ora il pallone riprende a rotolare, così come per tutti i recuperi della 26° giornata: incluso il big-match Juventus-Inter ed il monday night Sassuolo-Brescia. Ma con forte odore di serrata ad horas. Tornando al volley femminile, le ulteriori restrizioni impongono il rinvio di Monza-Chieri e Casalmaggiore-Busto Arsizio in piena zona rossa. Con colpevole ritardo, a poche ore dalle canoniche 17, il comunicato del presidente Mauro Fabris che rinvia a data da destinarsi tutte le gare di A1 e A2. “Agiamo con senso di responsabilità nei confronti delle atlete e degli staff delle nostre squadre. Dispiace solamente che autorità politiche e sportive che hanno più responsabilità di noi abbiano generato una situazione non chiara che ha causato solo caos e paure. Scrivere, come fa il Governo, che si possono disputare gli eventi sportivi a porte chiuse ma contemporaneamente limitare la mobilità dentro e fuori le cosiddette ‘zone rosse’, è qualcosa di assolutamente incomprensibile. Se poi il Ministro dello Sport va in tv a dire che chi si ostina a giocare “non rappresenta più i valori morali”, tutto ciò risulta veramente troppo“.
A questo punto la trasferta di Caserta a Bergamo è vana, ma oltre il danno c’è anche la beffa: in tarda serata l’intera Lombardia è dichiarata zona rossa, con l’obbligo di quarantena volontaria per chiunque sia transitato per le zone a tasso più alto di contagio.
Lo sfogo social di capitan Ludovica Dalia, esprime tutta la legittima delusione per una situazione che poteva e doveva essere evitata. “Nessuno avrebbe mai pensato che saremmo davvero arrivati a questo punto. Ci aspettavamo soltanto di essere tutelate al cospetto di un’emergenza oggettivamente enorme, così come sta accadendo nei confronti degli atleti di altri sport. Nulla di più. Avevamo già chiesto il rinvio della gara di Novara già saltata in precedenza perché non c’erano le condizioni per scendere in campo, ma non siamo state ascoltate. Anzi, saltando Bergamo avremmo rischiato l’esclusione dal campionato e lunghe squalifiche. Davvero troppo, in particolare per le 3 minorenni in forza alla Volalto che vogliono soltanto giocare a pallavolo”.
Non le manda a dire neanche il presidente Nicola Turco, deciso ad intraprendere qualsiasi tipo di battaglia per difendere le proprie atlete. Così ha infatti tuonato ai microfoni di Rai1: “Ho tentato di tutto per evitare ciò che poi è accaduto. Atlete e staff avevano chiesto, con un documento ufficiale, di rinviare le partite. Avevamo trovato anche un accordo con Novara per anticipare il fischio d’inizio, ma davanti al peggioramento della situazione legata al coronavirus, abbiamo chiesto alla Lega il rinvio di due gare in zone a rischio. Il risultato? Sconfitta a tavolino, penalizzazione di 3 punti e 8.000 euro di multa. In più, se la squadra non fosse partita per Bergamo, sarebbe stata automaticamente esclusa dal campionato a seguito della seconda rinuncia con conseguente escussione della fidejussione. Oltre a dover pagare ulteriori 8.000 euro di sanzione. Siamo dovuti partire per forza, obbligati e ricattati. Poi, a due ore dall’inizio del match, il clamoroso dietrofront: partita rinviata. Ma non finisce qui, perché in applicazione di quanto previsto dal DPCM del Governo siamo finiti tutti in quarantena. Condivido le iniziative prese da Governo, Regione e Comune di Caserta, ma contesto fermamente il comportamento di LegaVolley e Fipav e continuerò a contestarlo in tutte le sedi sia sportive che ordinarie”
A posteriori, le preoccupazioni di Ludovica Dalia erano fondate? Evidentemente sì. I vertici dello sport italiano fermano successivamente tutte le attività fino al 3 aprile, e contestualmente la CEV comunica che, in attesa di sviluppi sull’emergenza coronavirus, sono sospesi tutti i match europei che vedono coinvolti roster italiani. Intanto l’OMS ha appena dichiarato la pandemia…Era davvero necessario tutto questo?