Il gip Luigi Giordano ha convalidato i fermi ed emesso ordinanze di custodia cautelare nei confronti dei tre rumeni accusati di aver ucciso i coniugi Franco Ambrosio e Giovanna Sacco. Il giudice ha accolto le richieste del pm Antonio D'Alesso. La decisione è stata adottata al termine dell'udienza di convalida che si è svolta nel carcere di Poggioreale.
Nell'ordinanza, il gip Giordano rimarca «l'eccezionale gravità del fatto» sottolineando che gli indagati - Marius Vasile Acsiniei, 22 anni, muratore che fino a qualche mese fa aveva lavorato da giardiniere nella villa degli Ambrosio, Valentin Dumitriu , 22, stalliere, e Calin Petrica, 24 anni, operaio in un autolavaggio, tutti incensurati - colpendo più volte con una mazza di ferro le due vittime «hanno adoperato una violenza enorme, eccessiva e soprattutto spropositata rispetto all'azione criminosa in corso». Il giudice inoltre sottolinea «come nessuno degli indagati abbia mostrato segni di pentimento o anche una chiara consapevolezza della gravità di quanto avvenuto».
Domani i funerali della coppia a San Giuseppe Vesuviano.
Ricostruiti gli ultimi minuti di vita di Franco e Giovanna Ambrosio, uccisi mercoledì nella loro villa da tre romeni, tra cui il loro ex giardiniere. Hanno confessato Marius Vasile Acsiniei, Valentin Dumitriu e Calin Petrica, che passeranno alla storia come i carnefici della Gaiola, incastrati dalle tante tracce lasciate sul luogo del delitto.
Hanno confessato ma hanno anche dato inizio al balletto di accuse l'un l'altro 'ex giardiniere di villa Ambrosio, lo stalliere che lavorava nelle campagne di Giugliano e l'operaio impiegato in un autolavaggio di Licola. I tre compariranno stamattina nel carcere di Poggioreale davanti al gip Luigi Giordano per l'udienza di convalida dei fermi emessi dalla Procura di Napoli. Accuse pesantissime, quelle contestate dal pm Antonio D'Alessio: duplice omicidio aggravato e rapina. E, sempre oggi, il medico legale eseguirà l'autopsia sui corpi straziati de
lle due povere vittime.
Dalla confessione dei tre emergono nuovi particolari raccapriccianti. Innanzitutto il colpo era stato pianificato da giorni, come hanno raccontato al pm D'Alessio. «Giorni prima - è scritto nei verbali - eravamo andati alla villa per studiare il colpo. Lo avevamo fatto anche la domenica di Pasqua e il lunedì di Albis».
L'arma usata. L'arma usata non fu una chiave a stella, come detto in un primo tempo. A sfondare il cranio ai poveri coniugi Ambrosio una «leva alza tallone», strumento utilizzato nelle officine meccaniche per sganciare il copertone dal cerchione della ruota di una macchina.
Non erano ubriachi. «Non faccio uso di sostanze stupefacenti», ha detto Acsiniei al pm. «No, non eravamo drogati», hanno ripetuto anche Valentin e Calin. E neanche ubriachi, perché la bottiglia di champagne aperta nella dependance in uso ad un avvocato (assente quella notte) era quasi piena, mentre quella di vino rosso (da 750 centilitri) l'avevano bevuta in tre. Il quantitativo di alcol, insomma, non era tale da far perdere loro l'equilibrio e la coscienza rispetto all'atrocità del crimine commesso.
L'agonia. A divergere è la ricostruzione del duplice omicidio. Valentin e Calin raccontano che «a essere colpita per prima fu la signora Giovanna. Poiché urlava - dicono i due romeni - Marius Acsiniei le mise una mano sulla bocca. Poi cominciò a darle schiaffi e pugni». Fino al colpo finale, sferrato con inaudita violenza sulla testa. «Poi arrivò il marito - continuano i due - e fu colpito anche lui».
I poveri coniugi Ambrosio a questo punto erano a terra in un lago di sangue. «A terra era come se russassero», racconta al pm l'ex giardiniere, riferendosi ai rantoli di una terribile agonia.
Mentre i due complici precisano che «prima di uscire di casa, Marius colpì a calci la donna, perchè muoveva ancora le ginocchia...».