Cronaca

L’Immacolata Stabiese: Una notte magica illuminata dai fuocaracchi

Testo tratto dal libro: Egido Valcaccia, L'Immacolata Concezione. ‘O nomme bello r' ‘a Maronna. Culto e tradizione a Castellammare di Stabia.


In occasione della festività dell'Immacolata riproponiamo un articolo del 2009. Buona lettura:

Accendere il fuoco la sera che precede una grande festività è una tradizione che si perde nella notte dei tempi, un'usanza diffusa in tutto il mondo, che di località in località cambia di momenti e motivazioni.
Il fuoco è stato l'unico mezzo che l'uomo aveva per allontanare gli animali ed evitare la paura e il male; ritroviamo spesso la figura del demonio nel fuoco degli inferi. Ma il fuoco è anche il simbolo di calore che riscalda le notti fredde, ed è il simbolo della luce, un punto di riferimento che aiuta a ritrovare la strada nel buio.
I falò nell'antichità erano considerati, oltre che come usanze propiziatorie, anche come riti purificatori: i contadini accendevano grandi fuochi per ottenere la benevolenza degli dei e per ingraziarsi un buon raccolto. Spesso venivano incendiate fascine, che venivano fatte precipitare lungo i pendii, accompagnate da grida e canti. I falò avevano, inoltre, funzione purificatrice contro spiriti maligni e malattie; per questo vi si gettavano dentro cose vecchie o marce e, a seguito di epidemie, tutti gli oggetti ritenuti infettivi: in particolare, si faceva passare il bestiame tra il fumo per purificarlo.
Per dare una spiegazione al carattere religioso di questa tradizione, si possono formulare numerose ipotesi, che spesso si accavallano senza escludersi.
La tradizione si potrebbe associare all' usanza legata alle pire su cui si bruciavano le vittime, anche umane, per attirasi la benevolenza degli dei o per placarne l'ira. Nel Medioevo il falò era vissuto come momento di purificazione quando si innalzavano roghi per bruciare coloro che erano sospettati di eresia e le presunte streghe. Si può pensare anche ad un rapporto dei fuochi con il mutare delle stagioni, poiché spesso i giorni in cui si accendono i falò sono vicini agli equinozi e ai solstizi.
Prima della nascita del Cristianesimo il falò era una vera e propria festa, elemento sacro, simbolo di vita: quel fuoco che aveva permesso all'uomo di iniziare il cammino verso la civiltà, che i Romani tenevano sempre acceso nel tempio di Vesta, oggi rivive nelle nostre chiese, venendo benedetto e invocato al canto "Cristo luce del mondo", nella santa notte di Pasqua. Si potrebbero trovare ancora tantissime motivazioni a questa tradizione.
 Oggi la pietà cristiana pone questa usanza come simbolo di purificazione, implicando la devozione dei fedeli, i quali purificano simbolicamente la loro anima e i luoghi destinati ad accogliere la festa: nel caso di Castellammare, vegliando davanti ai fuocaracchi, si attende la festività del Concepimento della Madonna.
Oggi le feste popolari dei cristiani sono aperte dallo sparo dei fuochi d'artificio, che hanno il compito di richiamare gli abitanti dei paesi vicini. I falò potevano svolgere questa stessa funzione. Le strade sono oggi illuminate dalle luminarie, ma quando non c'era l'elettricità i falò potevano sopperire a questa necessità.
In realtà, i fuocaracchi del 7 dicembre a Castellammare hanno un origine relativamente recente. Per mezzo di una approfondita ricerca possiamo affermare che essi non risalgono al XVIII secolo (come tramandato nei racconti popolari) ma agli anni appena successivi alla Seconda Guerra Mondiale (1939-1945).
Per comprendere l'origine dei fuocaracchi si deve raccontare della magia che la notte dell'Immacolata si vive ancora oggi a Castellammare.
Gia diversi mesi prima della festa, mobili vecchi, tronchi d'albero, legna di vario genere vengono raccolti

dai ragazzi dei vari rioni e sono nascosti e sorvegliati anche la notte per evitare che i giovani di altri quartieri possano venire a depredare quanto è stato messo da parte: frequenti sono i momenti di contrasti causati da furti reciproci.


Il momento dell'accensione del fuoco, nella notte che precede la festa, è il più atteso e viene salutato dallo sparo di fuochi d'artificio. Durante la notte sono preparate grandi grigliate di carne da gustare (assieme ad un bicchiere di vino) riscaldandosi davanti al fuoco. Si crea una sorta di pellegrinaggio con persone che fanno il giro dei falò per giudicare quale sia il più grande, il più bello e il più ospitale. Negli ultimi anni è nata la tradizione di affiancare ai falò degli arrangiati palchi, per permettere ad artisti locali (qualche volta di fama regionale) di esibirsi nei pressi del fuocaracchio ed allietare la nottata del rione.
 È questo un momento atteso anche dai meno giovani, che dopo il consueto giro per le strade si ritrovano a casa, insieme ad amici, per il tradizionale cenone seguito da giochi natalizi fino all'alba. Durante questa notte è consuetudine preparare in casa le tradizionali graffette e le zeppole. Anticamente, ogni capofamiglia portava a casa un tizzone ardente o della brace del fuocaracchio come segno di fortuna. Durante questa notte le strade sono piene di gente a passeggio, comitive di amici e nuclei familiari, che oltre a visitare le piazze in festa fanno omaggio alle edicole allestite in onore della Madonna e ad alcune chiese rimaste aperte. Esiste ancora, in alcuni palazzi del Centro Antico, l'usanza di considerare questa notte come anticipo della notte di Natale, non da viversi con la famiglia, ma con i propri vicini, e si organizzano dei cenoni negli atri dei fabbricati. In questa notte si completa l'accensione delle luminarie natalizie della città, che lentamente è iniziata ad addobbarsi dalla sera del 25 novembre; in questa notte si allestiscono anche gli alberi di Natale e i primi presepi nelle famiglie.
L'origine dei fuocaracchi va associata alla magia che ha reso a questa notte l'attesa dell'alba in cui Fratiélle e surèlle condurrà gli stabiesi a partecipare ad una santa messa particolarmente suggestiva, in cui religione, folklore e tradizione si mescolano per festeggiare la Madonna.
Ormai nel dopoguerra ogni rione aveva il suo penitente (Fratiélle e surèlle) e quindi tutta Castellammare viveva l'attesa di quella che è ancora oggi la festa stabiese più bella e sentita. Abbiamo già accennato ai cenoni organizzati tra vicini di casa negli atri del palazzi del Centro Antico, ma, in passato vi era già la tradizione di vivere la notte (o parte di essa) con gli amici nelle osterie, che si trovavano in angusti  bassi dei vecchi fabbricati del Centro. La festa era già al tempo molto sentita e sia dagli atri che dalle osterie, per ospitare tanta gente, si era costretti o spostare tavoli e servizio in strada. Proprio per la necessità di illuminarsi e riscaldarsi durante quella fredda notte d'inverno nacquero i cosiddetti fuocaracchi in onore dell'Immacolata.
Questa magica notte, ieri come oggi, si chiude dopo il Rosario e la Messa del mattino davanti alla Vergine; dopo aver ascoltato l'Ave Maria, cantato il Tota pulchra  e ascoltato la Novena eseguita dagli zampognari che si fonde al suono delle campane e dei fuochi d'artificio: momenti di gioia in cui la Madonna riceve particolari preghiere, spesso espresse dai suoi amati stabiesi sotto forma di una lacrima. Mai come in questa festa la tradizione rivela la nobiltà di un popolo!


lunedì 5 dicembre 2016 - 17:41 | © RIPRODUZIONE RISERVATA

 



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