Cronaca

Castellammare - Preso il killer Catello Romano. Faceva la spesa in un ipermercato

Catello Romano, 19 anni, auto-accusatosi dell'omicidio del consigliere comunale del Pd di Castellammare di Stabia Gino Tommasino, è finito per la seconda volta in manette.

di Dario Sautto


Visibilmente claudicante, capelli rasati, berretto in testa: dopo due settimane da fuggitivo, si è fatto sorprendere in un centro commerciale di Teverola, in provincia di Caserta. Catello Romano, 19 anni, auto-accusatosi dell'omicidio del consigliere comunale del Pd di Castellammare di Stabia Gino Tommasino, è finito per la seconda volta in manette. Il 10 ottobre scorso era stato arrestato nel blitz della squadra mobile di Napoli, su ordine della Dda e in collaborazione con il commissariato di polizia di Castellammare, ma aveva immediatamente accettato di collaborare con gli inquirenti per la risoluzione del caso. Forse su pressioni della famiglia - lui è il più piccolo di tre figli, ha due sorelle più grandi - ha improvvisamente cambiato idea e, in attesa di essere affidato al programma di protezione, quando si trovava ancora in un hotel di Brindisi, ha deciso la fuga, calandosi dalla camera dell'albergo pugliese legando due lenzuola. Secondo gli inquirenti, proprio per le pressioni della famiglia, Romano aveva deciso di cambiare idea e di preferire la fuga alla collaborazione. Indagini delicate, fatte anche di monitoraggio stretto degli ambienti vicini al giovane: famiglia e amici controllati in attesa che qualcosa venisse fuori. Poi, la scoperta: la sua fuga l'aveva portato in giro per l'Italia. La sua ultima "residenza" era stata a Torino. Poi, la presenza di alcuni agenti che avevano raggiunto il capoluogo piemontese, l'aveva spinto a tornare a Castellammare, sotto la protezione della famiglia che probabilmente avrebbe tentato di coprirlo ancora. Alcuni passi falsi che non potevano sfuggire agli agenti del commissariato di polizia stabiese che, guidati dal primo dirigente Luigi Petrillo e dal vicequestore Stefania Grasso, in collaborazione con la squadra mobile di Napoli, diretta dal vicequestore Vittorio Pisani e dal pool della Procura (i pm Pierpaolo Filippelli e Claudio Siragusa coordinati dal procuratore aggiunto Rosario Cantelmo), sono riusciti a rintracciare ed arrestare il 19enne ieri pomeriggio alle 15, in un centro commerciale di Teverola. Il suo errore? Telefonare da una cabina telefonica per comunicare ai parenti dove si trovasse. Però, ad accoglierlo a braccia aperte, Catello Romano ha trovato i poliziotti che l'hanno arrestato. Subito trasportato al commissariato stabiese per l'identificazione, è stato trasferito in questura a Napoli e poi condotto nel carcere di Poggioreale, dove ora si trova sottoposto a fermo di indiziato ed in attesa di parlare con i magistrati che potrebbero addirittura chiedergli nuovamente la sua disponibilità a collaborare con le indagini. Il "patto" rotto con la sua fuga, dunque, potrebbe tornare nuovamente utile per il prosieguo delle indagini. Intanto, gli inquirenti stanno anc

he cercando di capire quale sia stato il percorso di Romano all'interno del clan D'Alessandro. Giovanissimo, già diplomato, improvvisamente ha scelto di entrare a far parte della cosca stabiese, probabilmente già prima di iscriversi al Partito Democratico. Coinvolto dagli affari del clan, poi, ha fatto parte proprio del commando di sicari che ha ucciso il consigliere comunale.
Insieme al 19enne Catello Romano, lo scorso 10 ottobre erano stati arrestati altri affiliati al clan retto da Vincenzo D'Alessandro, detenuto in una casa lavoro calabrese. La Squadra Mobile di Napoli, infatti, aveva provveduto a fermare il braccio destro di D'Alessandro junior, il cugino Salvatore Belviso, 26 anni, considerato uno degli uomini più importanti della cosca che nel rione Scanzano di Castellammare di Stabia continua ad avere il suo fortino. Renato Cavaliere, 37 anni, già detenuto, è uno degli uomini di esperienza ai quali Vincenzo D'Alessandro si era affidato per la gestione del rinnovamento del clan, iniziata appena un anno fa con l'inizio della latitanza del nipote di Michele D'Alessandro. Infine era stato arrestato Raffaele Polito, 27 anni, esecutore materiale del delitto del consigliere comunale Gino Tommasino, l'unico che finora ha realmente deciso di collaborare con la giustizia, anche se le sue dichiarazioni spontanee sono tuttora al vaglio degli inquirenti che vogliono capire quanto di vero ci sia nelle sue ammissioni di colpa. Per Catello Romano e Raffaele Polito, i due che avevano deciso di collaborare, la Procura aveva deciso di non firmare il decreto di fermo ma di sottoporli a sorveglianza. Intanto, proprio la procura partenopea sta continuando le sue indagini per stabilire con esattezza le dinamiche che hanno portato all'assassinio del consigliere comunale stabiese. La pista seguita è sempre quella dei 30 mila euro, tangente che il consigliere comunale del Pd avrebbe trattenuto e non versato nelle casse del clan D'Alessandro. Ipotesi, questa, non ancora scartata, ma semplicemente messa per un po' da parte. Per gli 007 della Questura, Tommasino aveva legami con il clan. Secondo alcune indiscrezioni sembra che Tommasino fosse amico di infanzia di Pasquale D'Alessandro, fratello di Vincenzo; dopo il delitto, nel parasole della sua macchina fu trovato il curriculum vitae di un parente dei D'Alessandro. Dalle indagini è emerso che il politico insieme con un amico aveva imposto l'assunzione di familiari dei D'Alessandro a ditte che avevano ottenuto appalti dal comune. Questa versione, però, è ritenuta nettamente inesatta dai familiari del consigliere stabiese che continuano a chiedere chiarezza sul caso: per loro non era una questione di denaro.
© Riproduzione Riservata


mercoledì 28 ottobre 2009 - 0.00 | © RIPRODUZIONE RISERVATA

 



Gli ultimi articoli di Cronaca