Lettera di Matteo Cosenza, giornalista, stabiese, già candidato a sindaco a Castellammare di Stabia, scrivi al sindaco e amico Gigi Vicinanza. Ecco la sua missiva:
CARO GIGI,
ovviamente seguo con interesse il tuo lavoro da sindaco fin da quando sei sceso in campo e poi dopo, ma con particolare attenzione in questa ultima delicata fase. Non sono sorpreso dalla piega che hanno preso le cose perché era un rischio calcolato e prevedibile della tua campagna elettorale. So che a persona a me cara, che ti rimproverava l’eccessivo numero di liste che stavi imbarcando, tu rispondesti: «Ma devo fare come Matteo che non fu neanche eletto consigliere comunale?». Dicevi una cosa vera anche perché effettivamente io segui una strada che non poteva che portare a quell’esito. Non mi dispiacque anche perché, dopo una vita trascorsa altrove ma con il pensiero e il cuore sempre sulla rotta della nostra città, mi interessava dare una testimonianza mettendomi a disposizione di Castellammare insieme a un gruppo di folli che mi sostenevano nella maniera più disinteressata. Alle prime visite strane nella sede del mio comitato a piazza Ferrovia si diffuse, così credo, la voce che da quell’orecchio non sentivo e così nessuno venne più a perorare cause e interessi che non fossero trasparenti. In effetti mi fu presto chiaro l’esito di quell’avventura e mi fu anticipato anche in un incontro dalle parti di via Plinio il Vecchio con un amico della mia gioventù, che in anni lontanissimi avevo aiutato non poco ad entrare nella vita politica e anche nell’istituzione locale. Dopo avermi esposto alcune questioni delicate (edilizia e dintorni…) e proposto qualche appuntamento a suo dire importante, alla mia tranquilla e ferma risposta mi disse: «Ho capito, tu non sarai eletto neanche consigliere comunale». E aveva ragione.
Sia chiaro, Gigi, non devo neanche dirti che non penso neanche lontanamente che tu abbia accettato qualche proposta indecente. Ti conosco si può dire da quando avevi i calzoni corti e so che sei una persona perbene. E se avessi avuto qualche dubbio non ti avrei mai chiesto di scrivere la prefazione del libro su mio padre. Dunque, liberato il campo da qualsiasi equivoco, ti dico che in quella risposta a mia sorella c’era il problema che ti trovi a risolvere oggi. Troppe liste, troppi candidati, troppi interessi. E a seguire un’inevitabile difficoltà non dico ad accontentare tutti ma anche a gestire richieste, pressioni, manovre, trappole.
Vedi, hai imbarcato anche Sandro Ruotolo. Mi sorprese benché mi fosse chiara l’intenzione di mettere vistosamente dei paletti contro le pressioni e le trappole più insidiose e non so se anche per accontentare chi lo proponeva, lo sosteneva e lo sostiene anche anticipandone le mosse. D’altro canto il suddetto nostro collega è gettonatissimo dai vertici del Pd a livello nazionale e continentale. Aggiungo, però, che non mi aspettavo la sua lettera di sfiducia (anticipata, come dicevo) benché mi fossero note la tua amicizia con Vincenzo De Luca e la sua avversione all’ex governatore.
Nel merito la prima contestazione riguardò il tuo infortunio alla festa della Juve Stabia. Un infortunio, ripeto, la cui tua principale colpa è di non avere avuto, almeno in quella occasione, collaboratori che ti avvertissero sulle presenze su quel palco, e immagino che tu ne abbia fatto tesoro per scegliere bene chi ti sta attorno. Quanto ai due consiglieri finiti per rapporti di parentela nell’inchiesta della magistratura l’inciampo c’è al di là del principio che la responsabilità penale è individuale. Spero che la bella lettera del consigliere Di Maio, che si
è dimesso, sia poi confortata dalle risultanze processuali che al momento non lo riguardano. Sull’altro non so che dire. Aggiungo che, almeno stando a quello che si è potuto leggere, il Comune non è chiamato in causa dai magistrati mentre è drammaticamente inquietante quanto è emerso per Juve Stabia, ospedale e dintorni. Insomma occhi sempre spalancati, il cammino è insidioso, le decisioni raramente soddisfano tutti e il Pd, principale partito che ti sostiene, è un campo di battaglia. Ti chiedono di dimetterti, non sono io a doverti dire che cosa fare. Mi rattristerebbe per te, non so per la città perché quel consiglio comunale non lo ha eletto lo spirito santo e se a prevalere, e non da oggi, sono gruppi di interesse e non la Politica, un po’ bisognerebbe interrogarsi rifuggendo da comodi campanilismi e da autoglorificazioni senza fondamento.
Infine una raccomandazione nel caso tu non ceda e riesca a uscire da questo moto tellurico: proteggi la bellezza di Castellammare. Scrivo anche per fatto personale. Mi riferisco al lungomare di Castellammare, una meraviglia che emoziona ogni volta che se ne gode la vista. Pochi altri litorali possono eguagliarlo quanto a bellezza. Il confronto lo puoi fare con via Caracciolo, Baia e Bacoli, i Maronti. Ma qui a Castellammare c’è qualcosa di ineguagliabile: da un lato l’imponenza montana del Faito, dall’altra la dolcezza della pianura che scala lo “sterminator Vesevo”, da un lato il cantiere navale dall’altro lo scoglio di Rovigliano: in mezzo una passeggiata lungo l’interminabile spiaggia di sabbia su un fianco e una teoria di edifici sull’altro. Lì generazioni di stabiesi fanno le “vasche”, si incontrano, dialogano, trascinano carrozzini, tengono per mano i bambini, vivono la suggestione della loro città. E i turisti accorrano, tanti dai comuni vicini, per godere lo spettacolo. Cinquantasette anni fa non era così. Tra loro e il mare c’era una barriera, una frattura, una sequenza di lidi che impediva la visione di quella meraviglia del mare e del golfo e di goderne. Per di più la gente si bagnava in acque inquinate. Noi, un gruppo di giovani, tempestammo la città con una campagna che coniugava il tema della salute con quello della libertà di usufruire di un bene di tutti. E quando scoprimmo che le autorità sanitarie della città, il sindaco e l’ufficiale sanitario, nascondevano i dati che certificavano l’inquinamento del mare scuotemmo l’opinione pubblica con un manifesto affisso in ogni angolo dal titolo “Le acque del mare di Castellammare sono inquinate” e mettemmo in mora sindaco e ufficiale sanitario. Il giorno dopo furono chiusi gli stabilimenti balneari (la “barriera”) e cartelloni furono installati lungo tutto l’arenile con il divieto di balneazione. Ma la nostra azione, se si può ricordare uno slogan di tempi passati, “di lotta e di governo”, fu anche una battaglia propositiva: gli stabilimenti balneari furono trasferiti dove ora si trovano, a Pozzano, e due spiagge libere attrezzate furono realizzate prima e dopo la Calce e Cementi.
Ci sono voluti quasi sessant’anni per ripulire il mare e tu hai avuto la buona sorte di iniziare il tuo mandato di sindaco con un bagno liberatorio. Ora ti tocca il compito di proteggere quel bene collettivo sia sul piano del godimento materiale, la buona salute del mare e la costante pulizia dell’arenile, ma anche, questo è il punto, lo skyline di cui tutti, stabiesi e non, devono essere fruitori e orgogliosi. Come lo sono io quando ho il piacere di venire e quando con la memoria rivivo emozioni struggenti.
Caro Gigi, non so cosa augurarti e cosa consigliarti. Buon vento.