L’accoltellamento avvenuto a Castellammare di Stabia è solo l’ennesimo episodio di una violenza giovanile sempre più diffusa e feroce. Un’aggressione pianificata, un regolamento di conti nato per futili motivi, che conferma come una parte della nuova generazione abbia ormai normalizzato l’uso della violenza estrema come strumento di affermazione e vendetta.
Negli ultimi anni, il fenomeno della criminalità minorile e giovanile ha assunto contorni sempre più allarmanti. Risse che degenerano in spedizioni punitive, pestaggi organizzati e accoltellamenti sono diventati quasi ordinaria amministrazione, soprattutto nei fine settimana, quando le piazze della movida si trasformano in scenari di scontri tra bande e gruppi rivali. A preoccupare è ò’assenza totale di scrupoli.
I ragazzi coinvolti in questi episodi non si limitano più ai pugni o agli insulti: portano con sé coltelli, lame e talvolta pistole, come se fosse una prassi normale. L’uso di armi bianche in contesti di risse è cresciuto esponenzialmente, sintomo di una mentalità in cui la violenza non è più l’ultima
risorsa, ma la prima. Il caso di Castellammare ne è un esempio lampante: come emerge dalle ricostruzioni, i due aggressori non si sarebbero fermati a una lite davanti a un locale, hanno organizzato un vero e proprio agguato, attirando la vittima in una trappola con l’obiettivo di ferirlo gravemente, se non ucciderlo. Una logica spietata, che azzera ogni senso di colpa o conseguenza.
L’intervento delle forze dell'ordine e la loro presenza costante e forte sul territorio rappresenta un segnale importante. Intanto la questione è più profonda e riguarda un intero sistema che ha smesso di offrire alternative, lasciando troppo spazio a modelli sbagliati, dove la forza è l’unico linguaggio riconosciuto. Da tempo si cerca di strutturare un piano di rilancio sociale che coinvolga scuole, famiglie e istituzioni, con un’azione mirata per prevenire l’ingresso dei ragazzi in questa spirale autodistruttiva. Ma il tempo stringe: ogni episodio come quello di Castellammare è un campanello d’allarme che non si può ignorare. Se non si interviene ora, il rischio è di perdere intere generazioni in un vortice di violenza senza ritorno.